Scritti politici e autobiografici/Fuga in quattro tempi/Secondo tempo
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Secondo tempo.
Ustica, Lipari. Quasi due anni di confino, dopo uno di prigione. Ustica, parentesi breve tra due prigioni. Lipari parentesi aperta.
Sono a Lipari da sei mesi. Marion è qui, il Mirtillino è qui. Cerco di educare il mio scarso senso di paternità. Chi si occupa dell’umanità in genere, difficilmente è un buon padre. Forse con gli anni...
Ho molti amici, vivo discretamente, leggo, di nascosto scrivo. Ma sono già stufo, orrendamente stufo di questa vita da pollaio, di questa falsa apparenza di libertà. Meglio forse la prigione. In cella la impossibilità di fuggire è evidente e il sacrificio più netto.
Il confino è una grande cella senza muri, tutta cielo e mare. Funzionano da muri le pattuglie dei militi. Muri di carne e ossa, non di calce e di pietra. La voglia di scavalcarli diventa ossessionante.
Il mare è solcato da navi e da barche. I motoscafi della polizia sono il nostro supplizio di Tantalo.
Lunghi calcoli sulle carte. Tunisi, Malta, Corsica. 300 miglia, 250 miglia, 400 miglia. Studio dei servizi, dei viottoli. Non sono fatto per la vita di pollaio. Invece, pare impossibile, tutti ritengono Rosselli sistematissimo. C’è un «cliché» che gira anche in Direzione; pacifico, studioso, passerà bene i cinque anni. Faccio di tutto per colorire le tinte. Solo qualche amico sa che il «cliché» è falso.
Il «cliché» funzionerà a meraviglia il 30 marzo 1929. Roma telegrafa di appioppare straordinario servizio di sorveglianza al confinato Rosselli, sospetto di nutrire prave intenzioni di fuga. I primi a sorridere dell’ordine romano sono gli agenti. Il cav. Cannata, direttore della colonia, siciliano ignorante e violento, ma non perfido, risponde a un dipresso: «Rosselli confinato modello, magari fossero tutti così. Escludo ipotesi avanzata cotesto Superiore Ufficio. Ritengo non necessario speciale servizio sorveglianza, chiedo autorizzazione levarlo» (e dire che allora eravamo già stati in acqua due volte).
A quattro mesi data, felice evasione del raccomandato e dei suoi due compagni. Cannata si strappa i capelli e finisce in casa di salute (sono crudele); Roma giura che ci fu corruzione (non ci fu). La verità è che Cannata merita zero in intuizione, zero in prevenzione, zero in tutto e nulla più. La sua vera stoltezza la commise il giorno che decise di censurare personalmente le lettere del «confinato modello», assieme ad altre poche; permise così al «confinato modello» di insinuargli dolcemente nel cervello il famoso «cliché»; tutto famiglia, studio, serietà, con una strana rotella che non funziona (quella che lo rende antifascista). Ma sincero, soprattutto sincero.
No, no, non sono nato per il pollaio.
Il nostro pollaio non ammette imprevisti politici. Solo nei periodi difficili le divisioni scompaiono e lo spirito di corpo prevale. Di solito il pollaio è diviso in gruppi e sottogruppi. Il comunista parla con compatimento del socialista; il socialista accusa di formalismo il repubblicano; l’anarchico ci mette tutti in un mazzo. Poi ci sono i trotzkiani e gli staliniani, i massimalisti, gli unitari, i fautori dell’unità, i repubblicani socialisti, i repubblicani tradizionalisti, gli individualisti, i comunisti anarchici, i democratici indipendenti, un popolare perché non si perda la razza.
Scoperta di Dolci e di Fabbri.
Dolci è il più intelligente di tutti. Tutto lo interessa, tutto comprende. Silvestri (che ha pure altre virtù) fa la ginnastica sistema Muller. Dolci fa la ginnastica con le idee. Tutti gli attrezzi sono buoni. Passa dalla radio alla filosofia, dalla musica alla biologia. Gran signore, deve tutto a se stesso. C’è in lui un distacco costituzionale da tutto ciò che forma l’ambizione dell’uomo normale. Anche nella lotta, lotta per ginnastica morale, per guardarsi dal filisteismo borghese. Naviga e vola con la stessa indifferenza con cui prepara uno schema radio.
La compagnia di Dolci mi ha consolato durante una lunga estate solitaria.
Fabbri è l’opposto di Dolci. Figlio della terra, ne conserva la concretezza e la fruttuosità. Terra bolognese: grassa e generosa. Colono, poi organizzatore di contadini, infine capo della resistenza molinellese. Fabbri è la riprova della vitalità del socialismo. Un movimento che produce dei Fabbri, dei Bentivogli, dei Bagni, può concedersi di ipotecare il futuro. La gramigna non è riuscita a vietare il buon grano.
Fabbri è un grande organizzatore (socialisti italiani, imparate il suo nome). A Lipari si accontentava di fare il lavandaio. Ma un lavandaio autoritario. Quando veniva a prendere la biancheria il servo eri tu, non lui. Terminato il bucato, Fabbri studiava il francese e leggeva con la stessa energia con cui per tanti anni aveva maneggiato la vanga.
Ringrazio il confino per queste ed altre amicizie. Ma ora basta. Troppo tempo perduto. Lipari va bene per pensionati politici, non per uomini che intendono battersi, lavorare. Le ragioni che ci hanno condotto qui sono già scontate, dimenticate. Abbiamo sete di nuovi reati, sete d’azione. Non siamo delinquenti occasionali. Tre anni di inattività sono un omaggio già enorme al fascismo. Bisogna far punto e da capo.
Il più stufo è Lussu. Nella prima visita che gli feci si parlò dell’Aventino e del Risorgimento. Nella seconda di fuga. Abbiamo poi sempre parlato di fuga, fino alla noia, fino alla reciproca esasperazione.
Fuga con variazioni, in tutti i tempi, passati, presenti, futuri, condizionali. Fughe in barca, in motoscafo, in piroscafo, in aeroplano, in dirigibile. Fuga, fuga, fuga. Ora, dietro consiglio di Turati, maestro di stile, abbiamo imparato a chiamarla «evasione». È più dignitoso. Ma allora la chiamavamo fuga.
Nitti e Dolci erano della partita.
Comunico a mia moglie la decisione. Trova naturalissimo. Sono io che non trovo naturale che trovi la cosa naturale. Il vecchio orgoglio maschile mi acceca: credo che lo spirito di avventura sia privilegio dei maschi. Dimentico sempre che in Inghilterra sono le donne a regnare.