Storia di Reggio di Calabria (Spanò Bolani)/Libro secondo/Capo sesto

Libro secondo - Capo sesto

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CAPO SESTO

(Dall’anno 551 all’anno 623.)

I. Dominio de’ Goti. Artabano toglie Reggio dallo loro mani. Narsete in Italia. Morte di Tolìla; e fine del dominio gotico. II. Leutari e Buccellino. Reggio è da Buccellino saccheggiata ed arsa. Sono entrambi sconfitti da’ Bizantini. III. Narsete chiama i Longobardi in Italia. Esarcato di Ravenna. Autari III in Reggio. Dominio de’ Bizantini. Reggio resta in potestà de’ Bizantini. IV. L’Impero d’Oriente è diviso in dodici temi. Nel decimo tema si comprende la Sicilia e Reggio. Giovanni Comsino, duca dì Napoli, occupa Reggio; ma subito n’è cacciato dall’Esarca Eleuterio. V. Floridità di Reggio, e di altre città de’ Bruttii sotto i Bizantini.


I. Dopo la partenza di Belisario l’Italia fu dominata dai Goti dall’un capo all’altro. I tempii distrutti, perseguitati i sacerdoti, rovinate le pubbliche e le private fortune, abbruciati i campi e le città, stracciate le leggi, la santità de’ domestici focolari violata. I preti, i monaci, e moltissima copia d’italiani, che da tanto soqquadro eran fuggiti atterriti a Costantinopoli, non restavano di pregar Giustiniano che vedesse modo e riparo a tanta somma di mali. Di che commosso l’Imperatore, e scongiurato altresì da Cetego Patrizio e da papa Vigilio che a bella posta si era condotto a Costantinopoli, spedì con potenti forze Liberio, per farla finita co’ Goti. Ma questi mostratosi irresoluto e dappoco fu tolto di grado, e messovi Artabano. Allora la guerra d’Italia fu rattizzata con maschio ardimento. Artabano strappò a’ Goti la Sicilia, ripose Reggio ed altre terre de’ Bruttii nel dominio imperiale, racquistò la Lucania (An. di Cr. 551), e via via altre contrade italiche; finchè venuto al sangue presso Ancona [p. 105 modifica]coll’esercito nemico, fece toccargli una compiuta disfatta. E ad aggiunger gagliardia a’ Greci vittoriosi veniva a tempo Narsete da Costantinopoli. Il quale avendo corroborato il suo esercito di una buona mano di Unni da lui vinti, di altra gente raunaticcia, e massime di cinquemila Longobardi, sbarcò a Crotone, da dove si mise nel cuore dell’Italia. Totila uscito di Roma si sollecitò dargli battaglia. Urtaronsi tra Gubbio e Metelica i due nemici eserciti, e con furore e veemenza si combatterono; ma vinsero la giornata i Bizantini (An. di Cr. 552): e Totila, mortalmente trafitto, vomitava poco lungi dal campo la fiera ed indomita anima. Teja che gli tenne il luogo, fu anch’egli battuto, e morto in capo di due mesi sulle sponde del Sarno. E finiva colla sua morte l’impero de’ Goti in Italia. Nella quale ebbero da Narsete origine i Ducati, che poi sotto i Longobardi presero tanta larghezza ed importanza.

II. Que’ Goti che, scampati dalla battaglia del Sarno, eransi in Pavia raggranellati, da ivi fecero istanza a Teobaldo, re dell’Austrasia (cioè de’ Franchi orientali) che volesse mandar sua gente in Italia a soccorrerli. Costui, comechè non abbia voluto scopertamente attaccar brighe con Giustiniano, chiamò però a se di soppiatto due coraggiosi e gagliardi Duchi Leutari e Buccellino, che in quei paesi franchi ed alemanni molto potevano; e loro insinuò di cacciarsi nelle contrade italiane. E di cotesta gente, ch’era tuttavia idolatra, tanta massa fu accolta e sdrucciolata giù dalle Alpi, che i miseri Italiani si videro accoppati da ben ottantamila di quelle più bestie che uomini. I quali forzatosi il passo per la Liguria, da quivi si traforarono sul territorio romano; e furono di breve nel Sannio. Da questa regione fecero la via per due bande; Leutari si sfogò lungo il lido dell’Adriatico per sino ad Otranto; Buccellino, spintosi sulla Campania, e sulla Lucania ed i Bruttii, non si ritenne che a Reggio; e questa città fu da lui posta a sacco ed a fuoco (An. di Cr. 554). Ma Leutari poi, quando baldanzoso di tante prede, ritorcevasi per la via del Piceno alle Alpi, fu pettoreggiato da Artabano, e sconfitto. E Buccellino, che dal suo canto voleva riuscire al medesimo disegno, s’imbattè in Narsete sul Volturno, e fu tagliato a pezzi lui ed i suoi.

