Rivista di Scienza - Vol. II/Chimica e Biologia

Giulio Fano

Chimica e Biologia ../La théorie électromagnetique de l’Univers ../Il Pithecanthropus erectus e l’origine della specie umana IncludiIntestazione 16 febbraio 2014 100% Scienze

La théorie électromagnetique de l’Univers Il Pithecanthropus erectus e l’origine della specie umana
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CHIMICA E BIOLOGIA



Lo studio degli esseri viventi ci ha insegnato che le manifestazioni energetiche di essi derivano, per la maggior parte almeno, da processi chimici; questa nozione importantissima ed i successi della sintesi organica trassero alcuni alla conclusione che la Chimica potrà condurci, in un giorno più o meno remoto, alla costruzione artificiale di materia vivente e ci darà la chiave del problema, tanto tormentoso e tanto attraente insieme, delle origini e della intima, particolareggiata natura degli organismi vivi, o almeno delle funzioni vegetative di essi.

Sarebbe grande ventura se queste illazioni fossero accettabili, perchè nulla quanto la speranza vale ad incitarci ed a rallegrarci; ma a questa fiducia nella futura azione rivelatrice e creatrice della Chimica è essa fondata? Si può veramente affermare, come ha fatto recentemente un illustre Chimico1, che quando avremo riprodotto tutte le diverse sostanze del regno biologico e particolarmente del vegetale, potremo accostarci di più alle manifestazioni della vita vegetativa e comprenderle nella loro essenza?

Mi si conceda di prendere in esame ancora una volta tale questione che parecchi anni or sono ho avuto ripetute occasioni di discutere2.

[p. 279 modifica]È certo di grandissimo vantaggio per la Biologia che chimici eminenti abbiano dedicato la loro attività allo studio delle sostanze che si ottengono dagli esseri organizzati, e i resultati che in breve tempo essi hanno ottenuto sono arra sicura dei rapidi progressi che essi determineranno nella Chimica biologica. Si tratta infatti di ricerche condotte in guisa che si ottenga non soltanto la sintesi di un determinato composto e la conoscenza dell’intima costituzione dei corpi che l’artificio chimico costruisce, ma pur anche la nozione di molti prodotti intermediari e metamorfici che possono essere di notevole interesse pel retto discernimento dei metabolismi organici.

Emilio Fischer, il Maestro insuperato della sintesi organica, nell’epilogo di un suo discorso, nel quale rende conto di quelle ricerche che con grande probabilità lo condurranno ad ottenere sulle proteine quei successi che già conseguì cogli zuccheri, avverte dello scarso significato di certe sintesi accidentali e lumeggia per contro i vantaggi che si possono trarre da una ricerca graduale che conduca per lenti stadi a ricostruire un determinato complesso molecolare, come appunto egli fece ultimamente coi così detti polipeptidi.

«Wenn es heute durch einen glückliche Zufall, mit Hülfe einer brutalen Reaction, z. B. durch Zusammenschmelzen der Aminosäure in Gegenwart eines wasserentzienden Mittels, gelingen sollte, ein echtes Proteïn darzustellen, und wenn es weiter es möglich wäre, was noch unwarscheinlicher ist, das künstliche Product mit einem natürliche Körper zu identificiren, so würde damit für die Chemie der Eiweissstoffe wenig und für die Biologie so gut wie garnichts erreicht, sein....». E più innanzi Fischer aggiunge:

«Ich möchte es deshalb geradezu als ein Glück ansehen, das die Synthese genötigt ist, zahlreiche neue Methoden des Aufbaues, der Erkennung und Isolirung zu schaffen, und Hunderte von Zwischenproducten genau zu studiren, bevor sie zu den Proteïnen gelangen kann. Denn diese Methoden werden schliesslich nicht allein dazu dienen, alle Proteïne der Natur und noch viel mehr, als sie hervorbrachte, zu erzeugen; sie werden voraussichlich auch genügen für die Aufklärung der zahlreichen und merkwürdigen Umwandlungsproducte von Proteïnen, die als Fermente, Toxine u. s. w. eine so grosse Rolle spielen».

«Kurzum, man darf erwarten, dass durch die tiefgehende [p. 280 modifica] und weit ausgedehnte synthetische Arbeit das ganze, jetzt noch so dunkle Gebiet chemisches Culturland wird, aus dem die Biologie einen grossen Theil der Hülfsmittel beziehen kann, deren sie zur Lösung ihrer chemischen Aufgaben bedarf»3.

