Saggio di racconti/II
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RACCONTO II.
I primi e i migliori aiuti che Dio ha dato ai bambini sono i genitori. Che farebbero essi senza di loro? Appena nati hanno bisogno di esser nutriti, vestiti, liberati da tanti pericoli che non conoscono; quando sono cresciuti di qualche anno è necessario che siano educati nei buoni costumi e istruiti per una professione, o che imparino un mestiero od un’arte. Se i genitori non possono far tutto da sè, pensano a farlo fare agli altri, e alla fine il bambino cresce capace di diventare un uomo e di essere l’aiuto e la consolazione dei genitori. Ma non tutti i bambini hanno la fortuna di aver sempre vivi i loro genitori. V'è chi rimane orfano, e questa è la infelicità la più grande. Preghiamo il cielo che non vi siano mai orfani; e se ve ne sono, accordiamoci ad aiutarli, a consolarli; pigliamoli noi per nostri figliuoli o per nostri fratelli. Alcuni fanciulli perdono solamente la mamma od il babbo; ed anche questi sono infelici, perchè hanno un grande aiuto di meno; ma se hanno buon cuore, giudizio e coraggio, son destinati a fare la consolazione del genitore che ad essi è rimasto, e a diminuirgli il dolore di una gran perdita.
Una fanciulletta, per nome Teresina Bricoli, aveva sei anni quando restò senza il babbo. Poveretta! non conosceva tutta la grandezza della sua disgrazia; ma dal piangere e dal lamentarsi che faceva sua madre, si accorse pur troppo che dovevano essere diventate infelici. E poi quel non vedere più il babbo, quel non sentirsi più chiamare da lui, quel non ricevere più le sue carezze ed i suoi consigli, era un continue dolore. Le donne le quali venivano per consolare sua madre cercavano di far coraggio anche a lei; ma senza averne un poco da sè, quel conforto non le sarebbe servito. Il suo patire più grande poi consisteva nel vedere che la mamma non si poteva dar pace d’esser rimasta vedova. «Almeno, disse un giorno tra sè la Teresina, vediamo se mi riescisse d’essere tanto buona da non dar mai un dispiacere alla mamma, anzi, da consolarla un poco nella sua disgrazia.» Allora cominciò a fare ogni cosa con più attenzione, a imparare la treccia, che in quel tempo dava un buon guadagno, a lavorare anche nelle ore nelle quali prima era solita di spassarsi, ad obbedirla più prontamente, a prevenire ogni volta che poteva i suoi desiderj. E poi nelle sue maniere e nella sua voce metteva una dolcezza che faceva proprio innamorare di sè. In sostanza non intravvenne mai che sua madre avesse da rimproverarla; e la Teresina ebbe finalmente la soddisfazione di vederla contenta di lei un giorno più dell’altro. Fino dal momento della disgrazia del babbo era stato necessario diminuire le spese di casa; bisognava contentarsi di mangiare un po’ di minestra e un po’ di pan solo; non pensare più a certi divertimenti che le andavano tanto a genio, come sarebbero le scampagnate; ed era indispensabile vestirsi di roba più ordinaria. Non vi era più il babbo che col suo lavoro guadagnasse da comprare il companatico e i vestiti nuovi, ed occorreva tener più di conto d’ogni cosa. Ebbene! la Teresina si contentava della sua vita più ristretta, si privava volentieri delle cose superflue, e non si vergognava di farsi veder fuori vestita con roba usata e più ordinaria di quella delle sue compagne. Cercava di star sempre pulita, e faceva risparmio di tutto. Sua madre aveva ella saputo adattarsi ad ogni privazione? tanto più doveva poterlo fare la sua figliuola.
Una Tolta uscendo di chiesa sentì dietro a sè certe ragazzine vestite bene ma educate male, le quali si burlavano della povertà del suo vestiario e di quello di sua madre, perchè non v’erano nastri nè fiocchi nè spilloni in capo nè pettine lavorato; ma ella non se ne vergognò, e non ne sentì nemmeno rancore verso di loro. Vide che era pulita e rimendata per tutto, e le parve che bastasse.
Tornata a casa, esaminò anche meglio la sua robicciuola, e nel ravviarsi i capelli si sentì battere nella gota le buccole che erano piuttosto belline. «Oh! disse allora tra sè, per la figliuola di una vedova queste buccole son troppo di lusso;» e corse alla mamma chiedendole un piacere. Era il primo piacere che le chiedeva. Figuratevi! la mamma le disse subito che le avrebbe accordato qualunque cosa. E allora la Teresina la pregò di far barattare con due cerchiettini semplici semplici le belle buccole che aveva, e di adoperare l’avanzo del loro costo a farsi qualche cosa per sè. Udito questo, la mamma si pentì quasi della promessa, perchè non voleva che la sua figliolina si privasse di quell’ornamento che era il solo che le fosse rimasto; ma visto come ella fosse determinata a farlo, e che le sarebbe dispiaciuto troppo il non essere esaudita, si lasciò indurre a contentarla, e la Teresina ne fu lieta oltremodo. E sapete voi? con quella semplicità di vestiario il suo volto dava meglio a divedere la bontà del suo cuore. Perchè non è vero che per farsi benvolere siano necessarj gli adornamenti. Passano spesso per caricature; si guarda quelli, e non si bada più alla persona. I veri ornamenti dei fanciulli sono la nettezza, la semplicità e la modestia.
