Rime varie (Alfieri, 1912)/CXXVI. La morte di Annibale
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Vittorio Alfieri - Rime varie (1776-1799)
CXXVI. La morte di Annibale
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CXXVI [clxxi].1
La morte di Annibale.
«Il peggio è viver troppo»;2 e il sepper molti;
Primo tra gli altri quell’Annibal degno,3
Ch’esul canuto4 andò di regno in regno
4 Onta accattando appo tiranni stolti.5
E se i veraci sensi6 eran raccolti,
Ch’ultimi espresse quel feroce ingegno,7
Sapremmo or noi, che il suo sublime sdegno
8 Questi accenti in morire avea disciolti:
Me stesso, me, di mia vil morte accuso;
Non Prusia infido,8 e non di Roma il crudo
11 Odio, finor dall’odio mio deluso.9
Canne, a mia fama adamantino scudo,
Oh, ne’ tuoi campi dal mio carcer10 schiuso
14 Mi fossi! or non morrei di gloria ignudo.
Note
- ↑ Nel ms.: «15-16 agosto, finito a Lutzback».
- ↑ 1. Il peggio è viver troppo: non credo che queste parole sieno di alcuno scrittore; sono piuttosto una espressione proverbiale.
- ↑ 2. Degno, di ammirazione: questo aggettivo è adoperato senza complemento specificativo anche da Dante (Inf., VI, 79):
Farinata e il Tegghiaio, che fûr sí degni...
per Annibale ebbe sempre grande ammirazione l’A.; vegg. nel Misogallo il son. Odio all’emula Roma acerbo, eterno. - ↑ 3. Canuto. Quando fu preso, Annibale aveva settant’anni.
- ↑ 4. Tiranni stolti, Antioco, re di Siria e Prusia, re di Bitinia. — Appo (lat. apud), presso.
- ↑ 5. Sensi, parole.
- ↑ 6. Ingegno, anima, mente.
- ↑ 10. Prusia infido: «Accidit casu ut legati Prusiae Romae apud T. Q. Flamininum consularem cenarent, atque ibi de Hannibale mentione facta, ex iis unus diceret eum in Prusiae regno esse. Id postero die Flamininus senatui detulit. Patres conscripti, qui Hannibale vivo nunquam se sine insidiis futuros existimarent, legatos in Bithyniam miserunt, in eis Flamininum, qui ab rege peterent, ne inimicissimum suum secum haberet sibique dederet. His Prusia negare ausus non est; illud recusavit, ne id a se fieri postularent, quod adversus jus hospitii esset: ipsi, si possent, comprehenderent; locum ubi esset, facile inventuros...» Cornelio Nipote, nella Vita di Annibale, 12.
- ↑ 11. Deluso, vinto: Cornelio Nipote scrive di Annibale (Vita cit., 1). «Si verum est, quod nemo dubitat, ut populus Romanus omnes gentes virtute superarit, non est infitiandum Hannibalem tanto praestitisse ceteros imperatores prudentia, quanto populus Romanus antecedat fortitudine cunctas nationes. Nam quotienscumque cum eo congressus est in Italia, semper discessit superior. Quod nisi domi civum suorum invidia debilitatus esset, Romanos videtur superare potuisse».
- ↑ 13. Dal mio carcer, dal mio involucro corporeo. Ricorda le parole con le quali Saul si getta sulla spada nella tragedia alfieriana:
.... Empia Filiste,
Me troverai, ma almen da re, qui... morto.