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Le terra e le acque sulla superficie della Terra

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[p. 261 modifica]76. Le terre e le acque sulla superficie della Terra. — Nel Medio Evo prevaleva, sopra ogni altra, l’opinione, per vero fondata sopra considerazioni puramente astrologiche, che l’acqua coprisse tutto l’emisfero meridionale. Ristoro d’Arezzo (secolo XIII), che per l’acume dell’ingegno, e per la forza divinatrice, merita bene di essere messo di sopra a tutti i suoi contemporanei1, così si esprime nel Capitolo 1 del Libro VI della Composizione del mondo: «E per ragione dee (la terra) essere scoperta dalla parte più forte del cielo e più piena di virtude, come quella che è settentrione; che noi veggiamo la parte di settentrione essere fortificata e piena di figure, e spessa e soffolta (gremita) di grandissima moltitudine di stelle; e la parte del mezzo die veggiamo rada e debole di poche figure e di poche stelle, a quella rispetto; e in quella parte spessa, là ove sono le molte figure e grandissima moltitudine di stelle, quella parte dee essere forte, e quivi dee essere per ragione molta virtude, e molta potenza e molta operazione, e in quella parte rada, e di poche figure e di poche stelle, a quello rispetto, quella parte dee essere debile in operazione a quello rispetto, e avere meno operazione e meno virtude. Adunque troviamo la parte di settentrione più forte e più potente per adoperare nella terra di quella del mezzo die»2. Dal che si vede che Ristoro attribuiva la disuguale distribuzione delle terre e delle acque alla quantità diversa delle costellazioni sulla volta celeste. Spiegazione erronea; ma desunta almanco dalla natura; e sotto alla quale c’è più che il presentimento della forza di attrazione 3. [p. 262 modifica]

Anche nello scritto Quaestio de aqua et terra che molti opinano ancora essere lavoro di Dante, è espressa l’idea che tra il cielo delle stelle fisse e la Terra esista una specie di relazione molto corrispondente a quella del magnetismo4. Una parte della Terra, anzi un emisfero, appare destinato ad una specie di eliso, rimanendo l’altro emisfero, e solo parzialmente, a dimora dell’uomo. Essendo diverse di grandezza e di splendore, e variamente distribuite, le stelle possono agire a far rialzare in modo differente i continenti; e siccome la zona più attiva è quella corrispondente alla temperata settentrionale, ne viene il naturale rialzo di questa e la sua conseguente abitabilità5.

Della quantità delle terre emergenti paragonata alla totale superficie della Terra, ci informa più da vicino lo stesso Ristoro d’Arezzo nelle prime pagine del suo lavoro: «E noi troviamo una parte della terra scoperta dall’acqua; e, secondo i savi, è la quarta parte scoperta, si che tre parti rimane sotto l’acqua... E troviamola scoperta inverso la parte di settentrione sotto quella parte del cielo, la quale è più stellata; e troviamo quella parte della terra scoperta, girata e avironata intorno intorno d’acqua, la quale è chiamata mare maggiore, e tali la chiamano mare oceano6.

Nello scritto già citato Quaestio de aqua et terra, si ammette pure che la parte abitabile rappresenti la quarta parte della superficie totale della Terra. La parte emergente ha poi la forma di un semilunio, e si estende, nel senso delle longitudini, per 180 gradi, da Cadice alle foci del fiume Gange, e, nel senso delle latitudini, dall’equatore ai luoghi aventi il loro zenit sul circolo descritto dal polo dello zodiaco intorno all’asse del mondo, il quale polo è distante dal polo del mondo circa 23 gradi, per cui la estensione in latitudine è quasi di 67 gradi e non più (V. Quaestio de aqua et terra, § XIX). Dalle quali considerazioni chiaramente apparisce che la terra emergente si innalza nel quadrangolo sferico avente per lati opposti, meridionale e settentrionale, la metà della circonferenza dell’equatore e la metà del parallelo di 67 gradi, e per gli altri due lati i segmenti meridiani uguali, ciascuno, a 67 gradi. Il quale quadrangolo equivale, molto approssimativamente, ai 23/100 superficie totale della sfera, di poco superiore all’area ammessa dall’autore dell’opuscolo. Alberto Magno (Alberto di Böllstadt) anteriore di alcuni anni allo [p. 263 modifica]scrittore toscano7, dava alle parti solide della superficie terrestre una estensione molto maggiore. «La zona torrida, egli dice, è abitabile, ed è un pregiudizio volgare quello di credere che i nostri antipodi debbano necessariamente cadere. I medesimi climi dell’emisfero superiore (settentrionale) si ripetono simmetricamente nell’emisfero inferiore (meridionale), dall’altro lato dell’equatore, e vi sono due razze di Etiopi, l’una al tropico settentrionale, l’altra al tropico meridionale. L’emisfero inferiore, abitato dai nostri antipodi, non è totalmente coperto dalle acque: la sua maggior parte è abitata, e se gli individui di quelle lontane regioni non giungono sino a noi, ciò è per causa della immensa estensione dei mari intermedi, e, forse anche, per una forza magnetica che, come la calamita fa del ferro, attrae ed incatena le carni umane. Del resto, i popoli della zona torrida, ben lungi dall’essere privi di intelligenza a cagione del calore cocente, sono invece molto istruiti, come risulta dalle opere filosofiche ed astronomiche che ci sono pervenute dall’India»8.

