Rime varie (Alfieri, 1912)/CLIV. Rivedendo un'antica sua fiamma

CLIV. Rivedendo un'antica sua fiamma

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CLIV. Rivedendo un'antica sua fiamma
CLIII. Alla madre CLV. Superiore ad ogni altro è il linguaggio d'Italia

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CLIV.1

Rivedendo un’antica sua fiamma.

Già la quarta fiata (ultima forse)2
Era, ch’io ’l pié fuor d’Albïon3 portava,
Quando nell’atto che il nocchier salpava,
4 Donna a’ miei sguardi al lido in riva occorse.
Ahi vista! ell’è colei, che al cuor mi porse
L’esca primiera, ond’io tutto avvampava,4
Or quattro lustri; e quando io lei lasciava,
8 Restai gran tempo di mia vita in forse.5

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Fiso la miro; e tacito, e tremante,
Dai be’ negri occhi ancora ardenti io pendo:
11 Ma pur, non volgo addietro io già le piante.
Meco è la Donna,6 in cui tutte comprendo;
Madre, moglie, sorella, amica, amante:
14 Non d’amor piú, sol di pietà mi accendo.7


Note

  1. Nell’aprile del 1791 l’A. e la signora lasciarono Parigi e, con tutti i loro cavalli, si recarono in Inghilterra. Quali fossero le ignobili cause che spinsero la Contessa a recarsi colà, com’ella non esitasse a mendicar favori da quegli stessi sovrani, che erano stati la rovina di suo marito, ha ormai provato luminosamente il Bertana, e non è il caso di fermarci su tale soggetto. Il soggiorno di Londra fu, questa volta, men gradito delle precedenti all’A., e nel giugno di quello stesso anno 1791 deliberò di ritornare con la Contessa in Francia, dove avrebbero potuto spendere i loro assegnati che fuori di là non avevano alcun valore. Nell’agosto, prima di lasciar l’Inghilterra, fecero un giro per l’isola, a Bath, a Bristol e a Oxford, e tornati a Londra, pochi giorni dopo, si imbarcarono a Douvres: «Quivi», scrive l’A. al cap. 16° dell’ep. IV dell’Autobiografia», mi accadde un accidente veramente di romanzo, che brevemente narrerò. Nel mio terzo viaggio in Inghilterra nell’83 e 84 non aveva punto piú saputo né cercato nulla di quella famosa signora [Penelope Pitt-Ligonier], che nel mio secondo viaggio mi aveva fatto pericolare per tanti versi. Solamente sentii dire che ella non abitava piú Londra, che il marito, da cui s’era divorziata, era morto, e che si credeva ne avesse sposato un altro, oscuro ed ignoto.... Nell’atto d’imbarcarmi a Douvres, precedendo io la donna mia di forse un quarto d’ora alla nave, alzati gli occhi alla spiaggia dove era un certo numero di persone, la prima che i miei occhi incontrano, e distinguono benissimo per la molta prossimità, si è quella signora; ancora bellissima, e quasi nulla mutata da quella ch’io avea lasciata vent’anni prima, appunto nel 1771. Credei a prima di sognare; guardai meglio, e un sorriso ch’ella mi schiuse guardandomi, mi certificò della cosa. Non posso esprimere tutti i moti, e diversi affetti contrari che mi cagionò questa vista. Arrivato a Calais l’A. scrisse alla bella signora, indirizzando la lettera al proprio banchiere di Douvres perché gliela rimettesse; in quella lettera ei la compassionava per la vita errabonda ch’era costretta a menare, e si diceva addolorato di essere stato lui la causa delle sue sventure. A Bruxelles ricevette la risposta (riferita nell’Autobiografia) della Signora Pitt; la quale, forse punta dal tòno di commiserazione preso verso di lei dall’A., lo ringraziava di averle fatta riconquistare la sua libertà e si congratulava della bella fama che aveva acquistato come poeta nonché della invidiabile conquista fatta della Contessa d’Albany. A questo si riferisce il sonetto che ho surriferito, composto fra Bethune e Ostenda il 26 e 27 di agosto 1791.
  2. 1. Vi era andato la prima volta nel 1768, la seconda due anni dopo, la terza nel 1783.
  3. 2. Albion, Inghilterra.
  4. 5-6. Non fu davvero quella la prima fiamma d’amore che avvampasse nel cuor dell’A.: veggasi a tal proposito la nota introduttiva al son. Adulto appena alla festiva reggia.
  5. 7-8. Or quattro lustri: indicazione esattissima, perché l’A. conobbe la Signora Pitt e strinse con lei relazione nel 1771. — Gravi, secondo l’Autobiografia, furono i dolori sofferti dall’A., allorché ebbe dalla Signora la confessione della sua mala condotta. Quattro anni dopo, l’avventura occorsagli a Londra forniva al Poeta materia per una novella giocosa ancora, inedita, salvo un breve saggio, pubblicato da Francesco Novati ne La Domenica letteraria del 20 ag. 1882. Il Bertana (Op. cit., 81 e segg.) mostra di creder poco ai gravi dolori provati dall’A., giacché, pensa egli, se veramente il Poeta avesse sofferto, non avrebbe potuto, dalle sue sofferenze, ricavare materia di riso: Manfredi Porena (V. A. e la tragedia, Milano, Hoepli, 1903, 124) è di opinione diversa: a me pare che un uomo, trascorso del tempo, possa anche ridere, e cercar di far ridere gli altri, su ciò che un giorno gli era stato causa di acerbo dolore, se sia riuscito ad aprire gli occhi sulla verità dei fatti, come era accaduto all’A.
  6. 12. La Donna, la Contessa d’Albany; ma che ben profondamente rimanesse colpito l’A. al rivedere la donna un tempo amata, dicono le parole dell’Aut., sovraccitate, dicono i versi 9° e 10° di questo son.
  7. 14. E ad un sentimento di commiserazione fu certamente ispirata la lettera dell’A. alla signora Pitt, non pubblicata nell’Autob., se dobbiamo giudicare dalla risposta, che vi è riprodotta.