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L’IRIDE
Presso la mandra sua
Romita pastorella,
Tosto che ’n mezzo all’atre
Gravide nubi vede
5L’arco da’ bei colori,
Sua dolce voce scioglie
A canto popolare:
Salute, Iride bella,
O tu dell’uman seme
10E de’ superni Dei
Interprete fedel.
Tu, che coll’ali azzurre,
Ch’han d’or le cime, fendi
I negri nuvoloni,
15E drizzi il volo in giù.
Tosto che ’l Re de Numi
Ti spiega il suo volere,
Il variopinto cerchio
19Per noi s’abbassa e vien.
Tiene l’immenso cielo,
E l’un de’ piedi pone
Sovra gli alpestri gioghi,
23L’altro sul vasto mar.
All’apparir tuo primo
L’irato ciel si placa,
E lieto si rischiara
27Il prato e il fiumicel.
Sembra che il vasto empireo
Grata fragranza spiri,
E par che in lieti giri
31Si spanda il grato odor.
Salute, Iride bella,
O tu dell’uman Seme
E de’ superni Dei
35Interprete fedel.
Così cantò la Vergine.
E poi fra sè pensava:
«A me più fiate dissero,
Che nell’istesso luogo,
40Ove l’arco celeste
Toccò la terra o l’onde,
Si trova un’ampia conca
Dalle più vive tinte,
Od una tazza d’oro
45Della più vaga forma.
Anch’io veder vorrei
Ove abbassossi l’arco,
Sperando di trovarvi
Un segno o qualche lieve
50Vestigio del soggiorno,
Che fecevi de’ Numi
La dolce messaggiera.
Tal luogo agli occhi miei
Sacro saria, là ai Numi
55Più fervide, più grate
Preghiere innalzerei,
E a lor più presso credermi
Io là così potrei.
Se questa gregge mia
60Lasciar potessi sola,
Ascenderei que’ monti,
Ove lo splendid’arco
Appunto or posa il piede.»
Così disse, fissando
65Gli sguardi suoi sull’arco,
Ch’ognora più s’abbella.
Gli abitator celesti