Alla santità di nostro signore
URBANO VIII.

../III ../V IncludiIntestazione 29 giugno 2023 75% Da definire

Alla santità di nostro signore
URBANO VIII.
III V
[p. 188 modifica]

IV

ALLA SANTITA’ DI NOSTRO SIGNORE

URBANO VIII.

     Se riguardando le ragion d’Astrea
Con occhio d’Argo, dando bando a Marte,
E della plebe dispensando a i voti
Cerere bionda, non giammai sei stanco,
5O grande Urban; ma dalle rive Eoe
Febo accompagni fino al mar d’Atlante
Con alma sempre a sì gran cura intenta.
Qual sarà lingua che d’eccelse lodi
Non t’incoroni? e fra le stelle eterne
10Astro non formi ad onorar tuo nome?
Ma qual dall’altra parte orrido spirto
Di barbaro Caton non fia cortese,
Per modo che a Pastor d’alme infinite
Non dia fra tanti affanni alcun conforto
15Alcuna volta? Non distender l’arco
Mai della mente; a ciascun’ora in mare
Farsi nocchiero, e contemplare i lumi
Del crudo Arturo o d’Orïon nemboso,
Chiede un corpo di selce e di diamante:
20Quinci lodato studio a re scettrato
È cacciar fere, e travagliar le selve,
E con tromba innocente eccitar armi,
Non sanguinose tra guerrieri amici.
Or se spirito lasso in dettar leggi
25All’universo può pigliar diletto
Lunge da biasmo, onde gli fia concesso
Più drittamente, che dall’auree Muse?
Sento il popolo sciocco alzar latrati,
Sento mugghiar la plebe, e farsi incontra,
30E saettarmi con viperei scherni.
Ma non fia ver, che me ne caglia; frali
Sono gli assalti delle lor menzogne.
Se fu chi poetando empieo le carte,

[p. 189 modifica]

E cantò Bacco, ed onorò gli scherzi
35Della Dea d’Amatunta, e di Citera,
Non fu famiglia del verace Apollo,
Ne mai dappresso all’immortale Euterpe
Fermò suoi passi, o rimirò la fronte
Dell’alma Urania, o lo splendor di Clio.
40È falso il dir che non so qual Parnaso
Le Muse alberghi, e che il gentil drappello
Terge le chiome nel Castalio fonte,
E raddolcisca con nettarea voce
Ognor le piagge dell’Argivo Eurota.
45Se pur vedute fur l’alme donzelle
Mai fra quei monti, peregrine l’orme
Colà stamparo, e sì vi fur straniere;
Lor vera Reggia è di Sïonne in cima,
E del Tabor fan volontier soggiorno
50Sulle pendici, e del Giordano all’onde
Spandono il suono dell’eteree lire,
Con varj modi serenando l’aure,
Quinci de’ cari suoi spirano in petto
Furor soave, onde quaggiuso in terra
55Soglionsi venerar, come celesti.
Tal, poichè spense a Faraon l’orgoglio,
Per decreto divin l’onda Eritrea,
La sorella d’Aron diede cantando
Grazie al Tonante; e del morir sul varco
60Mosè spiegava d’Israelle al seme
L’eterna legge con amabil carmi:
E quando cadde a morte il fier Sisára,
Per destra femminil Debora sorse,
E dettò per Jahel versi di gloria
65Alteramente; arte cotal s’apprende
Delle veraci Muse entro la scuola.
E lo sai tu, che alle stagion non gravi,
Godendo il nobil ozio, alzasti esempio
Di chiaro canto a’ più leggiadri ingegni.
70O te ben nato! per altrui virtute
Già facesti sentirti altero Cigno,
Ed or faran sentirsi alteri Cigni
Per alto pregio di tua gran virtude.
Deh qual possanza mi ritorna agli anni
75Ed al vigor della fiorita etate?
Dove sei, dove, o gioventute alata?
Questo era tempo da stancar la cetra
Dell’obblio vincitrice, e far che al cielo
Volassero giocondi inni Dircei,
80Or mi doma vecchiezza, e tra le vene
Sento correre un gelo, onde a gran pena
Per fisso favellar muovo la lingua,
Nè son signor, salvo di fiochi accenti.