CAPITOLO I.

../PREFAZIONE ../CAPITOLO II. IncludiIntestazione 7 luglio 2022 50% Da definire

PREFAZIONE CAPITOLO II.

[p. 9 modifica]Ponte romano in Portotorres.


CAPITOLO I.

CIVILTÀ PREISTORICHE — ARTE GRECA IN CITTÀ PUNICHE. COLONIZZAZIONE ROMANA.


Ritengo utile far precedere a queste mie ricerche sui monumenti medioevali, un breve e sintetico riassunto delle vicende storiche ed artistiche della Sardegna, a cominciare dai tentativi sulla creta degli eneolitici delle caverne preistoriche. Oggidì in studi critici, sereni e rigorosi non è possibile disgiungere l'un periodo dai precedenti nè le ricerche artistiche da quelle storiche, se vuolsi delle prime aver ragione piena ed intera.

In quelli uomini, che nelle rocciose caverne dell'Ellade confezionarono le ascie di pietra ed i coltelli di selce, dobbiamo vedere gli antenati dei greci di Platone e d'Aristotile, e le mani che lentamente hanno reso a pulimento l'ossidiana e la diorite, più tardi caveranno dal marmo di Paro l'Ermes di Olimpia e la Venere di Milo. Egualmente nelle figure che ornano i tersi paramenti calcarei o trachitici di molte chiese della Sardegna e nelle incisioni a meandri. a cerchi ed a puntini. colle quali ancor oggidì i nomadi pastori amano ornare il manico dei loro coltelli, rivive quell'arcaico concepimento della forma, quale può desumersi dalle stoviglie ingubbiate e dagli idoli di bronzo dei periodi preistorici. [p. 10 modifica]

Questa nostra isola, posta nel bel mezzo del Mediterraneo, in vicinanza alle coste d'Italia, di Spagna e d'Africa, fu forse più che la Sicilia il crogiolo dove s'incontrarono e si fusero, quando non si sovrapposero, elementi etnici di civiltà diversissime.

Da quali lidi pervennero le rozze flottiglie dei popoli eneolitici, che approdarono per prima nelle tranquille acque dei nostri golfi?

Nuraghe di S. Barbara, presso Macomer.Gli scavi, che da alcuni anni a questa parte si vanno ormai facendo in modo sistematico e con intendimenti scientifici. molte cose ci hanno rivelato sopra questi primi popoli, ma non la loro origine. Per quanto grandi siano stati i risultati, ottenuti con tali ricerche, non si può tuttavia negare che i fatti particolari ci sono ormai più noti che non i generali; risultano abbastanza chiariti molti punti singoli, ma la classificazione sintetica rimane tutt'ora oscurata da incertezze e da problemi insoluti.

Certo è che i nuovi abitatori trovarono nei nostri feraci Campidani, negli stagni ricchi di pesce, nelle foreste, abbondanti di cacciagione, gli elementi favorevoli per l'esistenza primitiva.

Nelle spiagge del Tirreno, solcato dalle loro flottiglie, eressero le prime capanne di frasche, costituendo così quei gruppi eneolitici, che più tardi dovevano trasformarsi, per opera di un popolo di mercanti e di guerrieri, in fiorenti città. Le condizioni favorevoli del nostro suolo e del nostro clima indussero quelle genti ad estendersi all'interno e la nuova schiatta mediterranea, nell'isolamento che derivava dalla con. formazione della Sardegna, svolse intensamente le forme di una forte civiltà primitiva, popolando di villaggi nuragici, cui sovrastano meravigliose costruzioni ciclopiche, le aspre giogaie della Gallura, i vasti altipiani [p. 11 modifica]del Logudoro e della Nurra, le valli boscose del Marghine e della Barbagia, coronate di pascoli, di selve, di antri, ed aprendo nei teneri calcari e nei tufi trachitici le prime domus de janas, dove, con sacro culto, celarono i loro morti1.

Il materiale delle caverne eneolitiche della Sardegna consiste per Nuraghe di Oes in Torralba.lo più in punte frammentarie d'osso, in raschiatoi, in coltellini di selce, in cuspidi irregolari di frecce e nella ceramica. Questa la unicamente interesse per la storia delle prime forme decorative, e sono ingubbiate con fascioni e denti di lupo a pointillè, con cerchi a puntini, e solchi a gola. [p. 12 modifica]il tutto in un impasto, che il più delle volte è nero e lucidato in modo da confondersi coi vasi etrusco-campano a vernice nera. Invece, come Planimetria del nuraghe di S. Barbara, presso Villanova Truscheddu.ben scrisse il Patroni2, si tratta di vasi bellissimi certo, ma non per questo meno preistorici, il che dimostra la maggior bellezza di questa [p. 13 modifica]ceramica antichissima, che ha i caratteri della stoviglia e della ornamentazione neo ed eneolitica, in confronto della posteriore.

