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del chiabrera | 189 |
E cantò Bacco, ed onorò gli scherzi
35Della Dea d’Amatunta, e di Citera,
Non fu famiglia del verace Apollo,
Ne mai dappresso all’immortale Euterpe
Fermò suoi passi, o rimirò la fronte
Dell’alma Urania, o lo splendor di Clio.
40È falso il dir che non so qual Parnaso
Le Muse alberghi, e che il gentil drappello
Terge le chiome nel Castalio fonte,
E raddolcisca con nettarea voce
Ognor le piagge dell’Argivo Eurota.
45Se pur vedute fur l’alme donzelle
Mai fra quei monti, peregrine l’orme
Colà stamparo, e sì vi fur straniere;
Lor vera Reggia è di Sïonne in cima,
E del Tabor fan volontier soggiorno
50Sulle pendici, e del Giordano all’onde
Spandono il suono dell’eteree lire,
Con varj modi serenando l’aure,
Quinci de’ cari suoi spirano in petto
Furor soave, onde quaggiuso in terra
55Soglionsi venerar, come celesti.
Tal, poichè spense a Faraon l’orgoglio,
Per decreto divin l’onda Eritrea,
La sorella d’Aron diede cantando
Grazie al Tonante; e del morir sul varco
60Mosè spiegava d’Israelle al seme
L’eterna legge con amabil carmi:
E quando cadde a morte il fier Sisára,
Per destra femminil Debora sorse,
E dettò per Jahel versi di gloria
65Alteramente; arte cotal s’apprende
Delle veraci Muse entro la scuola.
E lo sai tu, che alle stagion non gravi,
Godendo il nobil ozio, alzasti esempio
Di chiaro canto a’ più leggiadri ingegni.
70O te ben nato! per altrui virtute
Già facesti sentirti altero Cigno,
Ed or faran sentirsi alteri Cigni
Per alto pregio di tua gran virtude.
Deh qual possanza mi ritorna agli anni
75Ed al vigor della fiorita etate?
Dove sei, dove, o gioventute alata?
Questo era tempo da stancar la cetra
Dell’obblio vincitrice, e far che al cielo
Volassero giocondi inni Dircei,
80Or mi doma vecchiezza, e tra le vene
Sento correre un gelo, onde a gran pena
Per fisso favellar muovo la lingua,
Nè son signor, salvo di fiochi accenti.
V
AL SIGNOR AGOSTINO DRAGO.
Drago, che fra solenni tribunali,
Ove lo stato nostro è sempre in forse,
Meni la vita tua, come nocchiero
In mezzo all’Oceán, che sempre mugghia;
5Dimmi sulla tua fe: giammai ti prende
Pietate alcuna della nostra etade?
Duolti di noi, quando per l’ampie sale
Corre la gente di sè stessa in bando?
O palagi, soggiorno non d’Astrea,
10Ma di calamità! per quella parte
Corre la vedovella a cui vien tolta
L’insidïata dote; e per quest’altra
Ne conduce i pupilli il buon Tutore
A dimandar mercè contro i Potenti.
15Qui piange Pietro a cui sentenza avversa
Ha rotto il collo; e là trïonfa Marco
Che borsa empierà d’aurea moneta.
Rimiransi apparir gravi Avvocati
Con codazzo di gente, e siede in alto
20Il Giudice, a veder, qual Radamanto,
O qual Minosso: egli la fronte increspa
Tutto accigliato; non rivolge il guardo,
Salvo severo; e se d’udir s’annoja,
La maestà del volto ei non scompone,
25Ma colla man fa segno: io non so poi
Pur di quella sua man ciò che facesse,
Ben lusingato in solitaria stanza,
Che alfin la mano per pigliar: dirai,
Drago gentil, che la mia penna è tinta
30Di scuro fiel; così mi versi Clio
Largamente la fonte di Parnaso,
Come io del biasmo altrui non mi rallegro
Atto cortese è perdonare: io mossi
A favellar di liti, e di palagi
35Per dar chiara corona a quei Gentili
Che sanno quivi consolar gli afflitti:
E fra tutti costor tu non risplendi
Men che piropo, e non per tanto alcuno
Sul viso ti dirà, come è sciocchezza
40Non pescar nel gran fiume della Plata.
Ma non abbandonar la bella impresa,
E fatti sordo a’ consiglier malvagi.
Mortal ricchezza a mille rischi esponsi,
E rimansi di qua; vera virtude
45Sicura n’accompagna oltra il sepolcro.
VI
AL SIG. LUCIANO BORZONE.
Borzon, tosto che torni il Sol nel Cancro,
Fornirà l’anno, ch’io lasciava il Tebro,
E tornava a trovar mia Siracusa.
Come giunsi a Baccano, io diedi bando
5Al pensiero dell’ostro de’ Romani,
E dissi al Lettichiero: o Lettichiero,
Se mai non ti si azzoppi alcun de’ muli,
Ne mai ti venga men ricca vettura,
Dimmi, scorgesti tu per alcun loco
10Persona, che sembrasse esser felice?
Com’ebbi così detto, egli distese
La destra mano, ed additommi il Sole.
Rispose poi: Per quel lume di Dio!
Ho condotti soldati, ed ho condotti
15Mercanti, or Cittadini, ed or Baroni,
Ed ora Monsignori, or Cardinali,
Giovani, vecchi, e di ciasuna etade,
Ne mai m’avvenne d’incontrar pur uno
Che dello stato suo fosse contento.
20A questo è mosso un forte piato, a quello
Il mal francese ha ben tarlate l’ossa;