Spero, nè forse io spero
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V
PER ASTORE BAGLIONE1
Difesa Famagosta, fu contra la fede
data ucciso da’ Turchi.
Spero, nè forse io spero,
Per gran desire vaneggiando, in vano,
Che dopo gran girar del Tempo alato;
Suono di fama altero
5Dall’odioso obblio vorrà lontano
Nell’altrui mente il fier Baglione armato;
E fra quegli empj, onde repente in stato
Cadde Cipri di gemiti e di pianti,
I barbari nepoti
10Ne i secoli remoti
Del gran nemico ammireranno i vanti;
Chè per lunga stagion fatte canute
Spande l’ali più forte alma virtute.
Qual Berecintio pino,
15Quanto più crebbe alle dure Alpi in seno,
Men prezza Borea, ove gelato ci freme,
Tal grido alto divino
Per lunga età sorge robusto, e meno
L’arido fiato dell’Invidia teme.
20Deh col bel nome del Guerriero insieme
Corra la via degli anni anco mia rima,
Nè per la strada eterna
D’empia vorago inferna
Torbido turbo mia pietate opprima:
25Anzi lo stil di mie querele in prova
Futura Musa a lamentar commova.
Febo, fa tu palese,
E narra altrui l’abbominato inganno;
Di’, qual arte si tenne al gran dolore?
30Già sulle rote accese
Il Sol quasi girava il second’anno,
Lungo omai troppo all’Ottoman furore2;
E della ria stagion nel crudo orrore
In sulle mura di gran sangue sparte
35Al minacciato campo
Segno chiaro di scampo
Dava il Baglion con tromba alta di Marte;
E sosteneva in arme aspra battaglia,
Quale augel grande a cui d’arcier non caglia.
40Or con la man guerriera
Fea sotterra volar l’alme nemiche,
Or le membra col piè sul suol premea:
Or con la voce altera
Svegliava ad incontrar l’aspre fatiche,
45Ed i furor della battaglia rea:
Ma Dio nell’alto altro destin volgea.
Dunque dell’altrui duol mosso a mercede,
Su tante squadre ancise,
Sè ben fedel commise
50AI vil mentir dell’Ottomana fede;
E per gli aperti varchi inelito scese,
Che al più forte Oriente ei sol contese.
Stavan mirando intorno
Al gran Campione i faretrati Sciti,
55Curvi le ciglia e le gran teste inchini:
E chi lo sguardo adorno
Seco lodava di splendori arditi,
Chi lodava i sembianti almi e divini;
Quand’ecco, al giuramenti Saracini!
60Alzarsi al ciel della perfidia il segno,
E tra mille alti gridi
Cadere a’ piedi infidi
La nobil testa sotto colpo indegno;
E le membra magnanime infelici
65Farsi ludibrio a’ barbari nemici.
Flebil vista a mirarsi
Sulla terra stillar vile e negletto
Il tronco, onde Ellesponto anco paventa:
Atro il bel volto, e sparsi
70I crin tra il sangue, e del feroce aspetto
La Delta luce impallidita e spenta!
E quando in armi, o neghittosa e lenta
Italia, e quando tenterai vendetta?
Quando l’orride teste
75Appenderai funeste
All’Anima fortissima diletta?
Non vedrassi unqua in te sorger valore,
Che svelta almen degli Ottomani un core?
Ma seguendo il tormento
80Dello scempio acerbissimo sofferto
L’afflitta lingua ora s’adira or lagna,
Intanto al Sole, al vento
Stassi tra polve il gran busto deserto,
E sotto nembi freddo verno il. bagna.
85Lasso! della deserta erma campagna
Corronvi fere, e con artigli immondi
Forse augelli frementi,
Senti, Perugia, senti,
E meco tu le lagrime diffondi;
90Chè di tanto Guerrier non han pur l’ossa
Angusto marmo che coprir le possa.
Note
- ↑ La famiglia Baglione fu nel medio evo illustre in Perugia tra i nobili Ghibellini, Gio. Paolo, padre del presente, uno de’ condottieri italiani di quell’epoca, riusci a divenire signore della sua patria, Guerreggiò ai tempi di Alessandro VI, Giulio II, Leone X. Or padrone della sua patria, ora scacciatone dalle truppe pontificie, servì più volte sotto i Veneziani al tempo della Lega di Cambrai, Fu ucciso in Roma, malgrado il salvocondotto che ivi lo aveva chiamato, nel 1520.
- ↑ Nel 1570 essendo minacciata l’Isola di Cipro da una invasione turchesca, si unì a Suda nell’Isola di Candia la flotta alleata de’ Veneti, Spagnuoli e Pontificj sotto tre gran capitani Girolamo Zeno, Andrea d’Oria, Marc’Antonio Colonna. La rivalità del comando rendette inutili e vane tante forze riunite e tanto valore. Fu presa dai Turchi Nicosi capital dell’isola di Cipro, con lo sterminio degli abitanti. L’anno seguente 1571 fu assediata Famagosta, la seconda città dell’Isola, difesa da Astore Baglione, generale de’ Veneti, il quale fino all’estremo si sostenne da prode, e meritò un’onorevole capitolazione. Egli venne contro la data fede assassinato nel campo Turco il 15 agosto.