Supplemento alla Storia d'Italia/CXVIII

CXVIII - Bonaparte insinua all’Ambasciatore della Repubblica francese in Roma la condotta che dovrà tenere colla corte di Roma, e con quella di Napoli

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CXVIII - Bonaparte insinua all’Ambasciatore della Repubblica francese in Roma la condotta che dovrà tenere colla corte di Roma, e con quella di Napoli
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Passeriano, 8 vendemmiale anno 6 (29 Settembre 1797)


CXVIII - All’Ambasciadore della Repubblica Francese a Roma.


Ricevo, cittadino Ambasciadore, la vostra lettera del 18 vendemmiale. Intimerete all’istante alla Corte di Roma, che se il General Provera non è mandato via subito da Roma, la Repubblica francese riguarderà ciò dalla parte di Sua Santità come un principio di ostilità. Fate sentire quanto sia indecente, quando la sorte di Roma è dipesa da noi, e la sua esistenza non è dovuta che alla nostra generosità, di veder il Papa ricominciar di nuovo degl’intrighi, e mostrarsi sotto colori, che non possono esser grati alla Repubblica francese. Dite pure nelle vostre conversazioni con il Segretario di Stato, e se bisogna, anche nella vostra nota: «la Repubblica francese è stata generosa a Tolentino, essa non lo sarà [p. 242 modifica]più se le circostanze ricominciassero». Io fo rinforzare il presidio di Ancona con un battaglione di Polacchi. La squadra dell’Ammiraglio Brueys mi è responsabile della condotta della Corte di Napoli. Voi non dovete avere alcuna specie d’inquietudine, o se essa opera, io distruggerò il suo commercio con la squadra dell’Ammiraglio Brueys, e quando le circostanze lo permetteranno, farò avanzar una colonna per dar loro una risposta. Fra un’ora io vedrò il M. Gallo, e mi spiegherò con lui in termini così forti, che i signori Napoletani non avranno la volontà di far marciare le truppe sopra Roma.

Finalmente, se non vi è ancora verun cambiamento in Roma, non soffrite, che un Generale così conosciuto come Provera, prenda il comando delle truppe di Roma. L’intenzione del Direttorio esecutivo, non è di lasciar ricominciare i piccoli intrighi de’ principi d’Italia. Per me, che conosco bene gl’Italiani, attacco la più grande importanza a non permettere che le truppe romane sieno comandate da un Generale austriaco. Nella circostanza dovete dire al Segretario di Stato: «La Repubblica francese continuando ad aver sentimenti dì benevolenza per il Papa, era forse sul punto di restituirgli Ancona: voi guastate tutti i vostri affari, e ne sarete responsabile. Le provincie di Macerata e il ducato di Urbino si rivolteranno; voi domandarete il soccorso dei Francesi, ed essi non vi risponderanno.» Effettivamente, piuttosto che dar tempo alla Corte di Roma di ordire nuove trame, io son deciso a prevenirla. In fine esigete non solo che M. Provera non sia Generale delle truppe romane, ma che fra ventiquattr’ore si trovi fuor di Roma. Sviluppate un gran carattere: solamente con la più grande fermezza, con la più energica espressione nelle vostre parole voi vi farete rispettare da cotesta gente: timidi quando loro si mostran i denti; son fieri, quando si han per essi troppi riguardi.

Dite pubblicamente in Roma, che se M. Provera è stato due volte mio prigioniero di guerra in questa campagna, non tarderà ad esserlo una terza volta: se egli venisse a vedervi, ricusatevi di riceverlo. Io conosco bene la Corte di Roma, e ciò solo basterà a smarrirla, se [p. 243 modifica]sarà fatto con destrezza. L’Ajutante di Campo che vi porterà questa lettera ha ordine di continuare la sua corsa sino a Napoli per vedere il cittadino Canclaux; egli si assicurerà da sè stesso de’ movimenti delle truppe napolitane, ai quali non posso credere, quantunque io mi avvegga che da qualche tempo vi ha una specie di coalizione tra le Corti di Napoli, di Roma, ed anche quella di Firenze. Se lo giudicate a proposito, il mio Ajutante di Campo presenterà una lettera, che troverete qui annessa, al Segretario di Stato, e gli dirà con un tuono degno de’ vincitori d’Italia, che se fra ventiquattr’ore M. Provera non uscirà di Roma, essi ci obbligheranno ad una visita.

Se il Papa fosse morto, dovete fare tutto il possibile perchè non se ne nomini un altro, e per fare scoppiare una rivoluzione. Il Re di Napoli non farà veruna mossa: muovendosi dopo fatta la rivoluzione, voi dichiarerete al Re di Napoli all’istante stesso in cui passerà i confini, che il Popolo romano è sotto la protezione della Repubblica francese; indi recandovi in persona presso il governo napolitano, gli direte, che la Repubblica francese non ha difficoltà di cominciare una negoziazione con la Corte di Napoli su le differenti domande ch’essa ha fatte, e specialmente su di quella fatta a Parigi da M. Balbo, ed a me dal M. di Gallo, ma è indispensabile ch’essa non prenda le armi, perchè la Repubblica francese riguarda ciò come un’ostilità. In fine, farete uso in questo doppio senso, di molta fierezza esteriore, affinchè il Re di Napoli non entri in Roma, e di molta destrezza per fargli capire che ciò è del suo interesse; e se il Re di Napoli malgrado tutto quello che potreste fare, ciò che io non saprei immaginare, entrasse in Roma, voi dovrete continuare a restarvi, e affettare di non riconoscere in alcun modo l’autorità che vi eserciterebbe il Re di Napoli; proteggere il Popolo romano, e far pubblicamente le funzioni di suo avvocato, ma di un avvocato tale che convenga ad un rappresentante della prima nazione del mondo. Voi immaginerete, senza dubbio, che io prenderò ben presto in tal caso le misure che sarebbero necessarie per mettervi in istato di sostenere la [p. 244 modifica]dichiarazione che avrete fatta, di opporvi all’invasione del Re di Napoli.