Teatro Historico di Velletri/Libro I/Capitolo XI

Libro I - Antichi Frammenti ritrovati in Velletri

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Antichi Frammenti ritrovati in Velletri.
Cap. XI.


Per far breve racconto d'alcune antiche memorie ritrovate in Velletri, e nostro Territorio, io non registrarò le Statue di sopra accennate, ne quella di Profido negro rappresentante Venere ignuda alta da nove palmi in circa, di positura in piedi, con capelli lunghi assai sin sotto alla cintura, ritrovata dal Capitan Francesco Giliberti nel piano dell'Ariano, e furtivamente (non si sa da chi) portata via; nè quella bella testa di Donna con cerchio in fronte di molta stima, ritrovata nella Carrara, c'hora conserva in casa Teodoro Monticelli. Nè voglio scrivere altre Antichità dà diversi narrate, ma solamente quelle, che sono state ritrovate à mio tempo, e da me attentamente considerate; sopra delle quali non mi curarò di far gravi espositioni, e lunghi discorsi, con palesare l'intelligenza di ciascheduna, perche questo honorevol peso io lo lascio à qualch'altro più virtuoso, e curioso, che penetrando li sentimenti historici, dimostrerà quella verità, ch'appresso di me non è gionta; e per dar principio al mio intento, registrarò quelle, che si trovano [p. 100 modifica]nella nostra Cathedrale, nel pavimento, poco distante l'una dall'altra; una delle quali è la seguente.

D.M.

C.IVLII MALGIII

BELETRANI AVG AE

LIA IULIA QIVX

ET HEREDES HVIVS

B. M. P.


E perche da questa Pietra marmorea sepolcrale se ne puole argomentare la continuata parentela trà persone della fameglia Giulia, et altri Velletrani, nell'autentica ricognitione di essa, se n'è rogato G.A. Cancelliero della Curia Episcopale. L'altra, che segue, stà nel medesimo piano, e se non fosse corrosa, e spezzata, di sicuro mostrarebbe con la sua antichità molta honorevolezza per la Patria; perche da queste tre parole si puol dedurre, che sia memoria sepolcrale di qualche gran personaggio.

........................................

........................................

........................................

........................................

.................NEPOTI........

...ABNEPOTI..................

.....I...PARTICI.................

........................................


Quest'altra similmente nell'istesso Piano della Chiesa, è memoria sepolcrale fatta da persona grande ad una sua Liberta, cosa ordinaria di quelli tempi.

D.M.

C. L. VICTORINAI

TI. CL. PHIIETVS

LIB. BENEMERENTI


Non deve maravigliarsi chi legge, in vedere, che queste memorie di Gentili si ritrovano in questa Chiesa, perche sono Pietre estratte dalle rovine de' Tempij antichi, e quivi sono state poste, come in altre Chiesa ancora, per bisogno [p. 101 modifica]di marmi, e non per sentimento di memoria. Nella nostra Chiesa di S.Francesco, vi sta il seguente Frammento di Marmo scornicciato ritrovato nella Contrada di Rijoli, molti Anni sono, e perche è smezzato, priva il lettore del vero senso di honoratissima memoria, che ne potrebbe ricevere.

L. MA.................

L. FIL..............

MAX...................

AVRE..................

FETI..................

BIS CO................

ASI...................

PROCO.................

AFRI..................

VRBS PI...............

PATR.................


Nell'istessa Contrada fù ritrovata una Cassa di Marmo fino di basso rilievo, e dentro un'armatura di Corazza d'isquisitissima tempra, come l'esperienza hà fatto più volte vedere, et hora la conserva il Tenente Gioseppe Cacciatelli. Dalli rovinosi edificij, ch'in detto luogo si scorgono, si possono sperare alla giornata altre belle memorie. Nella Chiesa di S. Lorenzo nel pavimento poco distante dall'Altare Maggiore vi stà la seguente memoria sepolcrale in marmo, per la quale si scorge qualche scintilla della nostra Fameglia Ottavia.

.... L. VRBANA........

Q. AMMIO Q. L. OPTATO

VIRO SVO

C. OCTAVIO SPE ANTIATI F.

OCTAVIÆ L. FORTVNATA

SIBI POSTERISQVE SVIS.


