Teoria della relatività/La relatività particolare/La relatività del tempo/L'aberrazione

L'aberrazione

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La relatività del tempo - Esempio La relatività del tempo - Secondo esempio

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c) L'aberrazione

Nel capitolo precedente la differenza dei tempi tra gli orologi in quiete e in movimento si ricollega, in un caso particolare, alla differenza delie direzioni nelle quali ciascuno dei due osservatori cerca il medesimo punto. Questa differenza di direzione è assolutamente indipendente dalla teoria della Relatività; essa è conosciuta dagli astronomi già da duecento anni, e la sua valutazione pratica fa parte del lavoro quotidiano dell’astronomo. Questi fatti, che si adattano molto bene nella nostra teoria e sono facili a comprendere, non sono sempre trattati in modo soddisfacente nelle opere di astronomia popolare; noi quindi ci fermeremo su di essi un po’ piú a lungo di quello che non l’esigerebbe lo scopo del nostro lavoro.

Per prendere un paragone spesso usato, immaginiamo un uomo munito di un tubo cilindrico, che gli faccia come da grondaia, il quale cammini sotto la pioggia. Se non c’è vento questa cade rigorosamente secondo la verticale. Supponiamo che il nostro uomo si sia proposto di portar la sua grondaia in modo che le gocce d’acqua la traversino senza incontrare ostacolo senza toccarne le pareti; è evidente che, se non si muove, la dovrà tenere verticale. Egli si mette allora in moto e vuole continuare il suo tentativo. S’egli mantiene la grondaia nella stessa posizione, le gocce che entrano dall’alto vengono ad urtarla alla parte posteriore e non la traversano perciò senza trovare ostacolo; ma se egli la inclina nel [p. 63 modifica]senso del suo movimento cioè in avanti, le gocce non saranno più ostacolate.

Di quanto egli deve inclinare la grondaia? Ciò dipende dalla sua velocità e da quella delle gocce. Se queste cadono lentamente, l'inclinazione sarà notevole; se cadono con velocità o, ciò che è lo stesso, se il nostro uomo cammina lentamente, detta inclinazione sarà leggera. Il rapporto delle due velocità, del movimento delle gocce e di quella dell'osservatore, determina così l'ampiezza dell'angolo d'inclinazione. Per prendere un altro esempio, supponiamo che uno spari un colpo di fucile su di un treno in corsa, che la palla entri da un finestrino ed esca dal finestrino opposto. Se la direzione del tiro è perpendicolare a quella del treno, tale direzione non sarà la stessa di quella osservata da un viaggiatore che esamini il foro di entrata e quello di uscita, perché il treno si è spostato mentre la palla lo attraversava. Anche qui l'ampiezza dell'angolo della deviazione dipende dal rapporto delle due velocità del proiettile e del treno.

Passiamo ora all'applicazione: quando noi puntiamo verso una stella un cannocchiale astronomico, mentre la luce lo percorre, il movimento della terra ci trasporta: noi dobbiamo quindi inclinare il cannocchiale nel senso del nostro movimento, e tanto maggiormente quanto maggiore è la nostra velocità in rapporto a quella della luce. Nella più semplice disposizione, in quella cioè dei nostri due esempi e in quella dell'ultimo capitolo, le direzioni delle gocce di pioggia, della palla da fucile e della luce sono perpendicolari a quella [p. 64 modifica]dell'osservatore; nel caso della luce si trova allora l'angolo di 1/3 di minuto, ossia il 1/100 circa del diametro apparente della luna o del sole. Questo fenomeno ben conosciuto dagli astronomi già da lungo tempo è “l'aberrazione.”

Vi è qui ragione per parecchie osservazioni. Abbiamo dato or ora una spiegazione assolutista dell'aberrazione, secondo il principio della relatività meccanica, mentre che nel capitolo precedente ci eravamo appoggiati sul principio della relatività elettromagnetica; la differenza essenziale è che i movimenti della meccanica si combinano secondo il “parallelogramma delle forze” mentre che la teoria della relatività elettromagnetica nega la possibilità di comporre il movimento della luce con un movimento qualunque. Tutti e due tuttavia sono in grado di spiegare il fenomeno e conducono allo stesso risultato quantitativo.

La seconda osservazione è che in più della prospettiva spaziale ben conosciuta, vi è una specie di prospettiva cinematica. Si sa che lo stesso paesaggio non ha lo stesso aspetto a seconda del punto dal quale lo si osserva. La teoria dell'aberrazione ci mostra di più che, da uno stesso punto, il suo aspetto varia secondo la direzione e la velocità dell'osservatore che passa per quel punto, e la variazione è tanto più grande quanto più grande è questa velocità. Anche se tale velocità non fosse che quella del suono, i metodi astronomici moderni potrebbero pur sempre scoprire l'aberrazione ch'essa produrrebbe.

D'altra parte dal punto di vista del principio [p. 65 modifica]della relatività elettromagnetica è per un capriccio arbitrario che si battezza quiete il movimento di un osservatore e movimento quello di un altro. Non dovremmo parlare che del loro movimento relativo e in conseguenza altro che di un’aberrazione relativa, cioè di quella di un osservatore in rapporto all’altro. Siccome non abbiamo alcun osservatore col quale paragonare le posizioni delle stelle che osserviamo, si può domandare perché parliamo di un’aberrazione e come mai la mettiamo in evidenza: La risposta è che l’astronomia non avrebbe dovuto mai occuparsene se il movimento della terra fosse rettilineo ed uniforme, perché essa avrebbe un valore costante. Ma per effetto della nostra rotazione attorno al sole, la direzione del nostro movimento cambia e con esso cambiano la direzione e la grandezza dell’aberrazione che quindi in realtà, non è che relativa in rapporto a quella del sole. La sua scoperta fu, a suo tempo, la prima prova veramente magnifica del valore del sistema di Copernico, prova che non era del tutto facile a trovare come abbiamo visto nel nostro primo capitolo. Quanto a ciò che è l’aberrazione assoluta, si può senza inquietudine considerare come in quiete l’insieme delle stelle fisse, poiché è precisamente su di esso che l’osservazione porta; resterebbe dunque da calcolare l’aberrazione assoluta del sole, conoscendo il suo movimento in questo insieme; per il momento non è possibile altro che con una grossolana approssimazione. D’altra parte ciò non cambierebbe la posizione di ciascuna stella che di una quantità fissa, il che sarebbe [p. 66 modifica]senza importanza, poiché la maggior parte delle ricerche astronomiche non hanno por oggetto altro che i movimenti relativi delle stelle tra di loro.

Ci si può infine domandare come si è giunti a misurare l’aberrazione relativa della terra in rapporto a quella del sole, il che esige dei punti di riferimento fissi, direzioni o punti non soggetti allo spostamento che si produce per tutte le stelle; ma in effetti si hanno di tali punti di riferimento. Nell’esempio del tiro contro il treno, nonostante tutte le deviazioni, è chiaro che si può sempre distinguere la direzione orizzontale e il piano orizzontale; la traiettoria della palla non sembrerà orizzontale al viaggiatore se essa non lo sarà veramente. Nello spazio è il piano della traiettoria terrestre, l’ecclittica, che a dispetto di tutte le aberrazioni, resta invariabile. D’altra parte la direzione dell’asse di rotazione della terra che determina il polo celeste è indipendente, essa pure, dal movimento di traslazione. Questi due elementi fissi, ecclittica e polo celeste, permettono la determinazione assoluta dell’aberrazione relativa della terra in rapporto a quella del sole.

Ritorniamo al nostro soggetto, dopo questa piccola digressione della quale chiediamo venia.