Storia della rivoluzione di Roma (vol. I)/Capitolo II

Capitolo II

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CAPITOLO II.

[Anno 1846]


Elezione del sommo pontefice Pio IX. — Cenni biografici sul medesimo. — Sue qualità, suoi atti fino a quello del perdono il quale ad una congregazione di cardinali fece leggere in antecedenza, per mezzo di monsignore Corboli Bussi. — Accademia di poesia in Arcadia. — Monsignore Carlo Gazòla vi recitò la prosa in favore del pontificato romano.


Eran trascorsi quindici soli giorni dalla morte di Gregorio XVI, ed in questo breve spazio di tempo si fecero i dovuti novendiali al defunto, e si adunarono in conclave i cardinali. Dopo due giorni dacchè si erano racchiusi in conclave, al secondo squittinio, sul fare delle 7 pomeridiane del giorno 16 di giugno 1846, fu eletto il nuovo pontefice. 1

Era il nuovo papa il cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, nato in Sinigallia il 13 maggio 1792. La sua famiglia era nobile, stimata, onorevole. Fece i suoi studi sotto i padri Scolopi nel collegio di Volterra. Nel maggio del 1815 essendo in Roma, fece istanza per essere ammesso nel corpo delle guardie nobili pontificie, ma senza frutto, venendone dissuaso stante la sua mal ferma salute.

Contrariato nelle sue viste, cambiò consiglio, e sentissi inspirato di dedicarsi alla carriera ecclesiastica. Era la voce di Dio che il chiamava all’esercizio di cose più alte e sublimi. Vestì gli abiti sacerdotali nel 1816; studiò teologia sotto l’abate Graziosi; predicò nelle missioni di Sinigallia nel 1818 con monsignore Odescalchi, che molto [p. 49 modifica]lo amava. Celebrò la prima messa nel giorno di Pasqua dell’anno 1819, ed era assiduo ed esemplare nel frequentar l’oratorio del collegio romano, retto allora da’ preti, in assenza dei Gesuiti ai quali non fu che nell’anno 1825 che venne restituito l’insegnamento da papa Leone XII. Non è a pretermettersi che il sacerdote Mastai per le sue buone qualità godeva pure la stima e la benevolenza del cardinale Annibale Della Genga, e di monsignore (poi cardinale) Chiarissimo Falconieri. Venne in seguito nominato presidente dell’ospizio detto di Tata Giovanni, che sostenne lodevolmente sotto ogni rapporto, lasciando di sè in tutti quei che l’avvicinarono una grata e piacevole rimembranza.

Insorte alcune quistioni fra la Santa Sede ed il clero del Chili, fu proposto, con bella lettera del cardinale Caprano, riportata dal Grandoni2 a compagno di monsignore Muzi nel viaggio del Chilì. Recatovisi, predicò con zelo apostolico, e con esito felicissimo la parola di Dio. Ritornato quindi in Roma, ottenne il canonicato di santa Maria in Via-lata.

Leone XII volendolo rimunerare per la sua commendevole condotta, gli affidò la presidenza dell’ospizio apostolico di san Michele a ripa, nel sostener la quale con senno ed avvedutezza, si procacciò grandissima lode.

Neil’anno 1827 poi lo stesso pontefice gli conferi l’arcivescovato di Spoleto, d’onde, il 17 dicembre 1832, venne traslato nella sede vescovile d’Imola. In entrambe queste città si conciliò la stima, il rispetto e l’amore le’ suoi diocesani.

In Spoleto, come raccontossi, distrusse per ispirito di carità quella nota di cospiratori contro il papato di cui parlano alcune memorie storiche.

Finalmente nel concistoro del 23 dicembre 1839 venne innalzato da papa Gregorio XVI alla dignità cardinalizia, e pubblicato in quello del 14 dicembre 1840.

[p. 50 modifica]Del resto può dirsi asseverantemente che il sommo pontefice Pio IX era Pio di fatti, pria di assumerne il nome. Era dotto nelle ecclesiastiche discipline, generoso, sobrio, temperato, ed in sommo grado dotato di una facile e naturale eloquenza. Era pure benefico per non ordinaria benfattezza di cuore.

Era inoltre bello della persona. Cavaliere per nascita e per modi, attraente, simpatico. Dignitoso con disinvoltura e disinvolto con dignità, espansivo pure, e di tale persuasiva nel discorso da convincere chi che sia. Non conobbe nepotismo, e se valutava Toro e l’argento, egli era non già per accumularlo, sibbene per usarne a rimunerazione dei meritevoli, o a sollievo dei miseri. E se il suo antecessore fu poco accessibile in sugli ultimi, Pio EK fu accessibile prima, dopo, e sempre.

