Saggi poetici (Kulmann)/Parte prima/L'iride

Parte prima - L'iride

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L’IRIDE


Presso la mandra sua
     Romita pastorella,
     Tosto che ’n mezzo all’atre
     Gravide nubi vede
     5L’arco da’ bei colori,
     Sua dolce voce scioglie
     A canto popolare:

Salute, Iride bella,
     O tu dell’uman seme
     10E de’ superni Dei
     Interprete fedel.

Tu, che coll’ali azzurre,
     Ch’han d’or le cime, fendi
     I negri nuvoloni,
     15E drizzi il volo in giù.

Tosto che ’l Re de Numi
     Ti spiega il suo volere,
     Il variopinto cerchio
     19Per noi s’abbassa e vien.

Tiene l’immenso cielo,
     E l’un de’ piedi pone
     Sovra gli alpestri gioghi,
     23L’altro sul vasto mar.

All’apparir tuo primo
     L’irato ciel si placa,
     E lieto si rischiara
     27Il prato e il fiumicel.

Sembra che il vasto empireo
     Grata fragranza spiri,
     E par che in lieti giri
     31Si spanda il grato odor.

Salute, Iride bella,
     O tu dell’uman Seme
     E de’ superni Dei
     35Interprete fedel.

Così cantò la Vergine.
     E poi fra sè pensava:
     «A me più fiate dissero,
     Che nell’istesso luogo,
     40Ove l’arco celeste
     Toccò la terra o l’onde,
     Si trova un’ampia conca
     Dalle più vive tinte,
     Od una tazza d’oro
     45Della più vaga forma.
     Anch’io veder vorrei
     Ove abbassossi l’arco,
     Sperando di trovarvi
     Un segno o qualche lieve
     50Vestigio del soggiorno,
     Che fecevi de’ Numi
     La dolce messaggiera.
     Tal luogo agli occhi miei
     Sacro saria, là ai Numi
     55Più fervide, più grate
     Preghiere innalzerei,
     E a lor più presso credermi
     Io là così potrei.
     Se questa gregge mia
     60Lasciar potessi sola,
     Ascenderei que’ monti,
     Ove lo splendid’arco
     Appunto or posa il piede.»
Così disse, fissando
     65Gli sguardi suoi sull’arco,
     Ch’ognora più s’abbella.
Gli abitator celesti

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     Pietosamente udiro
     Dell’innocente vergine
     Il candido desio.
     «O Numi! che mai veggo?
     5In seno all’arco immenso
     Un altro più lucente
     E men esteso nasce!
     Poggiando l’un de piedi
     Sul monticel vicino
     10In mezzo alla pianura,
     Ove ne’ giorni estivi
     Han uso le mie care
     Colombe d’annidarsi.
     Eccole già, sturbate
     15Dal subito chiarore
     Dell’arco scintillante,
     Fuggirsene, cercando
     Presso di me un asilo!
     O pazzarelle! Scena
     20Sfuggite senza uguale,
     Che la custode vostra
     Da lungo tempo brama
     Di rimirar da presso!...
     Ma che vuole lor grido
     25E quel girarsi spesso
     Ver me? Camminan esse
     Innanzi a me; poi tubano,
     Volgendo ’l capo, quasi
     Accertarsi volessero,
     30Se sono per seguirle.
     Andate, pazzarelle,
     E lasciatemi in pace!
     Per voi quasi obliai
     Quell’arco maestoso.
     35Oh! come egli frattanto
     Più fulgido divenne!
     Qual vigor, qual bellezza
     Racchiude nei colori!
     Giammai sì vaghi e belli
     40Non si mostraro innanzi...
     Ma ecco le mie colombe
     Che tornano a lor giuochi,
     Il sentiero additandomi
     Del poggio, dove l’arco
     45Chiarissimo s’abbassa....
     A voi m’arrendo, o care,
     Guidatemi, vi seguo.
     Pasci tranquilla e attendi,
     Diletta gregge mia,
     50Il pronto mio ritorno.»
Seguì la pastorella
     Correndo delle guide
     Il frettoloso volo.
Arriva la fanciulla
     55Al piè del monticello;
     Ma nel momento stesso
     Il lieto e luminoso
     Arco sparì.
                         «Me stolta!
     Perchè non mi risolsi
     60D’abbandonar la mandra
     Allor che ’l lucid’arco
     Apparve sovra il colle?
     L’avrei quivi veduto
     In tutto il suo splendore....
     65Ma correr voglio almeno
     Là ove posava il piede.»
Il colle ascese rapida,
     E chi ridir potria,
     Quel che ’l suo cor sentiva,
     70Sì tosto che del poggio
     In sulla cima vide
     Nell’umido sabbione
     Dell’Iride le traccie,
     E in mezzo a quelle scorse
     75I baldanzosi fiori,
     Che serbano finora
     Il nome della Diva.