Rime varie (Alfieri, 1912)/XCIV. Deboli speranze e dolore certo

XCIV. Deboli speranze e dolore certo

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XCIV. Deboli speranze e dolore certo
XCIII. Nuova lontananza e nuovi dolori XCV. Per un cane inviatogli dalla sua donna

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XCIV [cxxvii].1

Deboli speranze e dolore certo.

Donna mia, che di’ tu? ch’io men dolente
Rimaner debbo, or che lusinga certa
Portiamo in cor, che alla stagion nascente
4 Nulla pena per noi fia piú sofferta?2
Ma noi lasciamo un vero ben presente,
Per un mal lungo e una speranza incerta:
Che speme il nome di certezza smente;3
8 Anzi a temenza ell’è lieve coperta.

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Breve tanto è la vita, e lunghi i guai,
Che un altro verno ancor da te disgiunto,
11 Io, per me, non lo credo passar mai.
Son ripartito; (da te m’era ingiunto)4
Ma disperato, e misero piú assai;
14 Che il vederti e lasciarti era un sol punto.5


Note

  1. Nel ms.: «23 ottobre. Tra Harpren e Weibach».
  2. 3-4. Al principio del 1785 infatti la Contessa per le Alpi della Savoia rientrava in Italia e si avviava a Bologna per passarvi l’inverno (Aut., IV, 15°). — Nulla, nessuna.
  3. 7. Chi dice di sperare mostra di non avere la certezza di poter conseguire quanto desidera.
  4. 12. Nelle quartine del son. seg. è meglio spiegato il senso di queste parole:
    Deh! perdona: ben sento; era a noi forza
    Restar, per altri quattro mesi o sei,
    Divisi; e un po’ dar tregua ai denti rei
    D’invidia, che del pianto altrui s’ammorza.
    Ben sento; anco tu stessa a viva forza
    Dal tuo fido amator, donna, ti sei
    Strappata; e i tuoi sospiri erano i miei;
    Che de’ duo nostri cori una è la scorza.
  5. 14. Cioè, mi parvero tanto brevi i giorni passati presso di te, che giungere e ripartire sembrarono un momento solo.