Chi può dubitare che seguendo queste tracce luminose non si potrà un giorno, forse vicino, ottenere per via sintetica corpi analoghi all’amido o ad un’albumina?

Parallelamente ai progressi della sintesi chimica procedono quelli della chimica fisica sicchè potremo anche possedere fra non molto un concetto almeno approssimativo di quel che sia un colloide e riconoscere in qual modo alla struttura colloidale si debba probabilmente la particolare fisionomia di molti dei processi che si svolgono negli organismi viventi.

La risoluzione di questi problemi alla quale va incontro fiduciosa la scienza umana giustificherà le speranze nutrite dagli ottimisti ad oltranza?

Quando avremo determinato la costituzione chimica di tutti i materiali che possiamo trarre dagli organismi, quando sapremo bene che cosa entra in un essere vivo e che cosa ne esce, come le trasformazioni chimiche che avvengono negli organismi viventi sprigionino quelle energie che sono il fondamento dinamico delle funzioni vitali, sapremo noi qualche cosa di più intorno alla natura della materia vivente?

Non dimentichiamo che per analizzare un essere vivo noi dobbiamo anzitutto ucciderlo, e che perciò le nostre nozioni di chimica qualitativa in biologia riguardano soltanto la compagine materiale degli organismi morti. Si sono fatti alcuni tentativi sopra tutto microchimici per sceverare la distribuzione dei diversi principi immediati nelle cellule vive, ma non sono essi quasi una petizione di principio poichè suppongono in noi quelle cognizioni appunto che ci mancano?

Rammentiamo inoltre che le sostanze che noi ricaviamo dagli esseri che furono vivi sono o frammenti del protoplasma propriamente detto, o materiali in via ascendente che danno agli organismi viventi il sottostrato energetico di cui essi hanno bisogno, o rifiuti dell’essere vivo e residui in parte o completamente usati che l’organismo rigetta oppure accumula nella sua trama, o prodotti di particolari metabolismi, o infine, come [p. 281 modifica] i fermenti, gli ordegni che la sostanza vivente si fabbrica per servirsene pei suoi bisogni analitici e sintetici.

Ma la sostanza vivente propriamente detta, quella che con opportune selezioni ed elaborazioni assume i materiali nutritivi, che poi utilizza, quella che fabbrica gli strumenti catalitici di cui abbiamo fatto parola, quella che, riproducendosi, così gelosamente conserva i caratteri ereditati e pure con tanta facilità si adatta alle necessità del momento, modificando il suo metabolismo e conducendolo a plasmare materiali diversi e a fabbricarsi, in circostanze nuove e imprevedibili, congegni nuovi quali mai prima essa aveva fatto, e provocando tutti quegli adattamenti individuali che ci è appena lecito di intuire in minima parte, questa proteiforme vivificatrice, questa trasformatrice di energie e costruttrice di forme che cosa è essa, di che cosa è fatta? Con quali mezzi potremo noi isolarla ed analizzarla?

È necessario poi di aver presente che le manifestazioni della vita dipendono non soltanto da una determinata compagine chimica, bensì anche da una particolare struttura morfologica e che l’una e l’altra sono così intimamente immedesimate che l’estrazione di composti chimici implica quasi sempre la distruzione completa della materia organizzata.

Nell’articolo sopra citato, Giacomo Ciamician ha riferito cose molto interessanti intorno alle somiglianze chimiche fra emoglobina e clorofilla, e come la presenza in questi catalizzatori del ferro e del magnesio rispettivamente possa dar ragione delle loro opposte funzioni, ossidanti per quella e riducenti per questa. Ma l’emoglobina, nei vertebrati almeno, fa parte integrante dei corpuscoli rossi del sangue, cellule differenziate in modo da costituire artifici geometrici che distendono la sostanza pigmentare sopra una enorme superficie e quindi rendono più facile ed efficace la sua azione di trasportatrice di ossigeno, mentre poi lo stesso elemento morfologico e la stessa emoglobina contribuiscono ad altri ricambi materiali.

