Sulla formazione terziaria nella zona solfifera della Sicilia/Conclusioni

Prefazione

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Capitolo V
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CONCLUSIONI.




Affinchè sia facile il determinare l’importanza e la natura delle correzioni e delle aggiunte recate alla Memoria con questa Appendice, si ripeteranno quivi letteralmente le conclusioni esposte sulla fine della Memoria suddetta, come il riassunto generale della storia o della genesi della formazione terziaria della Sicilia, introducendovi solo quelle modificazioni che sono il risultato delle sovraesposte considerazioni.

1° Le arenarie, le argille e marne ferruginose, gessose, bituminose e salifere comprese tra l’alberese ed i conglomerati del miocene debbono considerarsi come una sola formazione prodotta in parte per via meccanica, in parte per via chimica dall’evaporazione successiva delle acque marine. Questa formazione considerata nella Memoria come il miocene inferiore, con maggiore probabilità si deve considerare come eocene superiore. Essa è dovuta alle grandi dislocazioni terrestri ed alle grandi modificazioni nel movimento di oscillazione del suolo che separarono profondamente la formazione terziaria dalla formazione secondaria, come le cause che separarono il terreno di transizione dal terreno secondario diedero origine alla formazione di colossali depositi analoghi nel Trias.

I giacimenti di salgemma della Sicilia e probabilissimamente quelli di Lungro in Calabria, di Volterra in Toscana, di Salsomaggiore nel Parmigiano o costituiscono la parte più elevata di questo terreno, ovvero provengono dalla soluzione per mezzo delle acque piovane del cloruro di sodio esistente nella formazione suddetta, e dalla successiva evaporazione di queste acque in laghi nei quali esse venivano a riunirsi.

2° I depositi di zolfo debbono la loro prima origine alla riduzione del solfato di calce per mezzo delle sostanze organiche. Se la riduzione ha luogo in presenza dell’acqua si forma acido solfidrico, acido carbonico e carbonato di calce, i quali elementi, se l’acqua è in quantità sufficiente, passano totalmente in soluzione formando sorgenti solfuree. Queste acque in presenza dell’atmosfera, se l’acido solfidrico non si disperde allo stato di gaz, producono un deposito in cui lo zolfo ed il calcare stanno fra loro come i loro chimici equivalenti, e quindi nel rapporto di 24 a 76. Se l’acido solfidrico si disperde nell’atmosfera, il calcare resta povero o privo di zolfo. Se la riduzione dei solfati ha luogo senza la presenza dell’acqua, i solfuri restano indecomposti e si sviluppa una gran quantità di acido carbonico il quale, scomponendo in presenza dell’acqua [p. 70 modifica]i silicati coi quali trovasi in contatto, rende libera una certa quantità di silice che può essere segregata da infusorii e formare così un deposito di tripoli. Il monosolfuro di calcio venendo più tardi in soluzione nelle acque dei laghi, genera in presenza dell’ossigeno e dell’acido carbonico atmosferico un minerale di zolfo il quale, se non è unito a materie estranee, deve altresì presentare in media una ricchezza del 24 per %.

Il minerale di zolfo pare che si debba attribuire in parte alle sorgenti contenenti in soluzione bicarbonato di calce ed acido solfidrico, in parte alle sorgenti di monosolfuro di calcio. Alcune di queste sorgenti assunsero il carattere di maccalube, e presentarono gli stessi fenomeni che queste presentano allorquando le loro emanazioni sono accompagnate dall’acido solfidrico: altre sorgenti invece furono in tutto analoghe a quelle dei Bagni Saraceni presso Villafrati e di San Calogero presso Sciacca.

Il minerale, allorchè si trovò in presenza degli agenti atmosferici, passò allo stato di briscale o di solfato di calce. Dalla potenza, dalla struttura, dalla pufezza del briscale si può quindi argomentare alla potenza, alla natura ed alla ricchezza del minerale. I gessi dell’epoca solfifera provengono in parte dal solfato di calce contenuto in soluzione nelle acque delle sorgenti solfuree, in parte dall’ossidazione dello zolfo in presenza del calcare e degli agenti atmosferici, come il briscale. Una parte notevolissima del minerale di zolfo ritornò quindi nell’epoca solfifera e nelle epoche posteriori al suo stato primitivo di solfato di calce. La quantità di zolfo salvata da questa ossidazione rappresenta probabilmente nemmeno un 1/5 della quantità che allo stato di monosolfuro o di acido solfidrico fu portata dalle sorgenti in soluzione nei laghi miocenici.

La quantità di zolfo esistente attualmente in Sicilia si può calcolare in 260 milioni di quintali metrici, tenuto calcolo delle solfare che si potranno probabilmente ancora scoprire.

La formazione inferiormente allo zolfo di banchi potenti di tripoli è dovuta alla presenza nei laghi miocenici di una grande quantità di materie organiche in scomposizione, alla presenza di una grande quantità di silice in uno stato di divisione quasi chimico, proveniente in parte dalle sostanze organiche suddette, in parte dall’azione dell’acido carbonico prodotto dalla scomposizione di queste sostanze sui silicati in presenza dell’acqua, ed infine dalla riidda che si trova in abbondanza nei terreni del miocene inferiore e che ha fornito agli infusorii la massa principale del materiale per la formazione delle loro spoglie.

