Specchio di vera penitenza/Distinzione quinta/Capitolo sesto

Distinzione quinta - Capitolo sesto

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Distinzione quinta - Capitolo sesto
Distinzione quinta - Capitolo quinto Capitolo sesto - Qui si dimostra che quattro sono i casi ne’ quali la persona è tenuta di riconfessarsi da capo
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CAPITOLO SESTO.


Dove si dimostra come si dee fare la confessione, e quante cose si richieggiono acci che bene si faccia.


La sesta cosa che séguita a dire, si è come si dee fare la confessione, e quante cose si richieggiono acciò che ben si faccia. Dicono alcuni maestri,1 che sono dodici cose. San Tommaso dice che sono sedici, ovvero diciessette:2 e contengonsi incerti versi, e’ quali egli ordinatamente spone nel quarto libro delle Sentenzie. Onde, seguitando lui, porremo qui quegli versi, e sporrêngli stesamente, ispiegando quello ch’egli brievemente dice:

Sit simplex, humilis confessio, pura, fidelis
Atque vera, frequens, nuda, discreta, libens, verecunda,
Integra, secreta, lacrimabilis, accelerata,
Fortis et accusans, et sit parere parata.

Comprendono questi versi tutte le condizioni che dee avere la confessione, e in quanto ella è atto di virtù, e in quanto ell’è sagramento. E alcune cose di quelle si richieggiono di necessità, e alcune sono a perfezione. In prima si dice: Sit simplex. Dice che la confessione sia semplice, cioè a dire sanza piega sia spiegata:3 non abbia duplicità né involgimento di parole che nascondono il peccato, né abbia la persona che si confessa corrotta intenzione che la pieghi dalla dirittura e dalla verità; ma semplicemente intenda di confessarsi e d’accusarsi, e di correggere i suoi peccati. Così fece il santo re David, il qual disse a Natan profeta, il [p. 149 modifica]quale Iddio mandò a riprendere il suo peccato: Peccavi Domino: Io ho peccato a Dio; non mi scuso, non mi nascondo; e però merito perdonanza. Onde il Profeta gli disse: Dominus transtulit peccatum tuum: Iddio ha tolto via il peccato tuo. Contro a ciò fanno molti che nella confessione loro non intendono d’accusarsi né di correggersi, ma di lodarsi e di giustificarsi, e essere tenuti buoni e ecclesiastici, e che la gente li lodi e fídisi di loro, e avere degli offici; chè tutte queste sono pieghe che magagnano e viziano la confessione. La seconda condizione si è humilis; che dee essere umile colui che si viene a confessare, e umilmente dire il peccato suo; e cognoscasi misero e peccatore, e così voglia essere tenuto; e non solamente con le parole s’accusi peccatore, ma col quore. E se il confessoro lo riprendesse de’ suoi vizi, portilo4 pazientemente: chè sono molti che, per essere tenuti umili e giusti, spesse volte si biasimano eglino stessi; ma se interviene che altri glì riprenda, o dica loro quello che egli medesimi dicevano, non lo portano pazientemente, ma indegnano contro a coloro che gli riprendono. E questo è certo segno che non sono umili, come mostravano nelle parole; onde dice san Gregorio, esponendo quella parola di santo Iob: Peccavi et vere deliqui; et ut eram dignus, non recepi. Colui ch’è veramente umile, e umilmente confessa il suo peccato, ciò che gli è detto o fatto, tutto sostiene pazientemente: sì che coll’umiltà sta la pazienza; e colla superbia, ira e impazienzia. Non solamente la persona che si confessa dee essere umile nel quore e mostrare umiltà nelle parole, ma eziandio nell’abito e ne’ sembianti di fuori, e per dare buono essemplo altrui, e perché (secondo la dottrina di Salamone) gli atti e’ reggimenti di fuori mostrano quello che l’uomo è dentro. Contro a ciò fanno tutto dì le vane e superbe donne, le quali vengono parate e adobbate ne’ vestimenti e negli altri ornamenti alla confessione, come andassono a conviti o a [p. 150 modifica]nozze. Con ciò sia cosa che, a dire le colpe, le follie, le vanitadi, le brutture, i difetti, le sciocchezze, le magagne, le smancerie e’ loro soperchi, doverrebbono venire col capo coperto, col viso turato, cogli occhi lagrimosi e bassi, con sospiri, con pianto, con lamento, e con vestimenti disprezzati e vili; che fosse indizio del quore contrito e umiliato, dell’animo pentuto e dolente del commesso peccato. E in ciò i confessori le5 doverrebbono riprendere a ammaestrare, e non avere niuno altro rispetto che alla salute e alla loro correzione. Qualunche confessoro intende ad altro, aspetti da Dio essere duramente giudicato e punito; chè, come dice la Scrittura: Maledetto è da Dio chi fa l’opera di Dio negligentemente.6 La terza condizione che dee avere la confessione, si è pura, che sia pura; cioè a dire, che non sia mescolata con altre novelle né d’altre storie: chè chi è bene contrito de’ peccati suoi, non gli va l’animo ad altre cose, ma è inteso pure a dire i suoi peccati. E non dee essere mescolata di