Torquato Tasso (Goldoni)/Lettera di dedica

Lettera di dedica

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Torquato Tasso L'autore a chi legge
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A SUA ECCELLENZA

IL SIGNOR

LEOPOLDO OTTAVIO

CONTE DEL S. R. I.

Della Torre Valsassina e Tassis, Cameriere della
Chiave d Oro e Consigliere di Stato di S. M. C.
General Ereditario delle Poste Imperiali
nel Serenissimo Dominio Veneto.

U
N Padre, Eccellentissimo Signore, il quale veggasi da parecchi Figli attorniato, non potendo dar loro quella riputazione in cui li desidera il paterno amore, cerca provvidamente di porli sotto la protezione di riguardevole personaggio, che recar vaglia ad essi quel fregio che non sortirono dalla nascita loro, e quello scudo di che abbisognano nelle vicende del secolo. Molto più questo Padre amoroso diligentemente si adopra, qualora trattisi di un Figliuolo suo prediletto, la qual distinzione d’amore sogliono i Padri tutti sentire inverso dei loro parti, siano eglino generati dal sangue, o dallo intelletto prodotti. Io di questi m’intendo, allora quando de’ figli miei ragiono, che dell’altro genere sono ancor privo; e i parti miei legittimi sono le mie Commedie, avendomi l’inclinazione a Talia congiunto, e tutt’altro che sia dalla mia mente sortito, spurio deve essere reputato, e contro la data fede alla comica Musa prodotto. Ma questa mia gelosa compagna, che finora di ottantadue figliuole mi ha fatto Padre1, permette ch’io possa amarne alcuna più delle altre, secondo più o meno mi costano di fatica, ed a misura dei maggiori o minori vezzi, [p. 402 modifica]che dalla Madre medesima furono ad esse contribuiti. Una delle mie predilette è quella che con insolito ardire il celeberrimo Torquato Tasso espose al Pubblico dalle Scene; e dalle onorate sue gesta, e dalle sue sventure, trasse doppio argomento di laude e di commiserazione per esso, non meno che di utile e dilettamento agli ascoltatori. Può ciascheduno, che di tali opere non sia ignaro, conoscere in questa, quanto siasi la Musa di se medesima compiaciuta, e quanta maggior fatica costato mi sia condurre a fine il disegno dalla poetica fantasia concepito, e dalla pratica teatrale ordinato. Non fecemi il fortunato evento della mia diligenza pentire. Ebbe il mio Tasso quella sorte che io poteva desiderargli, vale a dire il compiacimento delle dotte persone, e da per tutto ove i Comici hanno sinora quest’opera rappresentata, si mantenne la fortuna medesima, giunta a ridurre dal mio partito chi erasi impegnato a discreditarmi.

