Teoria della relatività/La relatività generale/Raffronto con Copernico
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XVI
RAFFRONTO CON COPERNICO
Tutti sono d’accordo nel meravigliarsi della sottigliezza e piú ancora della miracolosa indipendenza di mente di un Lorentz, di un Minkowski e sopratutto di un Einstein. Ma piuttosto che questi apprezzamenti il lettore domanda che gli si denotino in modo concreto le opere di questi scienziati; un raffronto ci permetterà di fare ciò. E già molto tempo del resto che tal raffronto è stato trovato. Di tutti i grandi fatti della Scienza non ve n’ha alcuno che abbia con la rivoluzione einsteiniana maggiore analogia di quello di Copernico, non solo per il merito, ma per la messa in rilievo dei punti di vista concreti. A me sembra che il raffronto vada molto più lontano di quello che ordinariamente si ammette, perché si giudica in modo ingiusto non la teoria di Einstein, ma quella di Copernico. Chi non è astronomo in genere pensa che l’unico dovere, o almeno il dovere principale dell’astronomia, sia quello di stabilire se la terra è in movimento, e siccome Copernico ha condotto questo problema a buon fine, egli resta “l’astronomo” per l’eternità. Ma di questa concezione non è qui il luogo di parlare. Come ogni altra scienza, l’astronomia deve osservare, poi raccogliere ed ordinare le sue osservazioni in una teoria. Questo secondo dovere essa lo compiva in altri tempi in una maniera che, ai nostri giorni appare molto insufficiente, ed è a causa del principio di relatività cinematica che la concezione di Copernico poteva appena giovarle in ciò. Quel che essa poteva far valere in suo favore non era evidentemente una migliore messa in ordine dei fatti, ma una straordinaria unificazione della intera teoria per mezzo dell’introduzione di un punto di vista assolutamente nuovo. Gran parte dell’astronomia pratica ed anche teorica non veniva con ciò ad essere toccata, e poteva passare completamente nella nuova dottrina. Accade lo stesso per alcune vaste branche della fisica, e per quasi tutta l’astronomia nella teoria della relatività. Ciò che le due concezioni potevano far valere non erano in prima linea dei fatti, ma la grande importanza dell’unificazione e della semplificazione di tutta la teoria ch’esse permettevano. Quanto alle prove definitive è notevole che per queste due teorie, cosí fondamentalmente sovversive, non si possa trovarle se non nell’osservazione di grandezze infime, appena percettibili. La prima prova vera della teoria di Copernico, fu l’aver stabilito il periodo annuale dell’aberrazione, di cui abbiamo parlato a pag. 65 e che non poteva essere percepita che da un osservatore esercitato munito di un istrumento ottico. Si vede che grandezze cosí deboli possono acquistare un significato anche nei grandi problemi relativi alle nostre concezioni dell’Universo.
Si pretende spesso che la questione della Relatività non potrà mai avere l’importanza di quella dei sistemi eliocentrico o geocentrico, e che inoltre essa non può avere per il gran pubblico una grande significazione perché troppo difficile a comprendersi. Ma è anche tanto difficile rappresentarsi ciò che ha potuto capire delle idee di Copernico un cervello di media levatura, contemporaneo della Riforma, quanto predire l’influenza profonda della teoria della relatività sulle menti da qui a qualche secolo. Noi possiamo rimanere indecisi e rinunziare a decidere su ciò che fu maggiormente rivoluzionario, cioè sulla costruzione in ogni caso tanto straordinaria e per cosí dire “estensiva” del nostro sistema solare, o sullo sconvolgimento e la nuova interpretazione, forse meno grandiosa ma tuttavia tanto profonda e penetrante, tanto “intensiva,” delle nostre idee sullo spazio e sul tempo. Ciò che importa sopratutto è che le due concezioni hanno avuto il coraggio, per semplificare ed unificare, di considerare come relativo un concetto giudicato sino ad allora assoluto. Poiché l’essenziale nell’opera di Copernico è che il concetto dello stato di quiete diventa relativo da assoluto come sembrava con la terra fissa. lu Anche gli ostacoli che sono sorti davanti a questi due tentativi di progresso sono analoghi. Il senso comune risente come una negazione dei valori psicologici la relatività delle leggi ch’esso considera come assolute, e si mette in guardia. L’esperienza quotidiana, quella, per esempio, dello stato di quiete della terra o della invariabilità delle misure del tempo e dello spazio, fa sempre sentire la sua influenza e tende a prendere un valore assoluto, senza condizioni, anche molto al di là del campo dove essa ha agito. Contro di essa appunto, la critica e la teoria sostengono una lotta ostinata.
L’avvenire dirà se le nuove idee riporteranno anche per la relatività una vittoria definitiva e completa.
In un punto tuttavia la lotta sarà almeno piú facile che al tempo di Copernico: ciò che a lui sopra tutto si è rimproverato non è d’aver messo la terra in movimento in quanto sistema fisico, ma di aver toccato il carattere religioso che vi si collegava, poiché era ferire i contemporanei di Lutero, sin nel loro piú profondo, il mettere il piedestallo della Divinità, il teatro degli atti del Salvatore del mondo, all’altezza di Venere o di Marte. La nostra nuova teoria non avrà da combattere il valore reale od immaginario di queste idee, essa non avrà né il rogo per un Bruno, né l’inquisizione per un Galileo. Da allora, il rispetto delle opinioni altrui e l’incivilimento generale hanno progredito alquanto, benché molti fatti, troppo conosciuti, dimostrano che non bisogna troppo pretendere a questo riguardo.