Rime (Veronica Franco)/Terze rime/X
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X
Risposta della signora Veronica Franca
per l’istesse rime
Non potendo ella, invaghita d’un uomo a lei caro su tutti, corrispondere ad altro affetto, s’è allontanata da Venezia, perché nella sua assenza si mitighi l’ardore di chi l’ama senza speranza.
In disparte da te sonimene andata,
per frastornarti da l’amarmi, avante
ch’unqua mostrarmi a tanto amore ingrata:
4né mia colpa fia mai ch’alcun si vante
giovato avermi in opre od in parole,
senza mercede assai piú che bastante;
7ma s’uom, seguendo ciò che ’l suo cor vuole,
di quel m’attristi, ond’ei via piú s’allegri,
meco non merta, e mi sprezza, e non cole.
10Quei si. che son d’amor meriti intègri,
quando, per far a me cosa gradita,
per me ti sono, i tuoi di tristi, allegri:
13e nondimeno tu con infinita
doglia sentisti che mai cose liete
non m’incontrár dal tuo amor disunita.
16Che mi prendesti a l’amorosa rete,
presa da un altro pria, vietò mia stella;
non so se per mio affanno, o per quiete:
19basta che, fatta d’altro amante ancella,
l’anima, ad altro oggetto intenta e fisa,
rendersi ai tuoi desir convien rubella.
22Con tutto questo, e ch’ai mio ben precisa
la strada fosse, e fattomi divieto,
dal tuo seguirmi poco men che uccisa,
25con giudicio amorevole e discreto
tanto stimai ’l tuo amor senza misura,
quanto piú al mio voler fosti indiscreto:
28e, di te preso alcuna dolce cura,
bench’a me tu temprasti amaro fele
col tuo servirmi, in ciò non ti fui dura;
31e, per te non avendo in bocca il mele
di quell’affetto, ch’entro ’l sen raccoglio,
che in altrui prò convien che si rivele,
34liberamente, conte teco soglio,
ti raccontai ch’altrove erano intenti
i miei spirti; e mostraiti il mio cordoglio.
37Or, perché teco ad un non mi tormenti,
tentando invan ch’a mio gran danno io sia
pietosa a te, con tuoi dogliosi accenti,
40da te parònimi; e, non potendo pia
esserti, almen veridica t’apparvi:
non rea, qual da te titol mi si dia.
43Quanto è ’l peggio talvolta il palesarvi,
effetti d’alma di pietate ingombra,
dov’altri soglia male interpretarvi!
46Benché, se vaneggiando erra et adombra
il tuo pettsier, che da ragion si tolse,
seguendo Amor per via di lei disgombra,
49non però quel, ch’ad util tuo si vòlse
da me, da cui ’l desir tuo si raffrena,
che d’ir al precipizio! piè ti sciolse,
52a meritar alcun biasmo mi mena;
anzi di quel, ch’aiuto in ciò ti diede,
la mia chiara pietá si rasserena:
55ché, s’io mossi da te fuggendo’l piede,
fu perché le presenti mie repulse
m’eran de la tua morte espressa fede.
58E quante volte fu che ti repulse
da sé ’l mio sguardo, o ti mirò con sdegno,
so che ’l gran duol del petto il cor t’evulse.
61Ch’io ti vedessi d’alta doglia pregno
morirmi un di davante, eccesso tale
era a me sconvenevole ed indegno.
64Da l’altra parte, assai potev’io male
risponder al tuo amor: non men che fosse
il tentar di volar non avendo ale.
67E che far potev’io contra le posse
di quell’arcier, che, del tuo bene schivo,
d’oro in te, in me di piombo il suo strai mosse?
70Ma d’ór prima anco al mio cor fece arrivo
la sua saetta, stand’io ferma intanto,
mirando incauta l’altrui volto divo.
73Quinci un lume, ch’ai sol toglieva i! vanto
m’abbagliò si, che non fia che s’appaghe
d’alcun ben altro mai l’anima tanto.
76E, perch’errando ’l mio stil piú non vaghe,
io parti’ per disciòrti dal mio amore,
con le mie piante a fuggir pronte e vaglie.
79So che la lontananza il suo furore
mitiga; e quando tu, del viver sazio,
pur vogli amando uscir di vita fuore,
82te, con quest’occhi, e me insieme non strazio