Capitolo I

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Platone - Timeo (ovvero Della natura) (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Francesco Acri (XIX secolo)
Capitolo I
Timeo Capitolo II
SOCRATE
Uno, due, tre: e dov’è il quarto, caro Timeo, di quelli che convitai ieri, e che oggi mi convitano?
TIMEO
Non istà bene; se no, figurati s’ei non voleva essere qua, in nostra compagnia.
SOCRATE
E se non ci è, tocca a te e a costoro fare anco la parte sua.
TIMEO
Ma sí, e, quanto è da noi, non lasceremo nulla; ché non sarebbe bene se noi altri, per renderti cambio, non convitassimo ancora di buona voglia te che ci hai accolti ieri a banchetto con tanta amorevolezza e larghezza.
SOCRATE
Or vi ricorda egli di quante e quali cose io vi diedi commissione di ragionare?
TIMEO
In parte sí: quelle che no, dacché ci sei, ce le ricorderai tu: o, ch’è meglio, fa da capo una ripassata, se non ti è grave, acciocché le teniamo piú a mente.
SOCRATE
Farò cosí: de’ ragionamenti che io feci ieri su la repubblica, la sostanza su per giú era questa: come avrebbe ella a essere, come i suoi cittadini, perché agli occhi miei fosse bellissima.
TIMEO
E molto ci dilettò, o Socrate, ciò che tu hai detto.
SOCRATE
Ora, la prima cosa, non isceverammo noi gli agricoltori, e le altre arti, da quei che l’hanno a guardare?
TIMEO
Sí.
SOCRATE
E, assegnando noi a ciascuno sola una cura e sola un’arte a lui convenevole, non si disse che coloro ai quali di guerreggiare s’appartiene per salvamento di tutti, non hanno altro a essere che guardiani della città, se mai alcuno di fuori o vero di dentro contro a lei si levasse; giudicando benignamente i soggetti loro, come naturali amici, e mostrandosi a’ nemici, ai quali s’avvengano, aspri nelle battaglie?
TIMEO
Proprio cosí.
SOCRATE
E mi par ch’e’ si disse, che l’anima dei guardiani ha ad essere singolarmente adirosa e savia, acciocché dirittamente siano agli uni benigni, e crudi agli altri.
TIMEO
Sí.
SOCRATE
E l’allevamento? forse che non hanno a essere allevati in ginnastica, musica, e in tutte l’altre discipline che loro si convengano?
TIMEO
Certamente.
SOCRATE
Cosí allevati, si disse ch’eglino aveano a far ragione di non avere possessione propria né d’oro, né argento, né altra veruna cosa al mondo; ma sí ricevere, come guardiani, una cotale mercede della guardia da quelli medesimi guardati da loro, quanta bastasse a temperati uomini; e spendere e mangiare e fare vita comunemente, avendo sollecitudine alla virtú, d’altro non curandosi.
TIMEO
Le hai dette cosí.
SOCRATE
E ci ricorda che a cotali uomini convien concordare le donne, sí ch’elle abbian comuni con essi tutti gli uffizii di guerra e di pace.
TIMEO
Sí; cosí.
SOCRATE
E la generazion de’ figliuoli? o non sono elle cose agevoli a ricordare, per la novità, se non altro? però che ordinammo fossero comuni nozze e figliuoli, ingegnandoci che mai alcuno non conoscesse il figliuolo suo, e tutti si riputassero una famiglia sola: fratelli e sorelle, quelli nati entro a un medesimo spazio di tempo; e quelli nati su su innanzi, padri e madri e avoli; e quelli nati giú giú appresso, figliuoli, e figliuoli de’ figliuoli.
TIMEO
Oh, si ricordano!
SOCRATE
E perché il piú presto divenissero di natura quanto esser può gentilissimi, non ci ricorda ch’e’ si disse bisognare che i governatori e le governatrici in comporre le nozze procacciassero segretamente, facendo pur le viste di trar le sorti, che i cattivi uomini si sposassero con cattive femmine, e i buoni con buone; non nascendo cosí veruno scandalo, da poi che degli sposamenti accagionerebbero il caso?
TIMEO
Ce ne ricorda.
SOCRATE
E che s’hanno ad allevare i figliuoli dei buoni, si disse anco questo, e quelli de’ cattivi s’hanno a meschiare nascostamente infra l’altra cittadinanza; e, venendo su, ad essi aver l’occhio; e, quelli che fossero degni, rimenare; e quelli che indegni fossero presso loro, tramutare nel luogo de’ rimenati.
TIMEO
Sí.
SOCRATE
Non è questa la sostanza di quello che io sposi ieri? o desideriamo noi ancora alcuna cosa la quale si è lasciata, Timeo mio caro?
TIMEO
No, o Socrate: proprio queste sono le cose che tu hai dette.