Su e giù sulla piazza di Pescia/Alla macelleria Calamandrei
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Alla Macelleria Calamandrei
— A credenza si vende?
Ripassi dimani (bel mi’ lancione) passerai come i fantoccini su quell’arsigogoli della Germania. Sicuro! Ora vendo un vitello a melavanzerai: son lumi di luna da dare la mercanzia a crai.
— Dunque, Calamandrei, ti stendi.
Quando vado a letto. Bel mi’ cecino, senza lilleri 1 non si lattera.
— Roberto, due chili di porchetta.
La porchetta l’ho tutta terminata, l’ultimo resto l’ha comprata una società per fare una ribotta.
— Ho capito, alcune delle quali, sono come la sacra scrittura, - tutto finiva in cene e desinari. Allora farò uno stacco di carne di bue.
— Roberto.
A uno alla volta per carità.
— È dalla novella aurora che attendo.
Donnina, che fate dei versi? Ancora io son poeta, raspucchio qualche cosa di falegname, anche il legno ha il suo verso?
— 0 io che sono entrata nella macelleria alla prima campana.
— Dia ascolto alla Teresina: venni qui avanti il Diluvio.
E ve ne andrete il Padre Eterno acqua, ed io accidenti!
— Che uomo bisbetico.
Che rompi zebedei!
— 0 macellaro, se non mi servite, servo io voi. Maledette allampanate, tre sorelle, tre cagnacce! Hanno voglia di marito... (son troppo brutte!) non ci dice un cane; spendono qui cinquanta centesimi di lesso e fanno il brodo per tre giorni, la grazia di quella bontà!
— Ma chi sono quelle tre Arpie?
Non saprei, le chiamano le porche e dicono che filano la vita unama. Chi regge la rocca, Cloto, quella che fila, Lachesi, e la terza che taglia lo stame, Atropo.
— Roberto, io non vi prego, ma se mi fate aspettare ancora,vi mando a quel paese! Non sapete che’ la mia padrona è un emolo, non si contenta mai!
Eccovi servita, e come benino! Come sotto il bel cielo d’Italia, questi sono due franchi di carne? La padrona dirà che facciamo a mezzo. Quando sbilurcerà il bel taglio, resterà sorpresa della buona spesa e dirà: «che galantuomo è quel macellaro». Figuriamoci! presi tutti insieme, accidenti al meglio!
— Macellaro tocca a me?
Eh! quanta frétta.
— Voi discorrete bene, perchè nessuno vi riguarda le vostre faccende, a me, quella beerina, sorella del padrone, ha un diavol per capello e le dispiace di andare all’altro mondo, col nulla osta matrimonio e canta sempre quell’arietta del Barbiere di Siviglia....
Una smania un pizzicore
poverina anch'io lo sento.
— Rosina, o tu non dici nulla?
Attendo il comando del Signor Roberto: sto a vedere un altro poco, e se mi sfrulla, vado a fare la spesa alla macelleria Papini, tanto più mi garbucchia quel giovane (non per me) ma per mia figlia, che c’è tanto innamorata. Ehi! Signor macellaro a che gioco si gioca?
— Son da voi.
Se si desta la padrona e non son tornata da far la spesa, (quella caca rabbia) subissa il mondo! A far toilette ci mette un’eternità e per me son tre ore d’agonia! Se quel muso sudicio di sua figlia si mamaritasse, povero sposo! ha idee grandi e borsa da cappuccini! Quel povero marito inciderebbe sulla scatola del tabacco: Mi pento e mi dolgo del santo matrimonio. G’è quei povero suo padre è sempre pensieroso per quella figlia, ed essa è tutta nastri e trine e poco è propensa per il suo babbo quasi cieco. L’altro giorno lo visitò il dottore e gli disse: Adesso ci vedete meglio?
— 0 vendi ciccia morta?
Donnina, non siate tanto inquieta, a una alla volta vi servo tutte.
— Ma è due ore.
Che brontolate; non avete da rifasciare la creatura.
— Non ci mancherebbe altro! E quel brontolone di mio marito che non intende ragione.
Il santo matrimonio dovrebbe essere a nodo scorsoio e non una cavezza al collo: omini.... omini.... la vostra divisa è la parola canaglia! Lo sapete donnine l’ultimo bollettino sanitario?
(Tutte in coro) No! Calamità a cascare!
Un vecchio cuoco prende la parola: sentiamo quale disgrazia funesta il nostro paese!
Il colera a Livorno! Le mortalità portan sempre disgrazie specialmente per i poveri becchini! e anche i buonomini (come i monatti della peste di Milano) ne vanno al disotto!
Cosa desidera il Signore.
— Una coda di bue. Ce l'ho, ma è molto stantia, si figuri, è del 27 Aprile del 1859. Coincide colla scappata del granduca Leopoldo II. (Re di Toscana). Capirà, siamo agli sgoccioli.
— Tenti se può raccapezzarle da qualche codino.
E allora un filetto?
— Non la posso servire ; se desidera una dama, (?) la scelga fra queste carcasse di vecchie.
— O cosino, la lingua al posto, o facciamo la comune di Parigi.
Musi di befane!
— Bellino lui!
Note
- ↑ Senza danari non dò merce.