Ora questa mia prediletta passar deve dalla scena al torchio, ed eccola più da vicino agli occhi del Pubblico, severo giudice delle opere altrui, delle quali ha tempo e comodo di rilevare i difetti, non riparati dall’abilità degli Attori e dal sollecito volo della scenica rappresentazione. Io dunque, che provveduto ho sinora cinquantanove sorelle di protezione, deggio pensare alla sessagesima tanto a me cara, ed a misura dell’amor mio, un Protettore magnanimo procurarle. Chi mai poteva io rinvenire, per meglio soddisfar le mie brame, fuori dell’E. V., Cavaliere di un sangue cotanto illustre, di una mente così elevata, e di un cuore sì generoso? E vaglia il vero, a chi mai se non se all’E. V. dovevasi questa Commedia raccomandare, facendo essa onorata menzione di un riguardevole Personaggio, tratto dalla innumerabile schiera di quegli Eroi, che colle lettere o colle armi illustrarono la vostra eccelsa Famiglia? Non sono io quell’adulatore che comprar voglia la grazia de’ Mecenati al prezzo di false lodi, nè voi soffrireste per questa via indegna le acclamazioni del popolo; ma piene sono le storie del vostro nome; volumi intieri stampati si veggono ad onore della vostra Casa, e sino da’ primi secoli rispettata, mantiene tuttavia in tante parti d’Europa [p. 403 modifica]l’antico splendore, e la successione agli onori. Gli Storici più accreditati, parlando della origine de’ Torriani vostri progenitori, la cercano siì di lontano, che derivare la fanno dalla Casa Reale di Francia diramata in Borgogna, e di là trasportata in Italia, ove signoregiò la Città di Milano ed altri luoghi circonvicini. La guerra, che fece in ogni tempo cambiare aspetto alle Famiglie Sovrane, privò i Torriani del principato, e li costrinse a dividersi in varie parti. Altri formarono nel Friuli l’illustre Casa che dicesi Della Torre. Altri nel Territorio di Bergomo ricovrati nell’anno 1313, aspettando più da vicino la fortunata occasione di ripigliare la sovranità di Milano, impadronitisi della Val di Cornelio, colà si rimpiattarono alle falde del Monte Tasso, imitando quell’animale di cotal nome, che ritirato nel verno nella sua tana, aspetta la novella stagione per uscir fuori, dacchè appunto pigliarono essi il novello cognome de Tassis, ed alla torre nelle armi loro aggiunger vollero il tasso. Da questo nobilissimo ceppo l’E. V. deriva; da questo derivarono tanti Eroi, che segnalati si sono nelle armi e nei servigi prestati agl’Imperatori; e derivò dalla stessa fonte Bernardo Tasso, padre del mio Torquato, che colle lettere recò tanta gloria e tanto splendore alla sua Famiglia, quanto ne resero tanti altri col valore e col sangue, e quanto coll’ingegno suo ne ha recato Francesco de Torriani de Tassis, il quale trovandosi presso l’Imperatore Massimiliano, primo di questo nome, suggerì e condusse ad effetto l’invenzione ammirabile delle Poste, sì utile al commercio degli Uomini, da cui tanto comodo e tanto bene a tutti i Regni n’è derivato. Egli, che non aveva di sè Figliuoli, chiamò da Bergomo tre suoi nepoti, Gio. Battista, Maffeo e Simone, ai quali poscia da Carlo V, come a successori del benemerito loro Zio, fu distribuita la vastità delle Provincie da lui possedute, rispetto alla importantissima sopraintendenza alle Poste; e dall’ora sino al presente giorno continua nei diversi rami della Famiglia de Tassis lo specioso carico di General delle Poste, sostenuto in Germania dalla linea del Primogenito, col titolo e cogli onori di Principe del Sacro Romano Impero; quella del secondogenito in Spagna, nei conti di [p. 404 modifica]Villamediana, passata poi nella famiglia d’Ognate; ed è la linea del terzogenito quella che dalla E. V. viene rappresentata in Venezia, oltre ai due rami che parimenti fioriscono, uno in Roma, e l’altro in Ispruch. Tutte queste Famiglie risplendono da per tutto fra gli onori e fra le ricchezze; ma io fissando gli occhi soltanto nell’E. V., mi consolo colla mia Patria, che ad essa abbia toccato in sorte un Cavaliere di tante virtù fornito, il quale ai fregi del sangue unisce quelli della persona. Un uomo di talento non è sempre un uomo di spirito, e sovente chi ha dello spirito, non è di egual talento fornito. In voi l’uno e l’altro perfettamente ritrovasi, cioè una mente felice ed un brio vivace, onde fra le applicazioni più serie, alle migliori scienze ed alle belle arti donate, sapete vivere cogli amici, e procurare a Voi stesso la società più aggradevole di questo Mondo. La storia, la filosofìa, la morale sono i pascoli del vostro intelletto. La musica, la poesia, la conversazione sono i trattenimenti del vostro spirito; e l’animo generoso ed il cuore ben fatto vi fa essere amante non solo della virtù, ma protettore benefico de’ virtuosi. La strada che vi conduce nelle operazioni vostre, è situata fra la generosità e la moderazione. Chi esce da un tal sentiero, suol cader negli estremi: Voi, guidato dalla prudenza, siete magnifico nelle occasioni, senza vanità e senza fasto. Iddio, che da tanti secoli colmò di benedizioni la vostra Casa, vi ha donato un Figliuolo degno di Voi e della nobilissima vostra Sposa, il quale seguendo l’orme de’ suoi maggiori, col vivo esempio di un Padre adorno di tanti pregj, accrescerà ognora più il lustro della Famiglia.

Ricordomi, tremante ancora, in quanta pena ci teneste l’anno passato, allora quando minacciava la morte di abbreviare i giorni della Vostra vita; e certamente, se i caldi voti del Popolo sono in Cielo ascoltati, non si potea dubitare della vostra salute, cara a tutti egualmente, e da tutti desiderata. I voti miei non furono in tale occasione meno fervidi di qualunque altri, interessandomi per il bene della mia Patria, che vi ama e vi stima, e figliuolo suo vi considera, sendo oltrepassati più secoli, che avete in Venezia il domicilio piantato. M’interessai per le Lettere che coltivate, per [p. 405 modifica]le belle Arti che proteggete, per le Virtù dell’animo che praticate. M’interessai per la cara Famiglia vostra, per i teneri vostri Amici, per li servidori vostri beneficati; ma siccome io tengo per fermo, che in tutti i desideri nostri più nobili e più virtuosi abbiavi la parte sua l’amor proprio, non esito punto a manifestarvi, che il mio particolare interesse inducevami a pregar Dio per la vostra Vita e per la vostra salute. Troppo mi sarebbe costato il perdere un Protettore delle opere mie qual Voi siete, che basta col compiacimento di esse ad accreditarle, e impone silenzio a chiunque per opprimerle si affatica. Il mio Torquato, sino dai primi giorni che fu da me riprodotto, si lusingò di poter essere dal nome vostro onorato; ed io che l’amo tanto, avrei amaramente compianta la sua sventura.

Viva l’eterna Provvidenza che vi Vuol nostro, e nostro vi serbi felicemente per lungo tempo avvenire, e alle magnanime idee del cuor vostro corrispondano sempre i fortunati auspicj del Cielo. Ecco Torquato Vostro per parentela, Torquato mio per amore, consolato del nuovo fregio che or gli recate. Spero che l’onorato spirito del valoroso Poeta non siasi meco sdegnato, veggendo le gesta sue da me sulle Scene rappresentate; poichè studiato mi sono di farlo in guisa che disonore al suo nome ed al mio medesimo non recasse, ed ora sarà egli di me piucchemai contento, dandogli per protettore un Nipote che ama le Lettere di lui non meno, e che tanta gloria ha accresciuto alla sua Famiglia. Con così bella speranza, e coll’altra ancora che V. E. l’umile ossequio mio non isdegni, alla di Lei protezione mi raccomando, nell’atto di profondamente inchinarmi.

Di V. E.



Umiliss. Dev. Obblig. Servidore
Carlo Goldoni.


  1. Questa lettera di dedica uscì nel principio dell’anno 1758, nel t. III (1757) del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G. (Venezia, Pitteri).