Nella Chiesa della Madonna della Neve sotto l'Altare si ritrova la seguente memoria in marmo molto bella, per essere intiera e compita

M. QVUINTILIVS

PHOEBVS

{{Centrato|{{larger| [p. 102 modifica]PRO TESTAMENTO}}}}

FIERI IVSSIT

SIBI ET

QVINTILIÆ DANAI

VXORI SVÆ BENE DE SE

MERITÆ ET

QVINTILIÆ PROBÆ

FILIÆ

QVÆ VIXIT ANNIS X

ET POSTERIS QVO

QVE SVIS

EIVS MONVMENTI IVRIS

ESSE PERMISIT


In alcune rovine della Chiesa di S. Lucia fù ritrovata la seguente memoria sepolcrale, intagliata in Marmo finissimo, ma spezzato, come si vede.

D.

CLAVDIÆ S. ...

QVÆ VIXIT A. ...

AVRELIÆ RVF. ...

KARISSIMÆ ...

ANN. XXV. M. ...

SATVRNI ...

MERENTI ...

QVE SVE ...

ERTABUS ...


Nella Chiesa di S.Giovanni vi stà una Cassetta Sepolcrale di marmo con la seguente memoria.

DIS MANIBVS

ÆMILIÆ

SECVNDÆ


Nella Villa d'Eleuterio Toruzzi, nel luogo detto li Prati delle Questioni (cosi chiamato, perche essendovi un luogo in forma di Circo, non sò se dalla natura, ò pure [p. 103 modifica]dall'arte; alcuni si persuadono, ch'ivi si facessero li duelli, e terminassero le contese, e questioni con l'armi ne' passati tempi) v'è una Cassa sepolcrale di marmo intagliata à mezzo rilievo, longa palmi sette, et alta tre, con le seguenti parole intagliate in un tondo sostenuto da due Amorini.

CLODIA LVPER

CILLA IN PACE

BENE DORMITQVE

VIXIT ANNIS XXVIII

M. VIII DIES VIII MECVM

ANN. VIII M. VIII D. XVIIII

AVR. TIMOTHEVS

COIVG. B.M.


Vi sono ancora altre Urne sepolcrali con teste proportionatamente grandi, ma sono spezzate, esenza inscrittioni, come parimente molte Colonne di marmo abbruggiate, e pezzi di Profido fino, che dimostrano la magnificenza del luogo, quale per le molte ceneri ritrovate, quasi in tutto il sito, dà inditio d'essere stato soggetto à lacrimoso incendio.

In casa del Cap. Sisto Gregna vi stà un grosso frammento di Colonna, nella quale si veggono intagliate molte parole, ma tanto corrose, e consumate, che non si possono leggere, ma solamente queste tre non continuate hò potuto capire, MARCELLI. GENIVM. VALERII. Vi stà ancora una Colonna piccola, che serve per piede d'un Tavolino di pietra, nella quale stà intagliata la seguente memoria.

M OTASIVS

FIRMVS MARVS

CORNELIVS MARI F.

CIV. COSSINVS

PRÆFECTVS FABRVM

TRIBVUNVS MILITVM

LEG. XIIII GEMINVI CIRIC.

CVRATOR LVSVS IVVEN.

IIVIR. PATRONVS COLON.

FORTVNIS ANTIATIBVS

D. D.

[p. 104 modifica] In casa del Cavalier Teocrito Micheletti vi stà la seguente memoria

VARRONIVS NICIA ......

MAG. QVINQV. CONLEG. FAB ......

TIGNVARIORVM LVST. ......

VIXIT ANN. XCIII. ......


In casa del Dottor Giacinto Basso vi stà una Cassetta sepolcrale con le seguenti parole.

GELLIÆ

QVINTÆ

PIÆ


Nel Colle Martio accennato di sopra, vi sono state ritrovate da' nostri Velletrani bellissime Antichità di Medaglie, e Marmi, e particolarmente una Pietra grande con le seguenti Lettere, Q. POM. MVS. CONS. cioè Quinto Pomponio Musæ Consuli. Forse questo Pomponio è quel Poeta così famoso celebrato da C. Plinio Seniore, di cui descrisse la vita in due Libri, come Plinio Secondo significa à Marco, e lo chiama Poeta Consolare. Questo Pomponio (come vogliono alcuni osservatori di tempi antichi) fù Console, non per elettione, e suffragij, ma per sostitutione, stante la mancanza di Collega, e per breve tempo; fù però persona degna, et illustre; e di lui il Totti1 registra una bella Medaglia con una delle Muse con la Cetra in mano.

