Specchio di vera penitenza/Trattato della vanagloria/Capitolo quarto
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CAPITOLO QUARTO.
Dove si dimostra quali sono quelle cose che sono cagione e inducono al vizio della vanagloria.
La quarta cosa che si dee dire della vanagloria, si è quali sono quelle cose che sono cagioni e inducono al vizio della vanagloria: della quale si scrive nel Policrato: Appena si truova niuno che non abbia appetito della1 vanagloria, e che non disideri d’essere lodato dagli uomini. E a ciò si viene per diverse vie: quale per virtù, o per immagine o apparenza di virtù; altri per beneficii di fortuna; e alcuni co’ beni della natura le vanno dietro. Onde da queste tre parti si prende la materia e la cagione d’ogni loda umana e gloria: cioè dall’anima, dal corpo e dalle cose di fuori della fortuna.2 Nell’anima sono certi beni naturali, e certi acquistati o per infusione di grazia, o per essercizio, o per continovo studio. I beni naturali dell’anima sono lo ’ntelletto chiaro col sottile ingegno, la ragione, la libertà dell’albitrio, la tenace e salda memoria, coll’altre potenzie intellettuali, le quali son pure nell’anima; e coll’altre potenzie sensitive, che sono comuni all’anima e al corpo. I beni acquistati dell’anima sono le virtù teologiche e divine; le virtù intellettuali e le morali;3 la sapienza, la scienzia e l’arti. I beni del corpo sono la sanità, la fortezza, la bellezza, la nobilitade, la libertade, l’ allegrezza; coll'essere accorto e presto, atante e bene costumato, avvenente, orrevole, adorno, con sentimenti vigorosi e forti; l’essere prode e pronto con buono avviso, studioso, sollecito e alle cose destro; l’essere bene usante con affabile piacevolezza, cortese, amorevole, giocondo e bene complessionato; avere la loquela graziosa e pronta e feconda, la voce soave, dolce e ben sonora;4 avere lo sguardo e l’andare composto, e gli altri sembianti con bèlla maniera. E avvegna che molte di queste condizioni procedano dentro dalla virtù dell’anima, s’attribuiscono al corpo, perché si mostrano e aòperansi co’ gli atti di fuori. I beni della fortuna sono le cose di fuori, che non sono in noi né in nostra podestade; onde si posson perdere, e tutto dì si perdono contro alla nostra volontà; come sono le ricchezze, le prosperitadi, lo stato, l’onore, le degnitadi, la potenzia, le delizie, la fama, la grazia e ’l favore della gente, la signoria, i molti amici, il séguito di molti, gli arnesi orrevoli, la gran famiglia, la donna graziosa e onesta, amabile, bella, di nobile sangue e di chiara fama, e di lei assai e begli5 figliuoli; avere begli palazzi co’ gli abituri agiati, larghi verzieri co’ poderi coltivati. Alcuni si gloriano d’avere begli e cari libri,6 e d’avere preziosi vestiri,7 belle immagini, e belle dipinture; spesso fare conviti e mettere tavole bene imbastite di ricchi vaselli e di molte vivande; avere armi, cavagli e donzegli bene8 adobbati; fare grandi imprese e fornirle bene, ed avere de’ nimici gloriose vittorie, e poi avere pace. Di tutte queste cose, e di più altre, le quali sarebbe lungo a contare, gli uomini del mondo vanno cercando d’avere gloria e fama: onde la Scrittura santa in diversi luoghi ne parla. Iscrivesi nel libro di Iudit di quello re Arfasat: Gloriabatur quasi potens in potentia sua, et in gloria quadrigarum suarum: Costui si gloriava della potenzia sua e de’ cavagli e de’ carri armati. E in quel medesimo libro si dice: Gloriatur in sagittis et lanceis: dice che certa gente9 si gloriavano nelle saette e nelle lancie. E della gloria ch’altri cerca delle ricchezze, dice il Salmista: In moltitudine divitiarum gloriantur. Della gloria ch’altri ha degli amici, dice il savio Ecclesiastico: In medio amicorum gloriabitur. Di quella ch’altri ha dell’antichitade sua e della nobiltà del sangue, dice Isaia: Gloriabuntur in