La Teresina aveva cominciato a lavorare tanto bene e tanto presto la treccia, che già guadagnava qualche cosetta, e sua madre ne ricavava un sollievo. Ma più che altro le facevano somma consolazione la bontà e il giudizio che sempre vedeva crescere in lei. E la Teresina se ne era accorta, e senza inorgoglirsi, se ne consolava dentro di sè, vedendo come le riescisse di fare in qualche modo il proprio dovere. Poi fu anche più convinta e più lieta della contentezza della mamma per una carta combinazione che vi voglio egualmente narrare.
La Teresina andava sempre a letto un poco prima di sua madre, e, per il solito, appena buttata giù, si addormentava fino alla mattina, e dormiva tranquillamente. Nonostante una sera, non saprei dire perchè, non si addormentò così subito. Allora se ne stette lì zitta zitta affinchè sua madre, sentendola sveglia, non avesse a dubitare che fosse malata. Mentre dunque la Teresina andava pensando alle cose sue e aspettando il sonno, si accorse che la mamma prima di entrare in letto s’inginocchiava a fare orazione. Quantunque ella proferisse le sue preghiere sotto voce, nonostante la figliuola potè capire queste parole. — «Signore, avete permesso che io restassi vedova e povera, che avessi il dolore di perdere un marito che io amava come me stessa. E una disgrazia grande, ma voi mi avete dato anche la forza di rassegnarmi. Penso poi a tante altre mogli che avranno perduto il marito, e saranno più infelici di me. Oh, Signore! fate almeno che anch’esse abbiano una figliuola come la mia. Se io ho perduto un bene, voi me ne avete concesso un altro tanto grande, che non posso più chiamarmi infelice... Ah! beneditela, o Signore, questa vostra creatura che mi fa conoscere quanto sia infinita la vostra bontà e la vostra sapienza. Sì! benedite la mia Teresina, e fate che io possa amarla quanto merita, ed assisterla sempre.» Pensate se la Teresina si sentì intenerire a questa preghiera; e quando sua madre fu entrata nel letto, non potè fare a meno di abbracciarla e baciarla, dicendole che aveva udito la sua preghiera, che la ringraziava, ma che non le pareva di meritare quell’elogio. La mamma meravigliata e commossa, le rispose che aveva parlato col cuore, che ogni sera faceva la stessa orazione, e le pareva anzi di non potere spiegare tutta la consolazione che ricavava dalla sua buona condotta. Così tra questi lieti e amorosi colloqui ambedue si addormentarono piene di dolce consolazione.
Già v’immaginerete che la Teresina da quella sera in poi raddoppiò le sue premure per meritarsi l’approvazione della mamma e per consolarla sempre di più. Che si fa celia! ella s’era ormai figurata di aver avuto come in custodia una madre amorevole; e col crescere dell’età aumentava in lei il rispetto per chi le aveva dato la vita. La contentezza dell’animo poi le rese più lucido l’intelletto, e acquistò un’abilità grande nei suoi lavori. Sicchè potè presto provvedere ai suoi bisogni, ed anche procacciare alla madre quei comodi che aveva dovuto abbandonare dopo la morte del marito. In sostanza, la Teresina arrivò al punto di poter dire alla mamma già invecchiata: «Ora dovete riposarvi; avete faticato tanto per me! voi mi avete dato la vita, la sussistenza e l’educazione, mentre io non posso fare altro che prepararvi un po’ di riposo. Accettate questo almeno, e lasciate a me la cura del rimanente.» La madre piangendo di consolazione abbracciava la figliuola, e la ringraziava. Benchè vecchia, non poteva stare senza far nulla, e lavorava qualche ora del giorno; ma poi sedendo in un comodo seggiolone, con un libro d’orazioni in mano, si riposava, e diceva di quando in quando alla figliuola: «Ecco, vedi tu? ora mi riposo, ed è tutto tuo dono questa tranquillità della mia vecchiaia.» La Teresina arrossiva, e seguitava le sue faccende. Così non passò mai una sera che la povera vedova non avesse ragione di ringraziare Dio d’averle concesso una figliuola tanto amorosa.