<dc:title> Storia della letteratura italiana </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Girolamo Tiraboschi</dc:creator><dc:date>1822</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Storia_della_letteratura_italiana_(Tiraboschi,_1822-1826)/Tomo_III/Libro_IV&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20190307202202</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Storia_della_letteratura_italiana_(Tiraboschi,_1822-1826)/Tomo_III/Libro_IV&oldid=-20190307202202
Storia della letteratura italiana - Libro IV - Storia della Letteratura Italiana dalla morte di Ottone III fino alla pace di Costanza Girolamo TiraboschiTiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu
[p. 393modifica]LIBRO QUARTO
Storia della Letteratura Italiana dalla morte
di Ottone III fino alla pace di Costanza.
Il regno de’ tre Ottoni, con cui abbi am
chiusa l’epoca precedente, era stato comunemente per la tranquillità de’ tempi e per le virtù
de’ sovrani felice all’Italia3 alla quale non altro
omai sembrava mancare, se non che avesse
tai principi che facendo in queste provincie
stabil dimora, pensassero seriamente a ristorarla
de’ gravissimi passati danni, e a ricondurla all’antico suo fiorentissimo stato. Ella forse già
cominciava a sperarlo3 ma ben presto si avvide che non era questo che un breve intervallo frapposto alle sue sventure; e trovossi
fra non molto sepolta in un sì profondo abisso
di mali, che per più secoli ella fu oggetto di
ten ore insieme e di compassione a’ suoi vicini,
e perfino a’ suoi nimici medesimi. Scosso a poco
a poco ogni freno di soggezione, ella non ebbe
mai a soffrire servitù sì crudele, come allor
quando lusingossi d’essere libera. Le contese
tra i pretendenti al regno, e le funeste discordie tra il sacerdozio e l’impero, le fazioni e
le guerre perciò insorte di città e di cittadini
gli uni contro gli altri, e quelli che di sì infelici cagioni sogliono essere effetti ancor più
infelici, le carestie, le pestilenze, le stragi, le [p. 394modifica]rovine, gl’incendii, la condussero a si orribile
desolazione, che le fecer desiderare i tempi de’
Goti e de’ Longobardi. Questa è l’idea de’ tempi
de’ quali dobbiamo or cominciare a tenere ragionamento; tempii troppo calamitosi, perchè
sperar si potesse di veder risorgere l’italiana
letteratura; ma tempi nondimeno, in cui la vedremo far qualche sforzo per rialzarsi dall’oppressione in cui si giaceva. I quali sforzi, se
non ebbero allora troppo felice successo, giovaron però a scuoterla in qualche modo e a
ravvivarla, sicchè poscia al cessare di sì funeste calamità essa tornasse, benchè a passi assai
lenti, al suo antico splendore. Ma questi lieti
tempi ci si mostrano ancor da lungi; e dobbiamo avvolgerci lungamente fra tenebre e fra
orrori prima di veder risorgere una chiara e
luminosa aurora.