Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
della rivoluzione di roma | 53 |
dal 22 giugno; quindi il 4 di luglio presentò le credenziali il conte Rossi, come ambasciatore del re dei Francesi; il giorno 11 fece altrettanto il conte Broglia di Mombello, come ministro plenipotenziario del re di Sardegna; ed il giorno 14 adempiè ad un simile officio, come inviato straordinario e ministro plenipotenziario del re dei Paesi Bassi, il conte Liedekerke Beaufort.1
Le deputazioni poi dalle provincie si succedevano ad ogni momento, e cosa troppo lunga sarebbe lo enumerarle, potendo supplire a ciò il diario officiale di quel tempo, ohe tutte le registrava. Ma colle deputazioni riceveva altresì il Santo Padre suppliche da tutte le parti, in favore dei detenuti politici, implorando il loro perdono, e quindi la loro liberazione dal carcere o dall’esilio.2
Ma giunto era il momento in cui il Santo Padre, nella tenerezza del suo cuore, e nel desiderio di favorire gli interessi e la tranquillità dello stato, si dovea decidere ad effettuare quell’atto benefico, che mentre fe’ sollevare il suo nome alle stelle, edificò e commosse il mondo. Comprende ognuno che intendiam di parlare dell’atto del perdono.
Intendimento preciso del pontefice nel promulgarlo fu quello di assicurare la pace agli stati pontifici, e d’ingrandire ed estendere la salutare influenza del papato.
Disgraziatamente però stante la malvagità degli uomini fu esso la causa di tutte le perturbazioni e delle sciagure che afflissero lo stato pontificio non solo, ma l’Europa intera sulla metà del secolo XIX.
Questo atto sublime, maturato nella gran mente del regnante pontefice, venne da esso fatto leggere alla congregazione dei cardinali per mezzo del suo segretario monsignor Corboli Bussi qualche giorno prima della sua pubblicazione, e ne venne propalata una litografia per conservarne la memoria.3