III. Per la morte di Giustiniano sedette imperatore Giustino II. e Narsete fu rimosso dal comando d’Italia (An. di Cr. 566). Di che irritato fuormisura contro la Corte bizantina, confortò i Longobardi, popolo bellicoso, a far la conquista del bel paese italiano. Alboino li conduceva, e l’Italia, o poco o niente difesa dagl’imperatori d’Oriente, trovossi abbandonata a se medesima. Non fu quindi molto faticoso a’ Longobardi l’ottenerne il possesso. [p. 106 modifica]

Quando da Costantinopoli veniva in Italia Longino con ampia giurisdizione di darle nuova forma (An. di Cr. 568), egli v’istituiva in Ravenna un Esarca; supremo magistrato, da cui fu fatto dipendere il dominio bizantino in Italia. E ricomponendo altrimenti l’ordinamento civile e militare, sopprimeva gli uffizii de’ Consolari, de’ Correttori, de’ Presidi, e de’ Cancellarii, che fino allora avevano amministrato queste regioni, e vi rizzava i Ducati. Dalle quali mutazioni, che commettevano le principali città a’ Duchi, pessimi sovente, poco tra se concordi, e prepotenti al sommo, s’ingenerò molto malumore negli ordini civili ed infimi del popolo; e fu preparata sordamente la strada al dominio de’ Longobardi. Alla conquista cominciata da Alboino diede compimento Autari III. Il quale, postergate Roma e Ravenna, che non avrebbe potuto espugnare così di leggieri, dispose che le sue truppe facessero massa nel Ducato di Spoleto; donde poi si gittò repentino nel Sannio. Di che i Greci colti alla sprovveduta, restarono così sbigottiti che non posero alcuno impedimento all’impeto del Longobardo. Proseguì allora Autari il suo cammino, ed internatosi nella Lucania, e ne’ Bruttii, sbucò sopra Reggio, e vi entrò vittorioso (An. di Cr. 589). Qui pose termine alla sua corsa; e dicesi che vedendo in un punto di quel lido una eretta colonna, (forse la colonna Reggina) abbiala percossa colla lancia, e detto: Questo sarà il termine del dominio de’ Longobardi. Ma questa di Autari sino a Reggio non fu che una scorreria transitoria. Imperciocchè in quello spazio che i Longobardi tennero signoria in Italia e guerra co’ Bizantini, questa estrema contrada, ove è Reggio, fu sempre tenuta da questi ultimi, e non dominata mai da’ Longobardi. Pongasi perciò mente che il dominio bizantino abbracciava quella meridional parte de’ Bruttii che da Leucopetra, tra il Tirreno ed il Ionio, si stendeva di là da Cosenza e da Cassano sino all’Agropoli.

IV. Quanto possedeva l’Impero d’Oriente fu compartito in dodici temi (o vogliam dire provincie), de’ quali il decimo comprendeva la Sicilia, e quella parte de’ Bruttii, che cominciando dall’Agropoli, Cosenza e Cassano, aveva nel suo seno Reggio, Gerace, santa Severina, e Crotone. Donde seguì che quest’ultimo lembo d’Italia fosse chiamato talune volte Sicilia, e così incontra presso i cronisti bizantini esser detto Vescovo di Sicilia il Vescovo di Reggio.

Tra le dipendenze dell’impero bizantino in Italia si annoverava il Ducato di Napoli, ma n’era però più tributario che suddito. Sicchè sovente gli Esarchi di Ravenna ebbero necessaria la forza per reprimere i Duchi di Napoli, che avevano il farnetico di farsi al [p. 107 modifica]tutto indipendenti. Così sappiamo che Giovanni Comsino Duca di Napoli si ribellò dall’Esarca, e scorrazzando la Calabria, la Lucania ed i Bruttii, fece punto in Reggio, e la occupò (An. di Cr. 623). Di modo che fu uopo all’Esarca Eleuterio muovere un buon nerbo di Bizantini contro il Ducato di Napoli per obbligar Comsino ad uscirsi di Reggio. Ma quando costui, tornato in cervello, retrocedeva per Napoli a mettere in salvo sè e gli Stati suoi, fu quivi stesso sopraggiunto da Eleuterio, ed ucciso.

V. La stessa irruzione de’ Longobardi fu causa che sotto i Bizantini la Sicilia ed i Bruttii si accrescessero a dismisura di popolazione e di commerci. Imperciocchè i popoli mediterranei d’Italia, a fuggir morte e servitù, abbandonavano a torma le native terre, e cercavano rifugio nelle parti litorane della Sicilia e de’ Bruttii, soggette a’ Bizantini. E Reggio allora, Rossano, Gerace, Santa Severina, Crotone erano frequenti e ricchi di esterni traffichi, e scambiavano utilmente le merci indigene con quelle d’Oriente. Donde veniva che tra Costantinopoli e le bruttie contrade fosse un continuo andare e venire di mercatanzie di ogni maniera. Se quindi troviamo Reggio in gran fiore sotto l’impero orientale, non farà meraviglia a persona.