Nell'Arboreto della Fameglia Bonese, sei Anni sono, fù ritrovata una Cassa lunga, bella di marmo fino, di basso rilievo, ma consumata dalla terra, e dal tempo, dentro della quale furono ritrovate l'ossa di Giulia figliola del nostro Ottaviano, v'era la testa intiera, che fù fatta riconoscere da Medici peritissimi, e da Professori d'antichità, e fù stimata di bellissima, e grandissima Donna, di statura di nove palmi, argomentata dalla simmetria dell'ossa; v'erano alcune piccole inscrittioni in terra cotta, che manifestavano Giulia Augusta, Gneo Domitio, e Tallo. Da alcuni si tiene, che questa famosa Donna, essendo stata discacciata dal Padre, fosse relegata in lontane parti, ma da questa antichità si cava, che doppo haver ella girato un pezzo il Mondo, [p. 105 modifica]alla fine, morto il Padre, e forse anco prima, palesemente, ò di nascosto, si riducesse alla stanza paterna, finì li suoi giorni, e da' suoi più cari, che la servivano, e seguivano, benche fuggitiva, con pochissima pompa funerale, non già in Piramide, ò Mausoleo, come si conveniva alla sua nobiltà, ma in una semplice Cassa marmorea sepelita fosse2.

L'Anno passato vicino al Colle Ottone, dove come s'è detto, era la Villa d'Ottone Imperatore, Proprietà di Frà Girolamo Toruzzi Cavalier di Malta, vicina all'antica Strada Romana, e dalla Città un miglio, e poco più distante, fù ritrovata un Urna sepolcrale, delle più belle, et antiche memorie, che forse si possino vedere à tempi nostri. Perche per le cose ivi ritrovate si scuopre uno de' Sacrificij humani fatti dalla cieca Gentilità à falsi Dei. In tutte le parti del mondo, in ogni tempo, e da qualsivoglia Natione si sono fatti Sacrificij cruenti, et abhominevoli à Numi fallaci, à Demonij; e la Divina scrittura l'autentica, mentre per bocca del Salmista dice, Imolaverunt filios suos, et filias suas Dæmoniis. Chi sia stato l'inventore di tanta crudeltà, io non hò potuto ritrovarlo prima di Fauno, ch'essendo Rè del Latio, istituì tali Sacrificij, e per dire meglio, Sacrilegij, in honore di Saturno suo Avo, così riferisce il Vives, Tum etiam ante Herculem, homo Saturno imolabatur, quod sacrum Faunus instituit Avo Suo Saturno; lo disse ancora Lattantio, Ante Pompilium Faunus in Latio, qui et Saturno nefaria Sacra constituit, et Picum Pater inter Deos honoravit. E perciò il Nauclero scrisse, Saturnus in Latio eodem genere Sacrificii cultus est humano sanguine. E prima di loro lo scrisse Dionisio, dicendo, Fertur etiam Veteres Saturnum placare solitos humanis victimis. Anzi narra, che tanta crudeltà fosse tolta via da Hercole, che non potendo sopportar Vittime cosi horrende, ordinò un'Altare nel Monte Saturnio, hoggi Capitolio, et in vece di Sacrificij humani, facesse preparare trenta Statue, ò Simulacri humani, chiamati Argei, e li facesse gettare nel Tevere, Herculem verò, ut aboleret hunc morem Sacrorum, et Aram fundasse in Colle Saturnio, etc. Simulacra hominum triginta numero de sacro Ponte mittunt in Tyberim fluvium, quæ Argeos nominant. Pescennio Festo [p. 106 modifica]narra, che anco li Cartaginesi sacrificavano à Saturno vittime, Cartaginenses Saturno humanam hostiam solitos immolare. Lo disse Dionisio pure, aggiungendo, che anco li Francesi, et alcun'altre Genti Occidentali facevano il medesimo, Sicut Cartaginenses, dum stetit eorum Urbs, et apud Gallos idem fit nunc quoquè, aliasq. Gentes Occidenti proximas. Il Vives nel citato luogo racconta, che anco dà Popoli Latini si facevano à Giove Sacrificij essecrandi di Vittime humane, quali durarono sin'al tempo di Lattantio Firmiano, Iuppiter Latialis colebatur sanguine humano tempore Lactantii. Il Vergilij scrive, che li Germani facevano gl'istessi Sacrificij à Mercurio, Germani itidem Mercurio certis diebus, humanis litare hostiis fas habebant. E li Sanniti Popoli vicini l'istesso facevano ad Apolline, dice Sesto Pompeo; onde dovemo dire quello, che lasciò scritto Tertulliano, Sed enim Scitharum Dianam, aut Gallorum Mercurium, aut Afrorum Saturnum, hominum victima placari apud sæculum licuit. Questi horrendi Sacrificij (oltre quello, che s'è detto d'Hercole) furono prohibiti, come à Teodoro Cirenense piace, da Tiberio Cesare, ò da Claudio Imperatore, dice Svetonio, e prima di loro dal nostro Augusto, ma però solamente de' Cittadini (e forse doppo il Sacrificio fatto de' Perugini) finalmente cessarono culti cosi crudeli al tempo d'Adriano imperatore.

