Rime varie (Alfieri, 1912)/XCVIII. Ancora per Francesco Gori-Gandellini

XCVIII. Ancora per Francesco Gori-Gandellini

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XCVIII. Ancora per Francesco Gori-Gandellini
XCVII. Dolore e speranza XCIX. A Pisa, col tempo cattivo

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XCVIII.1

Era l’amico, che il destin mi fura,2
Picciol di corpo, e di leggiadre forme;
Brune chiome, occhi ardenti, atto conforme;3
4 E scritto in viso: Io son d’alta natura.
Liberissimo spirto in prigion dura
Nato, ei vi stava qual leon che dorme;4
Ma il viver nostro fetido e difforme5
8 Ben conoscea quell’alma ardita e pura.
Null’uom quasi apprezzando, (a dritto forse)
Nullo pur ne odïava; e a tutti umano,
11 Sol ben oprando ei stesso, i rei rimorse.6
Troppa era ei macchia al guasto mondo insano:7
Invidia, credo, i lividi occhi torse,8
14 E a Morte cruda lo accennò con mano.


Note

  1. Nel ms.: «30 ottobre. Tra S. Benedetto e Novi».
  2. 1. Fura, ruba.
  3. 3. Atto conforme, all’ardor degli occhi.
  4. 5-6. Nel cit. dialogo La virtú sconosciuta: «Privato ed oscuro cittadino», dice il Gori, «nacqui io di piccola e non libera cittade; e, nei piú morti tempi della nostra Italia vissuto, nulla vi ho fatto né tentato di grande; ignoto agli altri, ignoto quasi a me stesso, per morire io nacqui, e non vissi; e nella immensissima folla dei nati-morti non mai vissuti, già già mi ha riposto l’oblio». L’immagine del leone che dorme parmi efficacissima a dimostrare quanto il Gori avrebbe potuto fare, se i tempi non gli fossero mancati.
  5. 7. Difforme, deforme.
  6. 11. Rimorse, rimproverò, biasimò.
  7. 12. La sua virtú era come una macchia fra gli uomini perversi del nostro tempo.
  8. 13. Il Tasso, di Plutone (Gerus. lib. IV, 1.):
    Contro i cristiani i livid’occhi torse.