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seguiva. I Lacedemoni avendo sentita l’ambasciata di Temistocle, fecero com’egli aveva lor detto. Ma egli per mezzo di un mandato secreto comandò agli Ateniesi, ch’egli dovessero ritenere le spie appresso di loro infino che avessero finito le mura, le quali finite che fossero, non gli lasciassero altrimenti, s’egli non ritornava prima. Le quali cose tutte furono fatte com’egli impose agli Ateniesi. Perché le mura furono tirate innanzi, e Temistocle ritornò, e le spie furono lasciate, e perciò la città d’Atene fu rifrancata ancorachè i Lacedemoni non volessero. Volevano gli Ateniesi, che per reggere la guerra, la quale si faceva contro gli Egineti, le entrate si pigliassero dalle miniere dell’argento1, che rendevano allo stato annui cento talenti. Temistocle vi si oppose, e persuase in vece a distribuire la mentovata somma in parti eguali a cento uomini ricchissimi della città a condizione però che se l’impiego da loro fattone non ottenesse la comune approvazione si terrebbero obbligati di risarcirne il pubblico errario. Piacque questo partito a quei cento uomini scelti a tal uopo, de’ quali ciascuno mise in punto una galea con quella diligenza, prestezzar, e bellezza, che per loro si poté più. Perché veggendo gli Ateniesi, come egli si era messa in punto l’armata nuova, si rallegrarono forte, della quale non pure si valsero contro gli Egineti, ma eziandio contro li Persiani. Gli Ionii avevano già fatta la lega con Serse re di Persia, quando Temistocle ciò risapendo, comandò ai

  1. Erodoto, Plutarco, Emilio Prob.