3° I depositi solfiferi della Sicilia, e probabilissimamente quelli delle Romagne, provengono dalla riduzione dei gessi marini esistenti nel miocene inferiore. Sia nella prima che nella seconda regione, come altresì in altri punti della catena degli Apennini, si debbono quindi distinguere nel terreno terziario due formazioni gessose. La più antica appartiene al miocene inferiore (eocene superiore) ed è originata dall’evaporazione delle acque marine. Questa è associata a molte sostanze organiche, a bitumi, a petrolii, a marne ed argille che ne mascherano quasi completamente l’esistenza. La formazione più recente è lacustre, appartiene al miocene superiore, ed è stata prodotta a spese della formazione precedente.

4° I depositi di scisti bituminosi e di petrolio esistenti nel miocene inferiore, [p. 71 modifica]corrispondono all’infuori della zona solfifera alle sostanze organiche le quali vennero in questa zona consumate dalla natura per la produzione della principale ricchezza mineraria di Italia. Il petrolio, la nafta ed in genere gl’idrocarburi che si trovano in abbondanza nel miocene inferiore (eocene superiore), e specialmente nelle marne gessose-salifere, derivano dalla scomposizione ad una pressione notevole delle alghe e principalmente delle fucoidi, sotto l’influenza dei sali e specialmente dei cloruri che sono forniti dalle acque marine. L’emanazioni dei carburi d’idrogeno e di idrogeno dalle maccalube, non sono che il prodotto della scomposizione della nafta, del petrolio ed in genere delle sostanze organiche sparse nelle marne ed argille del miocene inferiore (eocene superiore), scomposizione che succede ancora attualmente. Allorquando la temperatura del terreno in cui ha sede una maccaluba per l’azione del calore interno della terra viene ad aumentare, le sostanze organiche riducono il solfato di calce con cui sono associate e l’emanazioni d’idrogeno carbonato sono accompagnate da acido solfidrico.

5° La marcassite e la calcopirite che si incontrano in Sicilia nel miocene inferiore, erano originariamente un deposito di ferro e di rame originato dall’evaporazione delle acque marine in cui erano in soluzione. Questo deposito restò associato al solfato di calce, e non di rado a sostanze organiche, le quali, riducendo il solfato suddetto, produssero od acido solfidrico o solfuro di calcio, dalle cui soluzioni e reazioni sul ferro e sul rame provennero le piriti e le calcopiriti.

6° I movimenti, ai quali furono nell’epoca terziaria soggetti i terreni in Sicilia, specialmente nella zona solfifera, non furono movimenti bruschi ma movimenti ài oscillazione del suolo. A partire dalla formazione nummulitica, il suolo venne innalzandosi lentamente, isolando così alcuni tratti o porzioni dell’Oceano. Dopo la deposizione successiva in questi tratti dei vari precipitati chimici originati dall’evaporazione delle acque marine, si produssero rotture e quindi correnti, alle quali si deve attribuire la formazione dei conglomerati e delle arenarie del miocene medio. L’innalzamento del suolo continuava tuttavia se non in tutta almeno nella massima parte della zona occupata dal miocene inferiore (eocene superiore).

L’irregolarità dei movimenti, le piegature diedero origine alla formazione di laghi, nei quali si deposero poscia le rocce dell’epoca solfifera. Il suolo arrivò alla sua massima altezza durante il periodo della formazione del calcare siliceo e del minerale di zolfo. A partire da questo punto il suo movimento da ascendente diventò discendente, e sulla fine del periodo della formazione gessosa il suolo fu di nuovo lentamente invaso dalle acque marine, nelle quali si formò il deposito dei trubi o del calcare marnoso a foraminiferi. Le cause vulcaniche cominciarono allora a manifestarsi in moltissime località coi fenomeni eruttivi in massima parte sottomarini, ai quali sono dovuti i basalti di Cattolica, della provincia di Siracusa, ed i basalti antichi che formano la base dell’Etna, contemporanei tutti delle marne plioceniche ed anche in parte dei tufi calcarei. Lo sfogo delle cause vulcaniche in così grande scala ha modificato il movimento di oscillazione del suolo, rendendola soprattutto meno irregolare.

Il sollevamento successivo del terreno pliocenico in Sicilia, sollevamento il quale continua ancora oggidì come si è potuto verificare sulle coste dell’Isola, è [p. 72 modifica]regolarissimo, e grande è in conseguenza la differenza di configurazione della formazione miocenica e della formazione pliocenica.

La configurazione rotta, contorta e molto irregolare del terreno solfifero devesi attribuire:

1° Alla sua natura lacustre;

2° All’avere essa segnato la massima altezza a cui sia stato sollevato il suolo nel periodo della sua formazione, ed all’avere partecipato a’ suoi movimenti ascendenti e discendenti;

3° All’influenza delle cause vulcaniche nel periodo della sua formazione.