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pur le viste di trar le sorti, che i cattivi uomini si sposassero con cattive femmine, e i buoni con buone; non nascendo così veruno scandalo, da poi che degli sposamenti accagionerebbero il caso?
Timeo. Ce ne ricorda.
Socrate. E che s’hanno ad allevare i figliuoli dei buoni, si disse anco questo, e quelli de’ cattivi s’hanno a meschiare nascostamente infra l’altra cittadinanza; e, venendo su, ad essi aver l’occhio; e, quelli che fossero degni, rimenare; e quelli che indegni fossero presso loro, tramutare nel luogo de’ rimenati.
Timeo. Sì.
Socrate. Non è questa la sostanza di quello che io sposi ieri? o desideriamo noi ancora alcuna cosa la quale si è lasciata, Timeo mio caro?
Timeo. No, o Socrate: proprio queste sono le cose che tu hai dette.
II.
Socrate. State ora a udire quello che mi sento io dentro, per questa repubblica la quale io vi ho ritratta: mi sento così come colui il quale, riguardando in alcuno luogo animali belli, dipinti o vivi veramente, ma che si posano, sì gli vien voglia di vederli muovere e fare un poco prova, come alla lotta, dei lor belli corpi. Così mi sento io; imperocchè molto volentieri udirei alcuno recitare le virtuose prove le quali la repubblica mia fa