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Poema suddetto, dandogli il titolo di Gerusalemme conquistata, in che molto tempo ha perduto, e la fantasia gli si è gravemente alterata. Era melanconico di natura, collerico ed impetuoso. Si battè in un duello, e restò superiore dell’inimico; ma siccome il Duca glielo avea proibito, fu costretto partire e rifugiossi in Torino. Dopo un anno tornò in Ferrara per sua sventura; si accrebbe l’amor suo, e fra questa passione, che non poteva senza pericolo manifestare, e fra le persecuzioni degl’invidiosi e malevoli, gli si sublimò l’ipocondria a segno che pareva di tratto in tratto aver perduto il chiaro lume dell’intelletto. Il Duca colse da ciò il pretesto per chiuderlo nell’ospitale, ove fu trattenuto per qualche tempo, e da dove si liberò per le preghiere di Vincenzo Gonzaga. Roma lo desiderò ardentemente, preparandogli la corona d’alloro, che dopo il Petrarca ad altri non era stata concessa. Vi andò da buoni amici sollecitato; ma appena giunto colà, sopraggiunse la morte a terminare il corso delle sue glorie terrene, cogliendolo nell’età di anni cinquantauno. Egli aveva un temperamento assai vigoroso, atto a tutti gli esercizj del corpo; ma pallido in viso, e consumato assai dallo studio. Il suo talento insigne, e le opere grandi ch’egli ha prodotto al mondo, dovevano renderlo più fortunato; ma egli, o poco curante dei comodi della vita, o disgraziato per qualche sua debolezza, non ebbe la giusta ricompensa de’ suoi sudori.

Famosa è la contesa della sua patria fra i Bergamaschi e i Napoletani. Quelli si fondano per essere stato il padre suo, Bernardo di nome, uomo parimenti di lettere, Bergamasco di nascita non meno che per l’origine; questi per creder nato1 Torquato medesimo in Sorriento, città del Regno di Napoli, colà portatasi la Madre sua incinta per visitare una sua germana. Ho introdotta io pure nella Commedia la disputa delle due nazioni su questo articolo, il che non solo pone in veduta la verità dell’istoria, ma forma il ridicolo della rappresentazione.

  1. Nelle edd. Pitteri e Pasquali leggesi esser, ma a pag. 293 del t. III dell’ed. Pitteri, in fine della pref. al Terenzio, stampò l’autore: «Avendo scoperto un errore alla pag. 112 di questo Tomo, ne avvertisco presentemente il Lettore. Là dove dicesi: questi per esser nato Torquato medesimo in Sorriento, devesi leggere: questi per creder nato ecc.».