Le caggioni per le quali si movevano quelli stolti à sacrificare carne humana, erano li flagelli di Peste, ch'oltre alle Guerre tormentavano le Città, ò le Nationi, cosi afferma Sesto Pompeo, Eusebio, et altri. Et il Sacrificio, ò Vittima esser doveva di Giovenetti principali, e trà figli, de' più cari, et amati, cosi riferisce Orosio, dicendo, Sed cum inter cætera mala etiam Peste laborarent, homicidiis pro remediis usi sunt, quippè homines, ut victimas imolabant, ætatemque impuberem, quæ etiam hostium misericordiam provocaret, aris admonebant. Et Eusebio dice, Phœnices bellorum, aut pestilentiæ calamitatibus, amicissimos Saturno solebant imolare. E se creder vogliamo al Vergilij, il Capo, et il Principe della Città, e della Natione offeriva, e sacrificava con le sue mani il più caro, et amato figlio, tanto scrive per parere di Filone Istorico, Priscis morem [p. 107 modifica]fuisse tradit, ut in magnis periculis Princeps dilectissimum ex liberis ulciscenti Dæmoni, quasi redemptionis præmium traderet, et sic traditum iugularet. Narra Sesto Pompeo, che Metio Prencipe de' Sanniti disse, d'haver veduto Apolline, che comandava, se le sue Genti volevano liberarsi dalla Peste, che dovessero fargli Sacrificij humani; e perche non intesero bene il detto del falso Nume, ch'era, Vt Ver Sacrum voverent, cioè, quæqunquè Vere proximo nata essent; benche facessero il voto, et osservassero la promessa, in capo dell'Anno ritornò la Peste, e fatto di nuovo ricorso al bugiardo Apolline, rispose, che ciò gl'era avvenuto, perche non havevano sacrificate Vittime humane, Rursus itaquè consultus Apollo, respondit non esse persolutum ab iis votum, quod homines imolati non essent. Gerolamo Colonna saggiamente nota, che nel nostro Latio habbia havuto principio questa crudeltà, dicendo, Traditum quidem est immania huiusmodi in Latio sacra ex Dodonæi Apollinis responso reddito, initium habuisse, e lo deduce da Ennio in quel verso,

Ille suos Deiis mos sacrificare puellos.

E nel Consolato LXII. essendo Consoli Marco Manilio, e Quinto Solpitio, per la medesima caggione di Peste si fece voto in Roma di fare un Tempio ad Appolline, qual fù poi dedicato da Caio Giulio Console, Aedes Apollini pro valetudine Populi vota est, etc. C. Iulius Consul Aedem Apollinis, absente Collega, sine sorte dedicavit, così registra Livio.

