Stratagemmi/30
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Temistocle
O diva Salamina, perderai
Ancora tu i figliuoli delle donne1.
Laonde veggendo Temistocle, che gli Ateniesi s’erano impauriti per l'oracolo, diceva ch'egli non era altrimenti detto per loro, ma che faceva contro i nemici. Perciocchè l'oracolo non avrebbe chiamata divina la città di Salamina, s'ella fisse stata per dover far capitar male i figliuoli de’ Greci. Allora gli Ateniesi, ciò sentendo, si rincorarono grandemente. E mentre che essi richiedevano che dovesse loro essere spianato quest’oracolo
Giove diede ad Atene le muraglie
Di legno.
Gli altri Ateniesi dicevano, che si dovesse fortificar la rocca; mai nò; disse Temistocle, anzi si debbono apprestare le galee, e perciò armarle: conciossiachè quelle sono i muri di legname degli Ateniesi. Il che sentendo eglino gli acconsentirono, e però montati sulle galee fecero la battaglia navale, ed ebbero la vittoria.
Aveva Temistocle disposto certe navi intorno a Salamina, ed i Greci secondo che pareva loro, se ne volevano fuggire. Ma egli sì gli prese a dire, che si doveva per ogni modo far la battaglia navale in quello stretto. Ma non potendo egli persuadere, che si stessero; di notte mandò al re di Persia certo suo pedante di due figliuolini, che per nome si chiamava Sicinno2, il quale fingendo benevolenza verso di lui, lo informasse come i Greci se ne volevano fuggire: ma, diss’egli, tu combatti con le navi. Come il re ebbe inteso questo, così mise in ordine la battaglia navale, e raunò strettamente gran moltitudine di navi nello stretto del mare. Nondimeno i Greci combattendo; tra per la saviezza, tra per l’astuzia del capitano loro ottennero la vittoria. La quale tostochè da loro fu acquistata, determinarono di navigare in Ellesponto, e quivi disfare il ponte, alfine che il re non potesse per alcun modo fuggire3. Ma Temistocle, perciò ch’egli era di contraria opinione, che dove il re venisse intercetto da capo tornerebbe a combattere: siccome colui che sapeva molto bene, come spesse volte si suole acquistar per disperazione, quel che non si può mandare ad effetto per valore, e per fortezza. Mandò dunque egli da capo al re un’altro eunuco per nome Arsace, il quale gli facesse intendere che se egli non si fuggiva con quella prestezza, che per lui si poteva maggiore, il ponte dell’Ellesponto era per dover essere affatto rovinato. Il re tutto impaurito, prevenuto l’esercito de’ Greci, passò il ponte, e con salvezza di lui, e di tutti i suoi se ne fuggì. E così Temistocle conservò la vittoria a Greci senza pericolo alcuno.
Avevano molto a sdegno i Lacedemoni. che gli Ateniesi tirassero innanzi le mura della città loro. Il che risapendo Temistocle, gl’ingannò di questa maniera. Egli giunto che fu in Lacedemonia come ambasciatore degli Ateniesi, negò che la cosa non era così, giurando che le mura non si tiravano altrimenti innanzi. Che s’eglino non glielo volevano credere mandassero uomini di singolar fede i quali spiassero, e vedessero come la cosa seguiva. I Lacedemoni avendo sentita l’ambasciata di Temistocle, fecero com’egli aveva lor detto. Ma egli per mezzo di un mandato secreto comandò agli Ateniesi, ch’egli dovessero ritenere le spie appresso di loro infino che avessero finito le mura, le quali finite che fossero, non gli lasciassero altrimenti, s’egli non ritornava prima. Le quali cose tutte furono fatte com’egli impose agli Ateniesi. Perché le mura furono tirate innanzi, e Temistocle ritornò, e le spie furono lasciate, e perciò la città d’Atene fu rifrancata ancorachè i Lacedemoni non volessero. Volevano gli Ateniesi, che per reggere la guerra, la quale si faceva contro gli Egineti, le entrate si pigliassero dalle miniere dell’argento4, che rendevano allo stato annui cento talenti. Temistocle vi si oppose, e persuase in vece a distribuire la mentovata somma in parti eguali a cento uomini ricchissimi della città a condizione però che se l’impiego da loro fattone non ottenesse la comune approvazione si terrebbero obbligati di risarcirne il pubblico errario. Piacque questo partito a quei cento uomini scelti a tal uopo, de’ quali ciascuno mise in punto una galea con quella diligenza, prestezzar, e bellezza, che per loro si poté più. Perché veggendo gli Ateniesi, come egli si era messa in punto l’armata nuova, si rallegrarono forte, della quale non pure si valsero contro gli Egineti, ma eziandio contro li Persiani. Gli Ionii avevano già fatta la lega con Serse re di Persia, quando Temistocle ciò risapendo, comandò ai Greci, che dovessero scrivere queste parole nelli muri5=Uomini Ionii voi fate male, siccome coloro, che movete l'armi non solamente contro i vostri maggiori, ma parenti ancora.= Laonde, lette ch’ebbe il re queste parole cominciò avere sospetto degli Ionii.
Temistocle fuggendo l’ira degli Ateniesi, e salito su d’un naviglio imprudentemente fu portato nel mare Ionio. Laonde, poiché cessata fu la tempesta, ed afferrando terra a Nasso, la quale battevano gli Ateniesi, avendo paura scoperse al nocchiero chi egli era; e se non lo servava gli minacciava di renderlo a parte del suo pericolo dicendo agli Ateniesi, che mediante denaro avea cooperato alla sua fuga. Il perché, onde amendue rimaner salvi, non dovesse alcuno uscir della nave. Allora il nocchiero temendo, non lasciò smontare persona in terra, ma incontanente si affrettò di levar le ancore, e uscir del porto.
- ↑ Erodoto lib. I, cap. 141
- ↑ Erodoto lib.8, cap. 75
- ↑ Erodoto lib.8, cap.110. Giustino lib.2, cap.15. Diodoro Siculo lib.11
- ↑ Erodoto, Plutarco, Emilio Prob.
- ↑ Leggasi Giustino, Erodoto, e Plutarco. Tali parole si scrivevano non sulli muri, ma sopra di alquante pietre che dall’alto di essi muri venivano quindi lanciate al basso.