Noi possiamo per mezzo di speciali solventi estrarre l’emoglobina dal corpuscolo e distinguiamo col nome di stroma quel che rimane dell’elemento morfologico così distrutto. Ma non per questo siamo autorizzati ad affermare che il corpuscolo rosso è formato di stroma e di emoglobina, quasi che questa fosse contenuta in quello, mentre nella realtà non [p. 282 modifica] esiste nè l’una nè l’altro, ma un elemento vivente inseparabile chimicamente, morfologicamente e funzionalmente, il quale ha inoltre tutta una storia di metamorfosi che lo hanno condotto a diventare quello che è grazie anche all’intervento di organi ematopoietici speciali, mentre organi ematolitici particolari contribuiscono ad affrettarne la fine e a far entrare i materiali che lo costituiscono nel ciclo di altri metabolismi che corrispondono ad altre esigenze dell’organismo. In altre parole il corpuscolo rosso rappresenta una serie numerosa e complicata di problemi non solo come elemento isolato ma pure pei rapporti che fanno la sua vita solidale con quella di tutto l’organismo cui esso appartiene.

Così è pure della clorofilla; dovrò io rammentare le innumerevoli diversità di forma dei cloroplasti e delle cellule a clorofilla e la infinita varietà delle foglie a seconda delle speciali necessità di assimilazione delle diverse piante e delle varie condizioni di ambiente nelle quali esse vivono e come una pianta con insuperabili lenocini non solo distilli nei suoi fiori particolari profumi ed elabori speciali colori ma possa pure costruirsi gli organi della fecondazione ed i loro annessi con tali contorni da attirare quegli animali che servono come sicuri intermediari per la propagazione della specie?

Non vi è chi non intenda che potrei continuare indefinitamente con queste domande, perchè, pur eludendo la grave e tanto controversa e così fondamentale e forse universale questione della psiche, i problemi chimici e morfologici degli esseri viventi ed i rapporti che indissolubilmente li avvincono ci appaiono, essi veramente, senza fine e senza confine.

Ci è lecito dunque di sperare che là dove si sono mostrati impotenti i biologi, che ogni giorno più si manifestano consapevoli della immensità del mistero, valgano le intuizioni tratte dallo studio dei processi chimici per illuminare le tenebre che avvolgono i moventi dei fatti vitali? Potremo noi sottoporre le armonie della vita, le finalità dinamiche di essa (Driesch) a leggi come quelle delle proporzioni definite, degli equilibri chimici e delle velocità di reazione?

Dovremo noi considerare gli esseri vivi come semplici mescolanze di sostanze chimiche che si polarizzano in forme strutturali per condizioni che derivano principalmente da condizioni intrinsiche a queste sostanze, a somiglianza dei cristalli, o dai rapporti reciproci di questi composti fra loro? [p. 283 modifica] O non vedremo nelle varie strutture che gli effetti di tensioni superficiali diverse o di forze molecolari consimili?

E quando ciò fosse, ed è permesso di dubitarne, come possiamo noi oggi accordare tanta fede nella capacità avvenire della chimica per la soluzione di così gravi problemi, essa che è ancora tanto empirica e perciò quasi altrettanto intuitiva quanto la Biologia, essa che non appena i fatti si complicano si trova «bei den geheimnisvollen Verhältnissen wo nur der wundervolle Instinkt des Chemikers den Weg zu finden weiss?4

Può darsi che queste mie parole siano tacciate di soverchio criticismo e che io sia accusato di obliare che ciò che importa, nella scienza come nel resto della vita, si è di agire, mentre la speculazione critica può essere una superfluità non sempre vantaggiosa. Certo non è nelle mie intenzioni di disconoscere la grandissima importanza delle ricerche chimiche e di Chimica fisica per la Biologia. Sarebbe assurdo e in contraddizione con quanto si cerca di fare nel mio laboratorio. Ho voluto soltanto stabilire i limiti di applicabilità dei così detti fatti scientifici alla rappresentazione dei fenomeni vitali, per quanto riguarda la Chimica fisiologica, e significare come spesso questi fatti siano soltanto il prodotto di artifici tecnici; i quali sono quanto di meglio, pel momento almeno, noi possiamo fare, ed i progressi della Fisiologia lo dimostrano, purchè però, amo ripeterlo, essi siano di tanto in tanto interpretati da una critica severa ed imparziale; e ciò per impedire che la scienza diventi inconsapevolmente la vittima delle sue locuzioni e dei suoi stessi mezzi di indagine.