Tali furono le prerogative di che era adorno, e che gli attirarono subito dopo eletto papa, le simpatie di tutti, inebriando così le menti dei Romani, dei sudditi delle Provincie, non che dell’estere nazioni.

Allorquando però fu annunziata la sua elezione dalla loggia del Quirinale la mattina del 17 giugno, come sopra accennammo, sia perchè i più ritenessero ancora essere stato eletto il cardinale Gizzi, che chiamossi, per quei pochi momenti che lo si credette eletto, il papa d’Azeglio sia che il suo nome non fosse abbastanza cognito per fatti amministrativi o governativi, l’annunzio venne ricevuto piuttosto freddamente. Niun entusiasmo quindi si eccitò nel momento in cui venne a conoscersi positivamente la sua elezione la quale dopo l’annunzio dalla loggia, venne comunicata al pubblico nel giornale officiale il giorno 183. Alla truppa però fu annunziata dal ministro delle armi fin dal giorno 174.

Nel giorno 20 monsignore Corboli Bussi, che, come segretario del conclave, era pro-segretario per gli affari [p. 51 modifica]di stato, annunciò d’ordine di Sua Santità la restituzione dei pegni, non eccedenti i baiocchi cinquanta, non che la distribuzione di cinquantatre doti di scudi cinquanta ciascuna nella città di Roma, e mille doti, ognuna di scudi dieci, nelle provincie. Oltracciò aveva già il Santo Padre fatto distribuire scudi seimila ai poveri.5

Il giorno 21 ebbe luogo la solenne incoronazione in san Pietro in Vaticano. Il concorso fu immenso, ma gli applausi pochi, e come motto d’ordine, sentivasi ripetere da molti che dessi vi sarebbero stati allorquando avesse accordata l’amnistia. Nella sera il principe Torlonia fece incendiare, a manifestazione di lieto animo, un fuoco artificiale sulla piazza del Popolo, e fece illuminare con faci il monte Pincio.6


Lo stesso giorno poi, nel forte di Civita Castellana, festeggiavasi la sua elezione dai detenuti politici, e ne fu subito pubblicata una litografìa.7

Intanto il nome del Santo Padre incominciava a passare per tutte le bocche, e formava il soggetto esclusivo delle conversazioni, enumerando ciascuno, chi più chi meno, antichi fatti onorevoli, esprimenti la bellezza dell’animo suo e del suo cuore generoso e clemente. Le notizie che incominciarono a giungere dalle provincie, e che continuarono senza interruzione per molte e molte settimane, sonavano festevoli al suo nome ed erano apportatrici di liete speranze.

Il conferimento dei vari carichi per l’andamento degli affari attirò le sollecitudini del nuovo pontefice, e quindi venne conferito quello di pro-datario al cardinale Ugo Pietro Spinola, e quello di segretario de’ memoriali al cardinale Ludovico Altieri. Quello poi di suo uditore, detto uditor santissimo, a monsignor Giovanni Janni.8

[p. 52 modifica]Il giorno 27 poi si leggeva nei pubblici fogli la nomina di monsignor Medici de principi di Ottaiano a suo maestro di camera, non che di molti altri individui componenti la famiglia pontificia.9

Il 30 del detto mese inslltuì una congregazione cardinalizia incaricata di trattare gli affari di stato importanti. Essa componevasi dei seguenti eminentissimi cardinali

Macchi Amat
Lambruschini Gizzi
Mattei Bernetti.

E monsignor Corboli Bussi, esonerato dal carico di pro-segretario di stato, ebbe quello di segretario della detta congregazione cardinalizia.

In pari tempo veniva conferita a monsignor Vincenzo Santucci la provvisoria gestione della segreteria di stato, col titolo di sostituto.

Quella poi di segretario per gli affari di stato interni, a monsignore Giovan Battista Cannella.10

Non può dirsi quanto piacque, e quali simpatie eccitasse nella popolazione di Roma il Santo Padre per essersi recato a piedi alla chiesa dell’Umiltà, posta alle falde del Quirinale, il giorno 2 luglio.11

Accostumato il popolo romano a vedere soltanto in gran treno il suo padre e sovrano, è ben da immaginare quale impressione favorevole risentisse vedendo il nuovo papa accedere con apostolica semplicità in una chiesa, senza cocchio, e senza apparato di guardie. Principiò da quel giorno la popolarità di Pio IX, e se prima parlavasene molto, da quel momento non si fece che parlare di lui.

