Saggio intorno ai sinonimi della lingua italiana/Accordare - Concedere

Accordare - Concedere

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ACCORDARE- CONCEDERE.

Il liuto, gradito passatempo delle donne, de’ ministrelli, e de’ paggi ne’ tempi cavallereschi, diede origine al verbo accordare, che nel suo primitivo significato vale tendere le corde d’uno strumento musicale in modo ch’esse possano armonizzare; si allargò poscia lo stesso significato da più corde a più voci, a più stromenti; quindi con felice trapasso da fìsico a morale, si disse accordare per temperare due o più opinioni diverse in maniera, che esse vengano a farne una sola, e però accordarsi vale convenire ne’ principi, idee di un altro; finalmente per estrema transizione si disse accordare per acconsentire in una cosa che ti sia chiesta, o proposta, ed in quest’ultimo significato, per quanto sia esso lontano dal primo, si sente pur sempre l’idea dell'accordo, poiché il consenso, che dai, ti pone d'accordo con chi ti propone una cosa, o te la chiede. Sono questi i soli e veri significati del vocabolo accordare, del quale si fa in questi tempi tanto scialacquo dagli scrittori inesperti. [p. 2 modifica]

Giova ora raccogliere l’attenzione sulla differenza dell’ultimo significato d’accordare da concedere, la quale è in vero difficile a ravvisarsi al primo tratto. Esaminiamola:

Tra concedere libero ed assoluto nella pienezza de’ suoi significati,. e concedere relativo e ristretto ad una domanda che ti sia fatta, ad una difficoltà che ti sia proposta, la differenza è assai grande; poiché nel primo caso vale permettere, dare, prestare, somministrare, apportare, recare, passare o cedere alla maniera de’ latini, ed in nessuno di questi significati può sostituirsi ad accordare, che se alcuno ama di parlar proprio ed esatto, non dirà certamente, che le leggi accordano la facoltà ad ogni cittadino di difendere la sua persona, le sue proprietà, ma sibbene ch’esse la concedono o la danno; nè dirà che la fortuna accorda agli uomini le ricchezze non le virtù, ma piuttosto che le concede, o le comparte da quella cieca ch’ella è; nè si potrebbe tampoco porre il verbo accordare in luogo di concedere in questi versi di Dante:

«A che, e come concedette Amore
Che conosceste i dubbiosi desiri?»


e tanto meno in questi altri: [p. 3 modifica]

«Mentre che torni, parlerò con questa,
Che ne conceda 'i suoi omeri forti.»

nè in questo bel passo del Decamerone:

«Essendo ogni cosa piena di que’ fiori che concedeva il tempo.»

Non v’ ha dunque afiìnità fra i due verbi, se non quando concedere viene adoperato per acconsentire; ma anche in questo caso, che è l’unico nel quale le due voci sembrano sinonime, v’ha, a chi guarda ben addentro, una certa diversità, la quale procede pur sempre dalla diversa loro natura, e fa sì, che concedere s’adopera più propriamente da superiore ad inferiore, e accordare da pari a pari. Avvertasi inoltre, che accordare, nel significato di cui parliamo, abbisogna di domandare o di chiedere, ai quali si dee necessariamente contrapporre, come si vede nel seguente calzantissimo esempio del Segneri, quantunque il buon padre non siasi fatto carico della sconvenienza di far accordare da Dio quelle grazie, ch’egli degna concedere: «Non ci fu detto da voi, che quanto avessimo chiesto a nostra salvezza, ci sarebbe stato accordato

Da quesie osservazioni si può dedurre, che accordare differisce in ogni caso da concedere; [p. 4 modifica] e dove sembra che più se gli accosti, viene ancor differenziato dalla necessità d’esser contrapposto a chiedere o a domandare, e dall’indole del suo uffizio, che è quello di esprimere un consenso, col quale due cose differenti vengono ad essere conguagliate, mentre che concedere esprimendo pur esso un consenso, non pareggia in nulla chi lo da a chi lo domanda.

Bella proprietà e grande ricchezza ad una lingua è l’avere altrettanti vocaboli quante sono le varie idee o concomitanti o accessorie, dalle quali vien sempre accompagnata la principale, ossia la caratteristica, e gran segno di povertà è il rimanersi allo schietto necessario de’vocaboli che esprimono una generalità. Per questo rispetto io porto opinione, che la lingua nostra avanzerebbe d’assai le lingue romane sorelle, ove ella potesse vantaggiarsi di tutte le sue ricchezze, e non fosse perpetuo zimbello ora dei moderni corruttori, che le buttano in volto il fango straniero, ora de’ pedanti, che la stringono e la martoriano entro le fasce della sua prima età, contendendole il crescere, e vietandole d’ampliarsi col secolo, e colla filosofia. E per tornare alla ricchezza relativa della lingua nostra, vedi, o lettore, di quanti bei modi essa [p. 5 modifica]ti fornisce onde particolarizzare con altrettanti vocaboli proprii e spiccati le molte idee, che abbraccia il generico accorder de’ Francesi. Noi dìciamo, per cagion d’esempio, che Iddio concede le sue grazie; che i Re compartono i loro favori; che le leggi danno ai cittadini questa o quella facoltà; che un Principe assegna una pensione, conferisce una carica, un titolo a quelli fra’ suoi servitori, i quali coi loro buoni e fedeli servigii se ne sono renduti meritevoli; che il ricco e l’agiato dee prestar soccorso al povero, al disagiato; che il potente dee esser largo della sua protezione al debole, e finalmente che un generale assediante accorda questa o quella domanda, che il nemico assediato gli fa ne’ capitoli della resa d’una piazza. E se vuoi sapere, perché il verbo accordare venga ristretto a questa sola funzione di consenso ad una domanda fatta, ti risponderò col richiamarti alla mente le corde del liuto, che ti ho posto innanzi sul principio di questo articolo.