Tommaso Moro (Pellico, 1883)/Atto terzo
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ATTO TERZO.
Reggia.
SCENA I.
ARRIGO.
Rivederlo degg’io? — Questo colloquio
Riamo e pavento. Duo diversi spirti
Oggi invadermi sembrano: un, gridando
Che ad ogni costo io l’amistà racquisti
Di quel degno mortal; ch’io sovra tutti
Gli emoli suoi maligni oggi il rialzi:
L’altro, biasmando con ischerno questa
Tentazïon, questa fiacchezza; e rabbia
In me destando contro Moro, e contro
Me, che vilmente l’amo ancora, e sento
Che a sua virtù superba o farmi deggio
Misero schiavo.... o estinguerlo! — E potrei
Al partito d’estinguerlo appigliarmi?
Macchia non fora eterna al regno mio?
Pure.... o domarlo, o estinguerlo! ho deciso.
SCENA II.
CROMWELL e detto.
Cromwell.Signor....
Arrigo. Cromwell, qual frettolosa cura
Te sì agitato a me sospinge?
Cromwell. A vostra
Maestà favellar Crànmer e il duca
Di Norfolk bramerían.
Arrigo. Onde?
Cromwell. Signore,
Udirli, deh, vi piaccia.... Alme non hanvi,
Che più di vero zelo ardan per voi.
Arrigo.So il loro intento. Già da me poc’anzi
Li congedai. Son grato al loro zelo,
Ma il lor perenne insistere m’è grave,
Perch’io Moro non veggia. Il temon tanto?
Cromwell.L’intera corte, o sir, teme l’audacia
Del campion de’ Cattolici. Ei, già tempo,
Sul vostro regio core ebbe gran possa.
E perchè appunto conosciam l’augusta
Indol vostra benigna, e la scaltrezza
Di quel fautor di frodi e di rivolte,
Forz’è che inorriditi immaginiamo
Non impossibil la maggior di quante
Abbia Inghilterra a paventar sciagure:
Che al grande Arrigo il fascino s’appigli
Del troppo amato seduttor, che al grande
Arrigo indi la gloria oggi s’oscuri;
Che al grande Arrigo s’apra oggi un abisso
Impreveduto, ove la sua grandezza
Precipiti e si perda, e stupefatti
La cerchino i futuri, e dubitando
Dicano: «Ei forse non fu grande mai!»
Arrigo.Temerario!
Cromwell. Di sudditi fedeli
Debit’è, d’un monarca affrontar l’ira,
Per impedire il danno suo. Gagliarda
Nella chiesa britannica operaste
Riforma salutar, ma funestata
Da orrendo sangue. Se con ferma destra
La mantenete, se compirla osate,
Le stragi che costò s’oblïeranno,
E lode avrete d’assennato e pio:
So nell’impresa vacillasse Arrigo,
Se, dando retta a perfidi consigli,
L’opera sua infiacchisse od annullasse,
Inclito frutto alcun di questo regno
Non resterebbe, e resterebbe fama
Obbrobrïosa degli’ eccidii suoi.
Arrigo.Resterà fama che vigor bastante
Arrigo avea, da non voler la mente
Altrui seguir, ma sì la propria. Intendi?
Esci.
Cromwell. Deh, sir, pensate....
Arrigo. Esci!
SCENA III.
ANNA e detti.
Anna. L’ingresso
Perchè a Tommaso Moro anco s’indugia?
Consenti, o sir, ch’addotto alfin qui venga.
Arrigo.Cromwell, qui Moro traggi.
Cromwell. (Ah son perduto!)1
ANNA ed ARRIGO.
Arrigo.Anna, d’amore e d’indulgenza io prova
Alta ti do. Ma forza è ch’io t’imponga
Di serbar meglio d’or innanzi il tuo
Di regina decor.
Anna. Crucciato parli?
Arrigo.Forz’è che ad Anna, bench’io l’ami, or dica,
Ch’ella non mai presuma esser motrice
Al regnar mio. Se veder Moro assento,
Non perciò lodo tue soverchie cure
A favor del ribelle; e se ribelle
Mostrerammisi ancor....
Anna. Io....
Arrigo. Tu nol salvi!
Anna.(L’amo, e terror sovente egli mi desta!)
Ecco lo sventurato.
Arrigo. Oh! come un anno
Di trista prigionia sovra quel volto
Lasciato ha impronte di dolor!
SCENA V.
MORO, CROMWELL e detti.
Moro. Signore....
Arrigo.Moro.... aspettai gran tempo io che parola
Di scusa e pentimento a me mandassi.
Moro.Di scusa e pentimento avrei parola
A voi mandata, o sir, se coscïenza
Di fallo alcun mi rimordesse.
Arrigo. Or cangia
Finalmente linguaggio. Odi. Rammenta
La reverenza che alla tua dottrina
Piacquemi professar; gli onori, ond’io
La segnalai; l’affetto che verace
Per te nutrii. Rammenta i dì che insieme
Della chiesa britannica gli abusi
Deploravam; che a migliorarla entrambi
Volgevamo il pensier. Questa riforma
Ardito assunsi, e tu m’abbandonasti.
