Teoria degli errori e fondamenti di statistica/11.4.4
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11.4.4 Interpolazione lineare nel caso generale
Le condizioni 1) e 2) sugli errori delle grandezze misurate e date nel paragrafo 11.4.1 non potranno ovviamente mai essere verificate esattamente; come ci si deve comportare quando nemmeno in prima approssimazione le possiamo considerare vere?
Se gli errori quadratici medi delle sono tra loro diversi, non è più possibile raccogliere a fattore comune nell’espressione del logaritmo della verosimiglianza; e ciascun addendo sarà diviso per il corrispondente errore . In definitiva la retta più verosimile si trova cercando il minimo della funzione
.
Questo avviene quando
in cui si è posto
.
Le varianze di e di saranno poi date dalle
Si deve tuttavia osservare che per applicare questo metodo è necessario conoscere, per altra via e preventivamente, tutte le varianze . Ciò può essere molto laborioso o addirittura impossibile, e non risulta conveniente rinunciare ad una stima unica e ragionevole di queste varianze per tener conto di una variazione, generalmente debole, delle in un intervallo limitato di valori della .
Volendo tener conto dell’errore su entrambe le variabili ed , non è generalmente possibile usare un metodo, descritto in alcuni testi, consistente nel cercare la retta che rende minima la somma dei quadrati delle distanze dai punti, misurate però ortogonalmente alla retta stessa: a prescindere dalla complicazione della soluzione di un sistema di equazioni non lineari, resta il fatto che se ed sono due grandezze fisiche diverse, o anche soltanto misurate con strumenti e metodi diversi, i loro errori quadratici medi sono generalmente differenti; mentre la distanza sul piano attribuisce lo stesso peso agli scarti in ed a quelli in .
Per applicare questo metodo si dovrebbe conoscere, per via indipendente, almeno il rapporto tra e ; e rappresentare i valori misurati non già sul piano , bensì su quello delle variabili ridotte .
Per solito nella pratica si preferisce considerare affetta da errore una soltanto delle variabili, ad esempio la , la scelta cadendo generalmente su quella determinata in maniera più indiretta, e che risente perciò degli errori di tutte le altre grandezze misurate direttamente; così, in un diagramma velocità-tempo trascorso o velocità-spazio percorso, si assumerà affetta da errore la sola velocità.
Un eventuale errore sulla si propagherà attraverso la relazione funzionale anche alla , e, se l’errore quadratico medio è stimato dai dati sperimentali, esso congloberà anche l’indeterminazione dovuta alla .
Per meglio chiarire il concetto, consideriamo la legge che descrive la caduta di un grave, e pensiamo di misurare la sua velocità in un certo istante: nell’ipotesi originale sarebbe determinabile esattamente, ma l’imprecisione nella misura delle velocità ci darebbe valori di compresi in un intervallo di ampiezza non nulla (dipendente dall’errore quadratico medio ).
Se delle due grandezze, al contrario, fosse la velocità ad essere conoscibile esattamente, l’impossibilità di determinare con precisione l’istante in cui essa deve essere misurata ci darebbe ugualmente valori di distribuiti in un intervallo di ampiezza non nulla (legata stavolta a ).
Indicando, insomma, con e gli errori (sempre supposti costanti) di ognuna delle determinazioni (sempre supposte indipendenti) e , la formula dell’errore a posteriori ci permette di ricavare dai dati una ragionevole stima non tanto del solo quanto, piuttosto, della combinazione (quadratica) dell’errore intrinseco delle ordinate e di quello intrinseco delle ascisse propagato sulle ordinate:
(ove è il valore vero della pendenza della retta).