Rogero Bacone (1214-1294), a proposito della Terra abitabile, o, per meglio dire, della quantità delle terre emergenti, fa le seguenti considerazioni. «Tolomeo, nel Libro della Disposizione della sfera vuole che la parte abitabile sia quasi la sesta parte della Terra. Aristotele dice che il mare è piccolo tra il termine della Hispania dalla parte di occidente e il principio dell’India verso oriente, ed afferma che più della quarta parte della Terra è abitata, nel che concorda anche Averroe9. Il medesimo mare, secondo che ne dice Seneca nel Libro V delle Questioni Naturali si può attraversare, con vento favorevole, in pochissimi giorni. E Plinio insegna, nella Storia Naturale, che il seno Arabico dista dal mare Indico per lo spazio corrispondente ad un anno di navigazione, dal che si conchiude che non molta è la distanza del principio dell’India dal termine della Spagna: secondo il medesimo autore il mare è tanto piccolo da non coprire i tre quarti della superficie terrestre. E ciò è provato dall’autorità di Esra, il quale dice nel Libro IV, che sei parti della Terra sono abitate, e la settima è coperta dalle acque»10. In un altro luogo dell’Opus maius il Filosofo così si esprime intorno al medesimo argomento: «Il mare non copre i tre quarti della superficie terrestre. È evidente che una parte considerabile del quarto abitato deve trovarsi al disotto della nostra propria abitazione, poiché le parti estreme dell’Oriente e dell’Occidente sono vicine l’una all’altra, come quelle che [p. 264 modifica]sono separate da un mare di estensione mediocre, donde ne segue che l’abitazione tra l’Oriente e l’Occidente non sarà la metà del circolo equinoziale nè della circonferenza terrestre, ma sarà più lunga di questa metà. Ma quale è precisamente la sua estensione? Essa non venne misurata ai nostri giorni, e nemmeno la troviamo indicata, come sarebbe desiderabile, nelle opere degli antichi. Possiamo noi meravigliarci che più della metà del quarto abitato, nel quale noi ci troviamo, ci sia sconosciuto, se anche nei nostri paesi tanti sono i luoghi che gli scienziati non conoscono?»11.

Della medesima opinione è il Cardinale Pietro d’Ailly (1350-1420), il quale si vale dell’autorità di Aristotele, di Seneca, di Plinio, di Averroe, di Esra e di San Gerolamo per dimostrare, con essi, che la terra abitabile è grande, e che la parte coperta dalle acque deve, per conseguenza, essere relativamente piccola. «Ecco, egli aggiunge, ciò che mi porta ad ammettere questo fatto. Verso i due poli del mondo l’acqua abbonda necessariamente, giacchè questi luoghi, lontani come essi sono dal Sole, sono freddi. Ora il freddo moltiplica le acque. Ed è per questo che l’acqua, cadendo nel seno del mare, si estende tra il principio dell’India e il termine della Spagna Ulteriore, che è in oggi una parte dell’Africa, ed anche verso la Spagna Citeriore. Altravolta, nell’antichità, l’acqua non correva in questo spazio, e le terre erano continue; ma, coll’andar del tempo, Tl’Oceano penetrò nella terra ferma, e si unì col mare Mediterraneo che bagna le coste dell’Aragona e dell’Italia. Il mare Oceano, tra l’Oriente e l’Occidente, ha un’estensionè più piccola di quanto si crede dalla maggior parte dei filosofi»12. E, in altri luoghi: «L’estensione della Terra verso oriente è molto maggiore di quella ammessa da Tolomeo, e l’Oceano che si estende tra il termine della Spagna Ulteriore, cioè dell’Africa, dalla parte di occidente, e il principio dell’India, dalla parte di Oriente, non è di grande larghezza. Si sa difatti per esperienza che questo mare si può navigare in pochissimi giorni con vento favorevole, e perciò il principio dell’India, nell’Oriente, non può essere molto distante dal termine dell’Africa»13... «Dall’un polo all’altro l’acqua scorre nel corpo del mare e si estende tra il termine della Spagna e il principio dell’India in una larghezza abbastanza piccola perchè la distanza tra l’uno e l’altro luogo superi la metà del circolo equinoziale».

Una ripetizione quasi letterale dei concetti espressi dal Cardinale d’Ailly e dal grande Filosofo inglese si trova nella lettera che Cristoforo Colombo scriveva ai Monarchi di Spagna immediatamente dopo il suo [p. 265 modifica]terzo viaggio. Ed è noto che sopra questo errore della distanza relativamente piccola delle coste occidentali dell’Europa da quelle orientali dell’Asia si fondava appunto il progetto del Grande Navigatore, di giungere all’Oriente navigando nella direzione di ponente.


Note

  1. Malfatti, Della parte che ebbero i Toscani all’incremento del sapere geografico, pag. 16.
  2. Della Composizione del Mondo, pag. 146. Milano, Daelli, 1864.
  3. Malfatti, Discorso citato, pag. 17.
  4. Quaestio de Aqua et Terra, § XXI.
  5. Günther, Studien zur Geschichte der mathematischen und phisikalischen Geographie, pag. 158; Marinelli, in Bollettino della Società Geoarafica Italiana, 1880, pag. 475.
  6. Della Composizione del Mondo, Lib. 1, Cap. XX, pag. 36.
  7. Alberto Magno, nato nel 1193, morì nel 1280.
  8. Liber cosmographicus de natura locorum, 1515, fol. 14 e 23.
  9. Averrhoes o Averroe, illustre medico e filosofo arabo, nacque probabilmente nel 1120 in Cordova, e morì a Marocco nel 1198.
  10. Esra, Lib. IV, Cap. 6: «Et tertia die imperasti aquis congregari in septima parte terrae».
  11. Opus maius, pag. 183 e 184.
  12. De Hispania et eius partibus.
  13. Compendium cosmographicum, Cap. 19.