L'epoca eneolitica è separata dalla prima epoca storica per una lunga serie di secoli, quanti ne occorsero a tutto lo svolgimento delle civiltà dei Nuraghi e dei bronzi.

Queste civiltà sono ancor oggi rappresentate da tale produttività da dover ritenere che allora la Sardegna poteva in queste manifestazioni d'architettura e di vita gareggiare colle civiltà coeve non solo dell'Occidente, ma anche dell'Oriente del Mediterraneo.

Pianta di tomba eneolitica domus de gianasi.Le migliaia di nuraghi sparsi nelle vallate e nei monti costituiscono la prova non dubbia di una vita laboriosamente ed intensamente vissuta nella Sardegna.

Vuolsi dai più eminenti archeologi che sieno dovuti all'industria delle genti nuragiche anche le statuette votive in bronzo, che rappresentano le prime forme figurative avutesi in Sardegna. Ritengo che i due periodi debbano distinguers, giacchè se il numero e l'imponenza delle moli pietrose ci attestano di una civiltà che fece forse della Sardegna il massimo centro della vita preistorica dell'Occidente, d'altra parte la tecnica è così primitiva e cosi grossolana da dover pensare a costruttori ignari di molte di quelle cognizioni, che non potevano e non doveano esser ignote a chi plasmò ed a chi fuse le interessanti figurine di bronzo che si conservano nei musei di Sardegna e nel Kirkeriano di Roma.

A queste manifestazioni primitive si sovrapposero nuove forme e nuove correnti civili che, provenienti dall'Oriente, soffocarono ogni tentativo d'espansione e di raffinamento dell'arte indigena. Pochi documenti o monumenti ineccepibili ci attestano della colonizzazione fenicia, giacchè a questa — se pur si svolse nell'isola — sussegui la dominazione dei Cartaginesi, così che è difficilissimo separare nelle indagini e negli scavi il materiale fenicio da quello punico arcaico.

Pur tuttavia Caralis, Nora, Sulcis, Tarros furono indubbiamente città fenicie, nel senso che di esse questi arditi naviganti fecero emporii e [p. 14 modifica]Statua preistorica nel Museo di Cagliari.scali importanti del loro commercio. Niente, ad eccezione di qualche accenno di scrittori latini, c'induce a ritenere che sieno state da essi fondate.

Recenti esplorazioni archeologiche invece sembrano attestare una civiltà di genti eneolitiche, alla quale susseguirono la civiltà nuragica e quella più raffinata delle statuette di bronzo. Con questi centri popolosi i fenici dovettero da prima entrare in rapporti commerciali, finchè l'influenza derivante dai maggiori mezzi e da una civiltà più progredita,Statuetta preistorica nel Museo di Cagliari. non assunse la forma di egemonia e di dominio, costringendo gl'indigeni in parte ad adattarsi alle nuove forme ed in parte a rifugiarsi nell'interno, in quei monti e fra quelle genti che conservarono a lungo le caratteristiche della primitiva razza, di questo frammento delle schiatte mediterranee, che tutto porta a credere staccato assai per tempo dal ceppo comune.

Dalle prime incursioni dei Fenici sino ad oggi la nostra fu arte riflessa, e se elementi locali talvolta compariscono fra le linee decorative, aventi origine al di là del mare, essi non sono che deboli reminiscenze d'antiche e gloriose forme conservate dalle nostre genti attraverso i diversi periodi storici. E questa improduttività dei sardi si spiega colla raffinatezza artistica dei popoli che coll'isola stabilirono rapporti di commercio e di dominio e che lasciarono monumenti, la cui superiorità, unita alle condizioni [p. 15 modifica]voli all'arte indigena, fece si che questa inaridisse completamente3.

I fenici non ebbero, è vero, un'arte veramente propria. ma i quotidiani contatti coi popoli più civili li trasse ad imitarne le forme. E così le ceramiche di Tarros, di Sulcis e di Nora sono plasmate da artefici punici, che derivarono la loro arte e la loro tecnica dall'inesauribile sorgente orientale ed ellenica: la glittica egiziana adornò i fini lavori d'oreficeria con gli scarabei che in tanta copia si rinvennero negli scavi delle città puniche e di cui i mercanti fenici fornivano quei fiorenti scali.

La dominazione e l'influenza punica s'estesero rapidamente per tutta l'isola, irraggiando la sua civiltà, le sue costumanze, la sua arte dagli scali e dalle città fiorenti del litoraneo, cosichè, legala strettamente a Cartagine, essa fu partecipe alle titaniche lotte combattute fra questa città e Roma.