Moro.Sire, io seguito avriavi in tanta impresa,
Se zelator fanatici e bugiardi
Colà sospinta non l’avesser, dove
Scisma divenne e spogliamento e strage.
Riforma vera, innocua, e non contraria
A’ cattolici dogmi io desïava!
Riforma di costumi! onesta guerra
A superstizïoni! insegnamento
Di salda sapienza! — A tal riforma,
E non ad altra, ad aderir son pronto.
Arrigo.D’uom veggente qual sei, d’uomo che lunga
Esperienza ammaestrò, non degna
È la rampogna. I grandi scotimenti,
Mossi uno stato a migliorar, non ponno
Da parziali danni ir mai disgiunti.
Meravigliarne al volgo lascia; al volgo
Impaurirne, e l’avvenir tu mira.
D’Arrigo ottavo al tempestoso regno
Succederà felice calma; ed opra
Di tal regno sarà. Dal roman giogo
Liberata Inghilterra, il suo robusto
Alto intelletto spiegherà con nova
Sorprendente possanza, e lume all’altre
Nazioni farassi, e glorïosi
Secoli avrà di senno e di fortezza.
Tal nobile successo io mi proposi.
Moro.E successo dovea nobil proporsi
Arrigo ottavo. Ma fallito ha il modo.
Tanto in questa feconda isola è spirto
Di gagliardia e di libertà e di senno,
Che di discordie scellerate ad onta,
E di leggi tiranniche e d’eccidii,
Rialzerà forse tra breve, io spero,
L’alterissima testa. Ahi! ma con sua
Prosperità misti verranno indegni
Amari frutti del presente tempo.
Vita lo scisma, e collo scisma avranno
Civili odii, e calunnie, e smembramenti
Infiniti di culto, e prolungata
Disuguaglianza de’ più sacri dritti,
E, chi sa? da tai germi, un dì, rovina!
Arrigo.Pusillanimi accorre uomo di stato
Non dee temenze.
Moro. Escludere non dee
Rilevanti temenze e ragionate.
Che s’elementi io veggo alla futura
D’Inghilterra grandezza, e presagirla
Possiam fin d’or, non però veggo come
Sien fra questi elementi ingiuste leggi,
Rie persecuzïoni, e novo culto
Predicato col ferro.
Arrigo. Audace molto
Sempre favelli.
Moro. Schietto ognor favella
Al prence suo chi l’ama; e cangiar mai
Per terrore di carcere o di morte
Non potrei di linguaggio anzi ad Arrigo.
Menzognere lusinghe e sventurate
Passioni v’acciecano. Riforma
Non è questa che oprate; ell’è implacata
Guerra a color che contraddirvi osaro
Quando a voi disgradò dell’infelice
Caterina l’amor; quando l’amore
D’Anna (ahi ben più infelice dell’espulsa!)
Troppo del vostro core ebbe trïonfo.
Arrigo.Non proseguir. Così rimerti, ingrato,
D’Anna gli uffici generosi?
Moro. Onore
Alla pietà di questa donna! onore
All’amistà che conservar degnossi
A mia mesta famiglia! onore al suo
Di concordia desio! ma i pregi molti
Di quell’alma gentil non mi trarranno
Neppur seco ad infingere.
Anna. Ahimè! vana
Stata non sia mia intenzïon di pace
Fra il re, mio sir, e un suddito che tante
Virtù illustraro. Questa pace è il voto
Di sì buon re, d’ogni Britanno, e il mio.
Deh! Moro, il voto tuo pur non sarebbe?
Moro.Sì, magnanima, sì. Mio voto ardente
È servire il mio re, la patria mia;
Ma tal servigio verità richiede,
E verità parlò il mio labbro ognora,
Ed or riparla verità. — Se dopo
Questo imprecato regno, un dì Inghilterra
Correggerà gl’iniqui impulsi, e sete
Avrà di tolleranza e di giustizia,
Vostra la lode non saranne, o Arrigo.
Scritto con note orribili di sangue
Fia dalla storia il nome di colui
Che il novo culto sotto pene impose
Di ferri e di patiboli.
Arrigo. A me ardisci
Vitupèro vibrar?
Moro. No, ma nunciando
Vitupèro infallibil nella storia
Ad ogni re che sia crudele, e oltraggio
Rechi alle coscienze, io vi rammento
Che per voi sta, la pagina abborrita
Del biasmo eterno cancellar....
Arrigo. Curvando
Forse mia regia fronte anzi superbo
Anacoreta! intendo. Anzi impostore,
Che impoverire il popolo m’intimi
Per espïar mie colpe!
Moro. Ad impostori
Siccom’io non mi curvo, e son cristiano,
E cattolico son, così a ministri
Degni di Dio curvarvi sol dovreste.
E, vostre colpe ad espïar, costoro
Non v’imporrían se non virtù. Lasciamo,
Lasciamo, o re, l’ignobil consueto
Travestimento delle cose ai soli
Abbietti ingegni proprio. Essi, giurando
Oggi per Inghilterra odio e dileggio
A’ persevranti nel paterno culto,
Doppiano, in lor malediche pitture,
Gl’infamanti colori, e ciò ch’è luce
Negar osano affatto o copron d’ombra.
