Storia segreta/Note/Appendice I

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Procopio di Cesarea - Storia Segreta (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Compagnoni (1828)
Note - Appendice I
Note - Appendice II
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APPENDICE

ALLE NOTE


N° I.

L’imperadore Giustino Augusto
a Demostene prefetto del pretorio.

«Considerando proprio della imperiale benevolenza non tanto l’investigare in ogni tempo i vantaggi de’ sudditi, quanto il procurare sussidio a’ medesimi; noi crediam bene sollevare con competente moderazione anche gli errori delle donne, in forza dei quali per la debolezza del loro sesso sienosi rendute indegne dell’onore della civile convivenza: onde non più tolta ad esse la speranza di miglior condizione, per cura nostra più facilmente ritraggansi dalla imprudente, e meno onesta carriera, che s’abbiano eletta. E di questa maniera crediamo noi imitare, per quanto alla natura nostra è possibile, la benevolenza di Dio, e la sua somma clemenza verso il genere umano, posciachè ai cotidiani peccati degli uomini egli sempre degnasi perdonare, accogliere la nostra penitenza, e piegarla a migliore stato. Il che se per avventura anche noi volessimo differire rispetto ai sudditi nostri, parrebbeci non essere degni di alcun perdono».

«Essendo per tanto ingiusta cosa, che mentre i servi fatti liberi per divina indulgenza possono restituirsi alla condizione in cui nacquero, e del benefizio loro impartito dal Principe godere come se mai non avessero servito, ma fossero sempre stati ingenui, le donne poi, che applicatesi in addietro agli spettacoli [p. 286 modifica]delle scene, abbandonata la mala loro condizione, presero miglior partito, e si sciolsero dalla disonesta professione, non abbiano alcuna speranza di simile benefizio del Principe, per virtù del quale ritornarsi a quello stato, in cui avrebbero potuto starsi, e vivere, se in niuna disonesta maniera avessero peccato; noi perciò colla presente clementissima sanzione questo imperial benefizio ad esse accordiamo sotto tal legge, che se la cattiva e disonesta vita lasciando, una migliore ne abbraccino, e coltivino l’onestà, possano al Nume nostro porgere supplica, onde ottenere i divini riguardi, permettendo noi ad esse di poter contrarre matrimonio legittimo; e che quelli, che ad esse vogliano unirsi, non abbiano a temere che per le antiche leggi un siffatto matrimonio resti riprovato; ma debbano essere sicuri, che si rimarrà valido come se le mogli che scelgonsi, mai non fossero vivute in quella disonesta carriera. E ciò dichiariamo in questa sanzione nostra contemplando tanto il caso di quelli, che sono costituiti in dignità, quanto ogni altro di quelli, ai quali fin’ora fu proibito di prendere in moglie donne state sulle scene. Vogliamo però, che tale matrimonio assolutamente sia comprovato con istromento dotale in iscritto. Per siffatta maniera è mente nostra, che onninamente tolta ogni macchia, e restituite tali donne in certo modo allo stato, in cui erano quando nacquero, nessun nome d’infamia in futuro rimanga loro, nè in alcun punto abbiavi ad essere differenza tra esse e quelle che mai così non peccarono. Perciò i figliuoli da codesti matrimonii nascenti, come d’esse, anche pel padre saranno legittimi, ancorchè egli da matrimonio antecedente n’abbia altri legittimi: sicchè quelli al pari di questi possano senza impedimento veruno avere i beni di lui, sia che manchi intestato, sia che faccia testamento. Se poi tali donne dopo il divino rescritto a preghiere di esse emanato differissero a contrar matrimonio, vogliam pure, e comandiamo, che si serbi loro la estimazione, in cui le abbiamo poste, sì per tutti gli altri rispetti, sì per quello di trasmettere la loro sostanza a chi vorranno, e che quella si riceva nel suo pieno importare nella conformità di quella che da altri sia stata lasciata, [p. 287 modifica]o deferita per successione intestata. Simili inoltre alle donne, che dall’Imperadore hanno ottenuto questo benefizio, vogliamo che sieno quelle ancora, le quali hanno alcuna dignità, ed ancorchè non abbiano ricorso al Serenissimo Principe, ma abbiano prima del matrimonio meritata questa ultronea concessione; giacchè per esse pure onninamente conviene che si abolisca ogn’impedimento, sia da dignità, sia da qualunque macchia derivante, per cui è vietato alle donne il congiungersi legittimamente con certi uomini. A ciò aggiungiamo che le figlie di tali donne, nate dopo che la loro madre rimase purgata dall’antecedente vita, non abbiano da tenersi per figlie di donne state sulle scene, nè soggette alle leggi, per le quali alle figlie di donne state sulle scene è proibito far matrimonio con certi uomini. Se poi codeste figlie fossero nate prima, sarà loro permesso supplicare l’invittissimo Principe, e senza ostacolo ottenere il sacro rescritto, in forza del quale sia loro così permesso di sposarsi, come se non fossero figlie di madre stata sulle scene; nè più l’unirsi a quelle sia vietato a chiunque, a cui il matrimonio è interdetto a titolo di figlia di donna stata sulle scene, o a titolo di propria dignità, o a qualunque altro titolo, semprechè però si facciano anche tra loro gl’istrumenti dotali. Ma di più, se una figlia nata da madre che continuò fino alla morte a star sulle scene, mancata quella di vita, ricorrerà alla Clemenza imperiale, e si farà degna della divina indulgenza, e della liberazione della infamia materna, e della permissione di potersi sposare; questa pure dichiariamo potersi senza timore delle antiche leggi unire in matrimonio con quelli, ai quali in addietro era proibito di prendere in moglie una figlia di donna stata sulle scene. Anzi crediamo doversi togliere anche l’impedimento, che nelle antiche leggi, quantunque oscuramente, è stabilito; cioè che i matrimonii da contrarsi tra persone dispari per onestà, non altrimente vagliano se non furono stipulati con istromenti dotali. Vogliamo adunque che anche senza una tale formalità que’ matrimonii sieno assolutamente fermi, senza alcuna distinzione di persone, purchè le donne sieno libere ed ingenue, nè concorra alcun sospetto di [p. 288 modifica]congiungimenti nefandi od incestuosi. Imperciocchè tali nefandi ed incestuosi congiungimenti in ogni maniera rompiamo, come quelli ancora, che per sanzione delle passate leggi sono proibiti: sempre eccettuati quelli, che colla presente legge permettiamo, e che ordiniamo doversi munire del diritto di matrimonio legittimo».

«Così dunque le prefate cose per questa legge generale stabilite, e che pel tratto successivo debbono conservarsi, ordiniamo, che anche siffatti congiungimenti nel soggetto tempo avvenuti abbiano da giudicarsi secondo la predetta disposizione, di modo che se alcuno dal principio del nostro Imperio, come si è detto, condotta avesse in moglie una tale donna, e ne avesse avuti figli, questi egli s’abbia per giusti e legittimi successori tanto per intestato, quanto per testamento; e che in appresso rimanendo quella sua moglie legittima, legittimi ancora sieno i figli con essa procreati».