Torquato Tasso (Goldoni)/L'autore a chi legge
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L'AUTORE
A CHI LEGGE.1
Tornando alla vita del Tasso, nell’età di trentanov’anni terminò la Gerusalemme, e gli fu stampata furtivamente, senza ch’ei potesse darle l’ultima mano, di che nella Commedia fo ch’ei si lagni, trovandomi anch’io parecchie volte nel caso istesso. Questo Poema ebbe sì universale l’applauso, che fu tradotto in latino, in francese, in ispagnuolo, in arabo, in turco e in quasi tutti i vernacoli delle varie lingue italiane; ma ciò non ostante l’attaccarono fieramente vane persone critiche, specialmente nella purità della lingua; e queste sono da me figurate nel Cavaliere del Fiocco. Quantunque uomo grande il Tasso, ch’essere dovea superiore alle critiche, si lasciò condurre dalla passione, e volle correggere e riformare il Poema suddetto, dandogli il titolo di Gerusalemme conquistata, in che molto tempo ha perduto, e la fantasia gli si è gravemente alterata. Era melanconico di natura, collerico ed impetuoso. Si battè in un duello, e restò superiore dell’inimico; ma siccome il Duca glielo avea proibito, fu costretto partire e rifugiossi in Torino. Dopo un anno tornò in Ferrara per sua sventura; si accrebbe l’amor suo, e fra questa passione, che non poteva senza pericolo manifestare, e fra le persecuzioni degl’invidiosi e malevoli, gli si sublimò l’ipocondria a segno che pareva di tratto in tratto aver perduto il chiaro lume dell’intelletto. Il Duca colse da ciò il pretesto per chiuderlo nell’ospitale, ove fu trattenuto per qualche tempo, e da dove si liberò per le preghiere di Vincenzo Gonzaga. Roma lo desiderò ardentemente, preparandogli la corona d’alloro, che dopo il Petrarca ad altri non era stata concessa. Vi andò da buoni amici sollecitato; ma appena giunto colà, sopraggiunse la morte a terminare il corso delle sue glorie terrene, cogliendolo nell’età di anni cinquantauno. Egli aveva un temperamento assai vigoroso, atto a tutti gli esercizj del corpo; ma pallido in viso, e consumato assai dallo studio. Il suo talento insigne, e le opere grandi ch’egli ha prodotto al mondo, dovevano renderlo più fortunato; ma egli, o poco curante dei comodi della vita, o disgraziato per qualche sua debolezza, non ebbe la giusta ricompensa de’ suoi sudori.
Famosa è la contesa della sua patria fra i Bergamaschi e i Napoletani. Quelli si fondano per essere stato il padre suo, Bernardo di nome, uomo parimenti di lettere, Bergamasco di nascita non meno che per l’origine; questi per creder nato2 Torquato medesimo in Sorriento, città del Regno di Napoli, colà portatasi la Madre sua incinta per visitare una sua germana. Ho introdotta io pure nella Commedia la disputa delle due nazioni su questo articolo, il che non solo pone in veduta la verità dell’istoria, ma forma il ridicolo della rappresentazione.
Il nostro Tasso è tanto celebre per tutto il mondo, che pochi sono quelli che non lo conoscano e non lo esaltino. I Veneziani più di tutti lo sentono tutto il dì passare di bocca in bocca dal primo rango de’ suoi cittadini sino all’infimo della plebe. Non vi è persona che non reciti o non canti i versi della Gerusalemme; e questa ha dato motivo a moltissime teatrali rappresentazioni, e tutti gli anni vedevasi sui nostri Teatri una specie di tragicommedia dal suo Poema estratta, ed il suo nome era sempre dal popolo meritamente acclamato. M’invogliai, dopo tanto tempo, di mettere sulla scena l’Autor medesimo, oggetto delle pubbliche acclamazioni, e mi consolai moltissimo veggendo bene accolta dall’universale la mia intrapresa. Considerato Torquato Tasso nella disavventura degli assalti suoi ipocondriaci, mi somministra un carattere comico particolare. Non mi riuscì facile condurlo a buon termine; poichè internarsi nella verità di un tal carattere estraordinario non è cosa comune. Mi facilitò assaissimo la riuscita l’esser io soggetto di quando in quando agli assalti dell’ipocondria, non per la Dio grazia al grado di quei del Tasso, ma sensibili qualche volta un po’ troppo, e familiari a tutti quelli che si consumano al tavolino. Ho di buono, che come il Tasso non m’innamoro, e che delle critiche appassionate non fo quel conto che egli faceva.
- ↑ La pref. che segue uscì in testa alla commedia nel t. III (1757-58) dell’ed. Pitteri di Venezia.
- ↑ Nelle edd. Pitteri e Pasquali leggesi esser, ma a pag. 293 del t. III dell’ed. Pitteri, in fine della pref. al Terenzio, stampò l’autore: «Avendo scoperto un errore alla pag. 112 di questo Tomo, ne avvertisco presentemente il Lettore. Là dove dicesi: questi per esser nato Torquato medesimo in Sorriento, devesi leggere: questi per creder nato ecc.».