Non noi così, non noi così, o signore!
Da’ volgari giudizi independente
Esser dee quel de’ forti e saggi spirti.
Arrigo.La britannica chiesa....
Moro. Avea ministri
Non degni assai; degnissimi n’avea.
Turbe ch’avea d’ipocriti, ed avea
Cultori sincerissimi d’Iddio.
Questa chiesa purgare, illuminarla,
Non di sangue cospargerla si debbe.
Arrigo.Agevol cosa a desiarsi, e scabra
Ad eseguir. Del giovenil tuo libro
Dell’Utopia ti mostrerai tu dunque
Sempre l’autor? Grigia hai la chioma, e visto
Hai dagli alti gradini del mio trono
Dell’inquieta umanità gl’insani
Moti complicatissimi; e ancor sogni
Poter que’ moti regolarsi ognora
Dal voler di chi regna? Eh via! concedi
Ch’arduo social bene oprare in guisa
Non vïolenta mal si può. L’oprai
Questo ben periglioso; ed hammi cure
Molto costato, e molti errori forse,
E molta ne’ miei sudditi maligna
Ingratitudin. Ma l’oprai! Volgari
Ragionamenti m’abbagliaron forse,
Ma non volgare è il mio coraggio, e tema
D’esser vil nella storia in me non cape.
Moro.Vil, no, non vi dirà, ma....
Arrigo. Ti consiglio
Di far senno, e pensar, che qui mutarsi
Non già il tuo re; tu il dèi. Volli rispetto
Del tuo ingegno portare alla grandezza,
A’ tuoi lunghi servigi, alla tua fama,
Pace tra noi possibil desiando.
Oggi a me stesso, al mio regal decoro
Debitor son d’esigerla, o por fine
Con esemplar castigo alla tua audacia.
Vuoi tu?....
Moro. Ingannarvi, o sir? Nol vorrei mai.
Ingannar me medesimo, e innocenti
Fingermi l’opre d’un regno di sangue?
S’anco il volessi, non potrei.:..
Arrigo. Tu pensi
In tua arroganza, che il tuo merto basti
Dalla scure a salvarti. Erri.
Anna. Con ira
Questo colloquio non si sciolga. Il Cielo
Da tal colloquio fa dipender oggi
D’Inghilterra la sorte.
Arrigo. I giuramenti
Che prosta ogni Britanno, e Moro presti.
Moro.Fede al mio re giurai; fede gli tenni.
Arrigo.Obbedïenza del tuo re alle leggi!
Moro.Quando a giustizia, a Dio non son contrarie.
Arrigo.A Dio contrarie leggi io non impongo.
Moro.La libertà del credere è vietata
Con catene e supplizi: ella sia resa,
E più contrarie a Dio non saran leggi.
Arrigo.La libertà che invochi era a mio danno,
A danno della patria astutamente
Da bugiardi cattolici adoprata.
Moro.Adoprata da’ retti era a dar gloria
Alla patria ed al ver: io la riclamo
In nome d’ogni retto.
Arrigo. O Moro ceda,
E rïasceso a’ primi gradi il voglio
Della mia corte, o tremi. Il suo rifiuto
Di sancir mio divorzio e la riforma
A lui non sol morte sarà, ma a tutti
Suoi colpevoli amici.
Moro. Il so, dannato
Già di Rochester è il pastor! ripiene
Ahi d’innocenti vittime son tutte
Del regno le prigioni!... Inorridisco,
Ma quei capi carissimi non posso
Dalla scure sottrarre, al patto infame
D’apostasia.
Arrigo. Morran!
Moro. Dio salveralli
Colà dove di forti odio non giunge!
Arrigo.Più in là che a re non lice, io la mia grazia
Vèr te recai, superbo. Ora è tua colpa,
Se il nodo, ch’io scior non volea, è spezzato.
Anna.Deh! ferma, sire.
Arrigo. In carcer ricondotto
Venga costui; si convochi il giudizio
Per condannarlo, e lui preceda intanto
Alla mannaja il vescovo suo amico.2
SCENA VI.
MORO, ANNA, CROMWELL.
Anna.Commosso sei. T’arrendi; ancor è tempo.
Il re ancor placherò.
Moro. Commosso io sono
Di pietà per gli amici.... e pe’ miei figli....
E per la patria.... e per te stessa, a cui,
Se il truce re non fuggi, orrenda fine
Sovrastar veggo....
Anna. Arrenditi.
Moro. A niun prezzo
Uomo ad infamia indur giammai non dèssi.
Anna.Non perirà sì nobil petto: udrammi
Arrigo ancor.3
SCENA VII.
MORO, CROMWELL.
Cromwell. Malgrado tuo, turbato
Ti veggio, o Moro. Se pentito fossi....
Niun più di me d’Arrigo volge il core;
Giovar ti posso. — Disprezzanti sguardi
Sovra me scagli, e non rispondi? — Olà.4