Per ritornare all'intento nostro, è da sapere, che quest'Urna è di Porfido rosso finissimo, alta poco meno di due palmi, d'un palmo quasi di larghezza, di forma colonnare, sottilmente lavorata, e con tanta maestria, ch'apporta maraviglia à chi la mira; ha un cordoncino ne gl'estremi, con il coperchio, e suo pometto, ch'incastra à pennello; lavoro per certo di tanta finezza, ch'il nostro Cittadino Silvio Calice nuovo inventore di simile artificio, e persona rara nel nostro Secolo, stima che quest'Urna non habbi prezzo, sicome non hà pare. Dentro vi erano carboni, ceneri, et ossa, non ancora totalmente consumate. Ed io hò tenuto nelle mani di quelle una mascella con denti piccoli, che dimostrano [p. 108 modifica]li pochi anni del Fanciullo sacrificato. Fuora del Vaso stavano due Ampolline dette Lagrimarole, di vetro, piene di sangue corrotto, e quasi impetrito (direi sia del sangue dell'istesso sacrificato Fanciullo). Furono ancora ritrovati dentro dell'Urna due Anelli d'oro finissimo, uno ben grosso di valore di sedici Scudi in circa, con una pietra detta Corniola, nella quale stà intagliato Appolline in piedi appoggiato ad una Colonna con la Cetra in mano. L'altro più piccolo, di valore di tre Scudi in circa, col rilievo della testa del Fanciullo sacrificato, con ricci, che dimostra esser stato di nobilissima Stirpe. E questo Vaso con tutte le suddette cose, stava sopra una Pietra, nella quale si leggono intagliate queste due parole, APOLLINI SACRUM, segno evidentissimo, che questo sia stato un Sacrificio fatto ad Appolline. Vi è stata in oltre ritrovata una Lucerna di terra, con lettere, che dicono COMMVNIS, che qualche significato in se racchiudono. Io non voglio stare à speculare il tempo di questo essecrando Sacrificio, perche la mia professione è di Religioso, e non d'Antiquario; mi persuado nulladimeno, che questo Fanciullo fosse figliolo d'Attio Tullo, di cui s'è fatta mentione di sopra, e che nel Cons. XVII An. CCLII. doppo la fondatione di Roma, quando per tutte le Città, e Terre de' Volsci, e particolarmente in Velletri, fù una crudelissima Peste, fosse dal proprio Padre sacrificato. E chi ben considerasse quel tanto, che dice Dionisio intorno al luogo dove morì Attio Tullo, et il luogo, dove è stato ritrovato questo Sacrificio cruento, direbbe di sicuro, che nell'istesso luogo il Padre restò da' Romani ucciso (almeno non molto distante) dove tre anni avanti sacrificato haveva il proprio figlio per salute del suo Regno, della Natione Volsca, e di questa Città Principale trà l'altre; come dimostra quella parola COMMVNIS, nell'accennata Lucerna, ma in ciò mi riportò à maggior chiarezza. L'Urna la conserva trà le sue cose più care il suddetto Cavaliere, con altri frammenti di detta antichità, e gl'Anelli con l'Ampolline, si ritrovano appresso Filippo Filippi.

Un'altr'Urna sepolcrale di Marmo bianco come Alabastro, per esser trasparente, alta poco meno di tre palmi, col suo [p. 109 modifica]coperchio, che se bene è consumata dal tempo, nulladimeno dimostra essere stata piena delle Ceneri di qualche Personaggio principale, et illustre. Questo vaso è stato ritrovato nella falda della Faggiola, vicino ad una fonte detta Acqua Lucia, et hora la conserva Camillo Attiverij.

Nella Contrada, chiamata li Gionci (Forse, per esser nome corrotto, de' Giunij, antica Fameglia Romana) furono ritrovate due Teste, una di Bacco, et l'altra di Sileno con la seguente Memoria in Marmo, ma mezza consumata.

...................

GEMINVS ......

PRÆTORQ. III

.. SVCCE ......

.. ANTONI .....

..................

ÆDES FORTUNÆ


e si ritrova appresso Eleuterio Toruzzi. Da questa memoria io faccio chiaro argomento, ch'in Velletri ancora fosse il Tempio della Fortuna, del quale non hò fatta mentione nel proprio luogo, come dovevo, per haver hauta tardi nelle mani la presente inscrittione. Altri Frammenti di vera antichità il nostro Territorio contiene in se racchiusi, e sepolti, ch'uscendo fuora (piacendo à Dio) alla vista humana, si potranno da più diligente Cittadino far palesi al Mondo con altro più degno Volume, come devo sperare dalla vivacità degl'ingegni de' nostri Cittadini Velletrani.

Note

  1. Pompilio Totti (1591 - 1639), figura di intellettuale versatile, fu editore, incisore ed antiquario, autore tra le altre opere del trattato Ritratto di Roma antica (1627) a cui si riferisce il Teoli.
  2. La figura di Giulia Maggiore, figlia naturale di Ottaviano Augusto e della sua seconda moglie Scribonia, fu quella di una donna vittima indirettamente della carriera politica del padre. Costretta ad unirsi in matrimonio prima con suo cugino Marco Claudio Marcello, poi con Marco Vipsanio Agrippa, generale romano alleato di Ottaviano, ed infine con Tiberio Claudio Nerone, futuro imperatore. Accusata nel 2 a.C. dallo stesso Ottaviano di aver complottato contro di lui, il suo matrimonio con Tiberio fu dichiarato nullo e Giulia costretta in esilio nell'isola di Ventotene. Cinque anni dopo le venne concesso di fare ritorno sulla terraferma, forse a Reggio Calabria, ma quando nel 14 d. C. Tiberio divenne imperatore ordinò che le venissero confiscati tutti i beni e le rendite, costringendola letteralmente alla fame ed alla povertà, ed infine alla morte.