La colonizzazione e la penetrazione romana nell'isola furono oltremodo intense e furono facilitate da affinità di razza, per cui si può dire che lo spirito latino giunse nell'intimo dell'anima del popolo sardo. [p. 16 modifica]

Quando le legioni romane, in seguito alle fiere lotte sostenute contro i montanari Olaesi o Iliesi ebbero assoluta padronanza dell'intera isola, l'arte sarda scompari con questa che può definirsi l'ultima ribellione dell'antica civiltà nuragica, e di essa non rimasero che vaghe reminiscenze presso gli artefici più umili, le quali perdurarono attraverso il medio evo fino ai nostri giorni.

Nel periodo glorioso dell'impero romano la fusione fra l'elemento latino ed indigeno fu così intima da potersi asserire che le nostre sono manifestazioni della civiltà derivante da Roma; le grandi opere pubbliche mostrano una regione che assurse ad alto grado di fiorimento civile ed economico; non v'è paese, nè plaga nell'isola che non abbiano traccia dell'opera meravigliosa svolta dai Romani. Nelle regioni più inaccessibili, in quella stessa Barbagia che raccolse gli ultimi difensori della civiltà indigena, e che mostrossi sempre indomita e ribelle ad ogni forma di potere, sono strade, ponti, ed altri segni palesanti una florida colonizzazione romana, tanto intensa da perdurare in molte manifestazioni e nello stesso linguaggio. attraverso secoli di bar barie e di dominazione. [p. 17 modifica]

Nello sfasciarsi della romana potenza lo spirito conservatore delle genti sarde custodi gelosamente la bella tradizione latina. Mentre nel tempo che segnò il passaggio dall'evo antico all'evo medio, gran parte d'Italia, come scrisse il Solmi, soggiacque a una lunga, trasformativa dominazione germanica, la Sardegna fu invece fra le scarse regioni italiane che ne restarono quasi pienamente immuni, dando così un nuovo, singolare atteggiamento alla sua storia, che tu lenta e spontanea elaborazione degli elementi indigeni e latini4.

La furia distruggitrice della conquista vandalica, assai breve e poco estesa, non lasciò traccia alcuna d'arte e di vita e paralizzò quell'ascensione alle più nobili conquiste, che la Sardegna avea iniziato con la signoria di Roma.

Una completa oscurità avvolge in questo fu nesto periodo ogni azione isolana, che non siano le fasi di quelle guerre che dilaniarono l'isola. Turbini di barbarie la dovettero ridurre in un vasto campo funebre e quando cessarono le irruenze degli invasori, l'opera degli architetti e degli artisti si svolse come se nel naufragio delle romanità questi avessero perduto la memoria d'ogni bella forma.

La conquista di Belisario ed il riordinamento amministrativo di Giustiniano, assicurando la Sardegna al dominio degli imperatori d'Oriente, consentirono lo spontaneo sviluppo degli elementi latini.

Artefici che trassero la loro arte da Bisanzio svolsero nell'isola quell'architettura, che derivò da armonica fusione di forme orientali e di bellezze classiche, sparse quest'ultime con profusione nella terra che vide erigere l'Acropoli e scolpire la Venere di Milo. Furono greci gli artisti che scol[p. 18 modifica]pirono bassorilievi, iscrizioni ed altre forme ornamentali, che recenti indagini hanno messo in evidenza e che sistematiche ricerche renderanno indubbiamente tanto copiose da darci modo di determinare entro limiti definiti l'influenza artistica che Bisanzio svolse nell'isola dandole carattere e forme stilisticamente rilevanti.

  1. Per a bibliografia nuragica vedansi i recenti lavori del chiar.mo collega del Museo Archeologico di Cagliari, I nuraghi della Sardegna (Archivio Storico Sardo, Anno 111, 1907, p. 221 e seg.), Monumenti preistorici della Sardegna in Memnon, Berlin, 1907; e l'opera dello stesso Taramelli e di Nissardi La Giara di Gesturi in Sardagna ed i suoi monumenti preistorici, la quale opera è frutto di tre anni di esplorazioni e porta un contributo notevole di osservazioni allo studio della questione nuragica.
  2. G. Patroni, Ricerche di antichità in Sardegna in Notizie degli Scavi (mese di Agosto)
  3. Pinza, Monumenti primitivi della Sardegna in Monumenti Antichi, pubblicati per cura della Reale Accademia dei Lincei, pag. 6. Il Taramelli, nel recente lavoro sulla questione nuragica (Arch. Stor. Sardo, III (1907) p. 217), ritiene che il carattere prevalentemente guerresco della schiatta sarda, l'accanimento delle lotte interne dapprima, poi con lo straniero invasore, abbiano nuociuto allo sviluppo artistico, che in gemme aveva la stessa disposizione che presso altre genti del Mediterraneo.
  4. Arrigo Solmi, La Sardegna e gli studi storici nell'Archivio Storico Sardo, vol. I, fase. 1-2, Cagliari, Tip. G. Dessi, 1905.