Intanto incominciavano le corti estere a fare complimentare il nuovo pontefice dai loro rappresentanti. Il primo fu il re di Napoli per mezzo del conte Ludolf, fino [p. 53 modifica]dal 22 giugno; quindi il 4 di luglio presentò le credenziali il conte Rossi, come ambasciatore del re dei Francesi; il giorno 11 fece altrettanto il conte Broglia di Mombello, come ministro plenipotenziario del re di Sardegna; ed il giorno 14 adempiè ad un simile officio, come inviato straordinario e ministro plenipotenziario del re dei Paesi Bassi, il conte Liedekerke Beaufort.12

Le deputazioni poi dalle provincie si succedevano ad ogni momento, e cosa troppo lunga sarebbe lo enumerarle, potendo supplire a ciò il diario officiale di quel tempo, ohe tutte le registrava. Ma colle deputazioni riceveva altresì il Santo Padre suppliche da tutte le parti, in favore dei detenuti politici, implorando il loro perdono, e quindi la loro liberazione dal carcere o dall’esilio.13

Ma giunto era il momento in cui il Santo Padre, nella tenerezza del suo cuore, e nel desiderio di favorire gli interessi e la tranquillità dello stato, si dovea decidere ad effettuare quell’atto benefico, che mentre fe’ sollevare il suo nome alle stelle, edificò e commosse il mondo. Comprende ognuno che intendiam di parlare dell’atto del perdono.

Intendimento preciso del pontefice nel promulgarlo fu quello di assicurare la pace agli stati pontifici, e d’ingrandire ed estendere la salutare influenza del papato.

Disgraziatamente però stante la malvagità degli uomini fu esso la causa di tutte le perturbazioni e delle sciagure che afflissero lo stato pontificio non solo, ma l’Europa intera sulla metà del secolo XIX.

Questo atto sublime, maturato nella gran mente del regnante pontefice, venne da esso fatto leggere alla congregazione dei cardinali per mezzo del suo segretario monsignor Corboli Bussi qualche giorno prima della sua pubblicazione, e ne venne propalata una litografia per conservarne la memoria.14

[p. 54 modifica]Prima però di raccontare per disteso come passaronsi le cose, ciò che formerà il soggetto del seguente capitolo, non possiam pretermettere che il giorno 16 di luglio, quel giorno stesso in cui si sottoscriveva l’atto di cui parliamo, si dette una grande accademia di poesia all’Arcadia, e vi recitò la prosa monsignor Carlo Gazola. L’argomento scelto fu il seguente «La gloria onde van debitrici a san Pietro e a san Paolo l’Italia e Roma per la fondazione in detta città del pontificato romano.»

Ciò avvertiamo affinchè non si dimentichi che il prelato Grazòla fu quello stesso che, mesi dopo, contribuì alla fondazione del giornale il Contemporaneo giornale che non ebbe al certo in vista di rafforzare il papato; e che nel 1849 fondò l’altro giornale sotto il titolo di Positivo il quale terminò col fondersi nella Italia del popolo di Giuseppe Mazzini. 15

Diciamo questo perchè, siccome la storia che andiamo svolgendo presenterà un. tessuto non interrotto di menzogne e d’ipocrisie, così non sarà inopportuno d’incominciare a prendere contezza di questa prima ipocrisia cui le altre successive, che man mano verremo narrando, faranno condegna sequela.





  1. Vedi Farini Lo stato romano, Firenze 1853 vol. I pag. 149, 152 e 158. — Grandoni, Regno temporale di Pio IX, Roma 1848. — Ranalli, Storia degli avvenimenti d’Italia, Firenze 1851 vol. I dalla pag. 17 alla pag. 21.
  2. Vedi Grandoni, Op. cit. alla pag. 5.
  3. Vedi le Notizie del giorno, 18 giugno 1846.
  4. Vedi Appendice ai documenti, n. 1.
  5. Vedi Atti officiali, n. 1.
  6. Vedi il Diario di oma del 23 giugno, n. 50.
  7. Vedi il vol. delle stampe e litografie, n. 4.
  8. Vedi il Diano di Roma del 23 giugno.
  9. Vedi il Diario di Roma del 30.
  10. Vedi il Diario di Roma del 30 giugno.
  11. Vedi il Diario di Roma del 4 luglio.
  12. Vedi il Diario di Roma del 27 giugno; 4, 14, e 18 luglio.
  13. Vedi Grandoni, Regno temporale di Pio IX, pag. 11 e 12.
  14. Vedila nel volume delle stampe e litografie, n. 5.
  15. Vedi num. 41 e 42 dell’Italia del popolo, non che il num. 88 del Positivo.