antiquitate; et Osea: Gloria eorum a partu et vulva. Di coloro che si gloriano della bellezza e dell’apparenza delle cose di fuori, dice san Paolo: Ad eos qui in facie gloriantur. E di coloro che si gloriano di qualunque loro virtù, parla quella santa donna Iudit: Et de sua virtute gloriantes humilias. Della gloria ch’altri ha delle vittorie, è scritto nel libro Iudicum: Nec tradetur Madian in manibus eius, ne glorietur. Di quella delle immagini e delle pinture, dice il Profeta: Qui gloriatur in simulacris suis; e Ieremia: Terra sculptilium est, et in potentiis gloriatur. Della donna graziosa dice Salamone: Mulier gratiosa inveniet gloriam. Di quella gloria che altri vuole avere della bella voce e del canto, si potrebbe intendere e sponere quello che dice Isaia profeta: Gloria vocis suoe in loetitia; e quello che dice il Salmista: Cantabo et psallam in gloria mea. Delle delizie delle quali altri si gloria, si potrebbe dire quella parola che dice Isaia: Delitiis affluatis ab omnimoda gloria eius. E dell’escellenzia e della signoria10 scrive Ieremia: Solium glorioe altitudinis tuoe. Della gloria della casa e della famiglia dice Aggeo profeta: Magna erit gloria domus istius. De’ cavagli e delle vittorie delle battaglie dice Zaccaria profeta: Portabit gloriam, et sedebit equus glorioe in bello. Della gloria dell’essere destro, accorto e presto11 e simili cose, si legge nel libro de’ Maccabei, dove si scrive: Iuvenes induebant gloriam. Di quella della grazia e del favore del popolo e della fama, in quel medesimo libro si dice: Dilatavit gloriam populo suo. E della gloria e dell’onore, e dello stato e delle degnitadi, nel detto libro si legge: Cum summa gloria exaltabitur. Della gloria de’ preziosi vestimenti, si potrebbe intendere quello che dice santo Iob: Esto gloriosus, et speciosis induere vestibus: e Cristo nel Vangelo: Salomon in omni gloria sua non coopertus est sicut unus ex istis. E quel savio Boezio, nel libro della Consolazione della filosofia, mostra come di molte delle predette cose gli uomini cercano d’avere gloria e nome; onde, avendo detto delle ricchezze e della potenzia e degli onori e delle delizie, nelle quali molti pongono la loro beatitudine e la loro felicità, aggiugne: Aut quibus optimum quoddam claritas videtur, hi belli vel pacis artibus gloriosum nomen propagare festinant: Sono certi che riputando la chiarità della gloria ottima cosa, con arte di guerra e con arte di pace si sforzano di farsi glorioso nome. E poi dice: Velut nobilitas favorque popularis, quoe videntur quandam claritatem et gloriam comparare: La nobilità e ’l favore del popolo, per le quali cose pare che s’acquisti clarità e gloria. E così dice di molte altre cose che s’appartengono al corpo e alla fortuna; come sono la santà, la fortezza, la bellezza, la moglie, i figliuoli, gli amici e altre cose assai.
Poiché è veduto quali sono quelle cose di che altri si vanagloria, séguita di dire come di queste cose altri non si dee gloriare vanamente.
Note
- ↑ Nel Manoscritto: di.
- ↑ Il Testo a penna, con modo che non avrà difensori: e dalle cose fuori dalla natura.
- ↑ Ivi, per mero errore: le memoriali.
- ↑ Ediz. 95 e 85: ben sonante.
- ↑ Nelle medesime: e buoni.
- ↑ Notabile pei costumi e per le opinioni del tempo.
- ↑ Così ancora nell'edizione del Salviati; e si lascia sussistere perchè consacrato nel Vocabolario, benchè nel Codice, e nella stampa del quattrocento leggasi: restimenti.
- ↑ Questo avverbio è solo nell'edizione del primo secolo.
- ↑ Ediz. 95 e 85: certe genti.
- ↑ Meglio così, al creder nostro, gli Accademici. Nelle stampe anteriori alla loro: della eccellenzia della signoria; e nel Manoscritto: della escellenzia delle signorie.
- ↑ Così, nel Manoscritto, l'antica stampa e il Salviati. Sola, ma con eguale probabilità, l'edizione del 25: e prode. Rileggasi due pagine indietro, lin. 1 e 3.