falsità, né di scuse de’ suoi peccati, né di dire i peccati altrui, se non fosse già si fatta circustanzia, la quale non si potesse né dovesse tacere, come detto fu di sopra. La quarta condizione che dee avere la confessione, si è fidelis, che sia fedele; cioè a dire, che si faccia a fedele confessoro e fedelmente, secondo il rito e l’ordinamento della santa Chiesa; e facciasi con fede e con isperanza d’avere l’effetto e ’l frutto della confessione, ch’è la remissione e la perdonanza del peccato: imperò che sanza questa fede e speranza, le confessione è infruttuosa, come dice santo Ambruogio. E pone l’essemplo di Caino e di Giuda, i quali confessarono il [p. 151 modifica]peccato loro, ma sanza fidanza della misericordia di Dio si disperarono, e perderono il frutto della confessione. La quinta condizione si è, che dee essere vera; che la persona non taccia la verità per la vergogna, non iscusi il peccato per la superbia, né per istolta umiltà dica di sé male quello che non è; come fanno certe persone, uomini e femmine, che dicono: – Io sono il piggiore uomo del mondo: io sono la più rea femmina che sia sopra la terra: io ho fatto e detto ogni male –; e poi non si truova essere così. Onde, come non si dee tacere quello ch’altri ha fatto, così non si dee dire quello ch’altri non ha fatto. La sesta condizione che dee avere la confessione, si è frequens; cioè a dire che si faccia spesso. E questo s’intende in due modi. L’uno si è ch’altri si confessi spesse volte per li peccati cotidiani7 ch’altri fa, e acciò che per lo indugiare non si dimentichi i peccati, e acciò che per la virtù delle chiavi che s’aopera sempre che ’l prete assolve, o la contrizione, se non fosse stata bene compiuta, si compia; o la grazia nella contrizione ricevuta, cresca; e ancora la pena dovuta per gli peccati, tra per la umiltà della confessione e per la erubescenza, cioè per la vergogna ch’è nel confessare, ch’è penosa, sì la scemi. E avvegna che ’l comandamento della Chiesa, il quale osservare è di necessitade di salute (e non puote il papa dispensare con persona veruna, che non sia tenuta a confessarsi; avvegna che potesse dispensare del tempo, che la persona potesse indugiare oltre all’anno), obblighi pure a una volta a l’anno confessarsi; e questo è per la pasqua di Resurresso, quando ciascuno fedele cristiano, uomo o femmina, che sia in etade, si dee comunicare; tuttavia in certi casi, oltre a quella volta, è l’uomo tenuto di confessarsi: come sarebbe se l’uomo infermasse gravemente; o se l’uomo dovesse entrare in mare o in giusta battaglia; o andare in lontano paese dubbioso; o dovessesi sporre o mettere a qualunche pericolo di morte; e [p. 152 modifica]dovesse dare, quanto a’ ministri della Chiesa, o ricevere, quanto a’ laci, e anche a’ cherici, qualunche sagramento. Fuori di questi casi non è l’uomo tenuto di necessità di salute confessarsi, se non quella volta; ma è utile per le cagioni dette di sopra; e ancora, come dice la Scrittura: Omnia in confessione lavantur: Tutti i peccati si lavano, anzi l’anima si lava da’ peccati nella confessione: onde, come l’uomo è sollecito di lavarsi spesso le mani e ’l volto e ’l capo e’ panni, così maggiormente l’anima, che per lo peccato isconciamente si macchia e lorda, si dee lavare. Coloro che no ’l fanno, è segno che poco pregiano la nobiltà e la nettezza dell’anima. Contro a’ quali dice Cristo nel Vangelo: Vae vobis: Guai a voi che lavate quello di fuori, rimanendo brutto quello ch’è dentro: voi siete simili a’ sepolcri imbiancati di fuori, e dentro sono pieni di puzzolenti carnami.8 Alquanti ne sono, e in ogni stato, col bello di fuori, e quello dentro imbrattato e sozzo. L’altro modo che s’intende che la confessione si debba fare spesso, si è che quegli medesimi peccati spesse volte si riconfessino: e questo non è di necessità se altri s’è bene confessato una volta, contrito e prosciolto, e fatta la penitenzia; ma se la persona sa o crede o dubita di non essere bene confessata quella volta, si dee riconfessare da capo.

Note

  1. Il nostro Testo, ciu niuna stampa seconda: Dicono i maestri.
  2. Persino gli editori del 25 prescesero: dicessette. Ma i grammatici si consolino, perchè ancora la stampa del primo secolo ha: diciasepte.
  3. Così il nostro Codice, e ne' suoi leggeva il Salviati: sanza pieghe sia ispiegata.
  4. Aggiunge qui il Codice: molto.
  5. La sola stampa del 25 ha li (il nostro Testo, erroneamente, si); e potrebbe giustificarsi intendendo che il detto abbia relazione non alle donne soltanto, ma alle persone d'ogni sesso che così vanno a confessarsi.
  6. Così, e meglio, come a noi sembra, le impressioni del XV° e XVI° secolo. Il Manoscritto sta qui a ribadire frodolentemente, che più piacque agli editori del XVIII°.
  7. Male nel nostro Testo: peccati veniali.
  8. Così, col nostro, anche l'antica stampa e il Salviati.