Saggi poetici (Kulmann)/Parte terza/Apollonio da Rodi
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APOLLONIO DA RODI
CORESO
Patra1 ogni anno festeggia
Nel più lieto suo bosco,
Allor ch’è in fior la vite
4Tre giorni a Bacco sacri.
Sul verdeggiante lido
Del variabil Milico,
Sorge di Bacco il tempio,
8Splendido al par del sole.
S’alza, vicino al tempio,
Tumulo che, cogli anni,
Si rivestì di fiori
12Sì che il marmo non vedi.
Su quel marmo s’appoggia
De’ sacerdoti il primo,
Ed ai giovani vôlto
16Che l’attorniano, dice:
«Non seguite i consigli
D’alterigia sprezzante!
Anco l’amore è dono
20Del benefico cielo.
Come rosea si mostra
Sull’Erimante l’alba,
È tal lieve Calliroe
24Qual mattutina auretta.
Oggi quel garzon vago
Dal crin lungo le piace;
Dirà domani: «È femmina
28In mascoline spoglie.»
Loda d’un altro il grave
Modestissimo aspetto.
Dice poi: «Ve’ quel volto,
32Privo è di cor e d’alma.»
Alla festa di Bacco,
Ch’ora qui celebriamo,
Lei, di Patrasso onore,
36Apria la sacra danza.
Come, tornata in Delfo
Dalle Menalee cime,
Danza Diana talora
40Alle Camene unita:
Splendono anche le Muse
Nel bel fiore degli anni,
Ma discerne di Febo
44Subito ognun la suora;
Tale essa. Nella folla
Dicesi: «Non è questa
Di Minosse la prole?
48O la suora di Bacco?
Esce dal sacro tempio
Coreso. Egli un istante
La mirò, ed avvamparne
52D’amor sentissi ’l core.
Con istento Coreso
Adempì i sacri riti;
Che novizio il cor serve
56Due Numi; Bacco e Amore.
Il terzo giorno ei disse
A Calliroe tremando:
«Sole del cor, dell’alma,
60Deh, non sprezzar mio amore!»
Arrossisce Calliroe,
La parola le manca:
Alla superba piace
64Del bel giovin la scelta.
Ma sen vola coll’aura
Mattinal quell’affetto:
«Egli ’l suo Nume adori:
68Un vero amor m’è noja.»
A Coreso pervenne
Il detto, e ’l cor gli riempie
D’alto dolor. Ma il Nume
72Vuol punire l’offesa.
Con furibondo piede
Pesta le ricche viti:
«Senza vino saranno,
76Al mio culto rubelli!»
Della città la speme
Per quell’anno spario.
Consultaro Dodona,
80Onde placare il Dio.
«Rifiorirà la vite,
Quando il rio capo cada
O vittima spontanea
84Dall’acciar di Coreso.»
La risposta di Giove
Giunta, gridano tutti:
«Muoja l’altera vergine
88Alla festa di Bacco.»
Orba de’ genitori,
La tremante fanciulla
Mira, se a lei d’intorno
92Cor pietoso non trovi.
A lei d’intorno stanno
Quei giovanetti stessi
Che le dissero spesso:
96«Più di mia vita t’amo!»
Ma sono indifferenti
Or tutti al di lei pianto...
Annunziano le trombe
100Già la fatale festa.
Essa, di senso priva,
Giace nelle tremanti
Braccia delle compagne,
104Che l’adornan di nastri...
Tu dunque, audace turba,
La destini alla morte?
Tu del tuo sangue prodiga
108Nelle crude battaglie,
Per acquistar la gloria,
Che qual un lampo passa,
Lo risparmi, potendo
112Comprare eterno amore?
Che, pria che’l sacro ferro
Tocchi te, la vedrai,
D’immenso amore accesa
116Nelle braccia caderti;
D’or innanzi fuggendo
Ogni adunanza, e al pari
D’un Nume t’adorando,
120A te sarà soggetta...
Guidata no, chè i passi
Le mancano, è portata
Là dove i sacerdoti
124L’attendono sull’ara.
Ai sacerdoti in mezzo
Torbido sta Coreso,
Brilla negli occhi suoi
128Un orrido sorriso.
Ei con una man tiene
La tremante fanciulla;
E coll’altra l’ingordo
132Ferro folgoreggiante.
Egli disse: «Ecco il frutto
Della superbia tua,
Che, misera, t’indusse
136Ad irritare il Dio.
Se voluto l’avesti,
Ambo sarem felici!
Vano pensier! Se ’l puoi,
140Sia tu sola felice!»
E piombò con isforzo
L’acciar nel proprio petto.
La folla inorridisce
144Sgorgar veggendo il sangue.
Ma qual da lungo sonno
Letargico svegliata:
«Io vivere, disse ella,
148Dopo lui, per me estinto?
No. Se vivente tua
Io già non fui; morendo
Io tua sarò; tu accetta
152L’amplesso mio, ti seguo!»
Tratto l’acciar fumante
Dell’amante dal petto,
Come d’amor furtivo
156Pegno, nel sen se ’l caccia.
Scesero l’alme loro
Giunte inverso Plutone,
Le lor terrene spoglie
160Questa tomba ricopre.
Ambidue nelle estive
Calde notti sovente
Abbandonano l’atra
164Sotterranea lor sede,
E, scintillanti stelle,
Volano insiem scorrendo
Le paludose sponde
168Del capriccioso fiume.
E con piacer le mira
Il pastore la notte,
E dall’apparir loro
172Opime messi augura.
Ma tosto che l’aurora
Indora le lontane
Arcadiche montagne,
176Tornan essi sotterra.
Note
- ↑ Nome antico di Patrasso.