Debbo fare un’altra considerazione prima di finire: si troverà da molti che le mie osservazioni sono per la maggior parte inspirate dal più deplorevole finalismo e che perciò io pecco di eresia verso quei dogmi di certa scienza esclusiva che non considera il teleologismo come una dottrina scientifica e ciò perchè si può sostenere, ma con notevoli restrizioni, che la fisica e la chimica non hanno bisogno di essere finaliste. Dovremo perciò escludere ogni affermazione teleologica anche dalla Biologia? È proprio necessario di essere così rigorosamente unilaterali e di proclamare che non vi è [p. 284 modifica] nulla di scientificamente vero che non sia fisica o chimica solo perchè esse si adornano di rappresentazioni dottrinali che meglio soddisfano ai bisogni un poco ingenui della nostra logica? Non fosse che come ipotesi di lavoro il concetto della finalità è altrettanto indispensabile al biologo che la teoria atomica al chimico, più ancora forse, perchè noi non sapremmo analizzare le funzioni di un organo, impostando razionalmente una serie di indagini sopra di esso, senza essere dominati dal pensiero dello scopo al quale quell’organo è adibito.

Verrà forse un giorno nel quale potremo soddisfare il nostro bisogno di tutto unificare; ben venga esso. Intanto ci si permetta di essere ossequienti ai fatti senza preconcetti dogmatici e di affermare perciò che negli organismi viventi, anche prescindendo dai processi psichici, noi dobbiamo riconoscere tendenze evidenti ad uno scopo prossimo o remoto, che saranno illusorie, ma che la materia inorganica non ci presenta.

Perchè la Fisica è scienza più antica, perchè essa tratta problemi più semplici e più costanti e quindi ha raggiunto un grande sviluppo, dovremo noi necessariamente ammettere che la Biologia abdica al suo carattere scientifico se non adatta tutti i fenomeni che cadono sotto il suo dominio, senza eccezione alcuna, alle rappresentazioni meccaniche della Fisica?

Per quali necessità logiche o tecniche dovremo piegarci a queste intolleranti pretese?

«Da un punto di vista più progredito, dice Federigo Enriques5, appare che la veduta unificatrice è costruita con criterii un po’ ristretti ed unilaterali, poichè si accoglie come perfetto e generale il tipo di una scienza più sviluppata ed a questa si pretende di subordinare troppo rigidamente ogni altra forma di sapere. Quindi la veduta della filosofia meccanica viene modificata dai progressi della Biologia, la quale reagendo a sua volta sulla Fisica, ci prepara a comprendere una unificazione superiore, cioè un tipo di scienza più perfetto e generale, che contenga le varie forme particolari separate dalle esigenze della Tecnica».

Esploriamo dunque gli esseri viventi senza preconcetti e senza restrizioni; essi potranno allora insegnarci molte cose [p. 285 modifica] che forse neppure lontanamente supponiamo, e che non ci hanno mai colpito anche perchè fra esse e noi abbiamo sempre interposto, come schermi opachi ed ingombranti, le nostre prevenzioni semplicistiche, le nostre imposizioni unificatrici.

Il mio illustre e caro amico, Giacomo Ciamician, nell’articolo sovra citato, vuole per un istante mettersi in compagnia di quella curiosa e strana figura di sofista e di alchimista che Goethe ha immortalato nella sua tragedia sublime:


«Was man an der Natur Geheimnissvolles pries
Das wagen wir verständig zu probieren,
Und was Sie sonst organisch liess,
Das lassen wir krystallisieren,


dice Wagner il famulus di Faust; e chi può sapere se non si potrà arrivare fino all’homunculus?» si chiede il chiarissimo chimico di Bologna.

A questa domanda lascio che l’homunculus stesso risponda:


        Das ist die Eigenschaft der Dinge:
        Naturlichem genügt das Weltall kaum;
        Was künstlich ist, verlangt geschlossnen Raum.


Firenze, Istituto di Studi Superiori.

Note

  1. G. Ciamician - Problemi di Chimica organica, «Rivista di Scienza», vol I, pag. 44.
  2. G. Fano - La Fisiologia come scienza autonoma, «Rivista di Filosofia scientifica», vol. IV, 1884. — La Fisiologia in rapporto colla Chimica e colla Morfologia. Torino, 1904.
  3. E. FischerEinleitung zu «Untersuchungen über Aminosäuren etc.». Berlin, 1906.
  4. J. B. van’t Hoff - Vorlesungen über theoretische und physikalische Chemie. Braunschweig, 1900, III Heft, S. 136.
  5. Federigo Enriques - Problemi della Scienza. Bologna, 1906, pag. 578.