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266 veronica franco

     61Ch’io ti vedessi d’alta doglia pregno
morirmi un di davante, eccesso tale
era a me sconvenevole ed indegno.
     64Da l’altra parte, assai potev’io male
risponder al tuo amor: non men che fosse
il tentar di volar non avendo ale.
     67E che far potev’io contra le posse
di quell’arcier, che, del tuo bene schivo,
d’oro in te, in me di piombo il suo strai mosse?
     70Ma d’ór prima anco al mio cor fece arrivo
la sua saetta, stand’io ferma intanto,
mirando incauta l’altrui volto divo.
     73Quinci un lume, ch’ai sol toglieva i! vanto
m’abbagliò si, che non fia che s’appaghe
d’alcun ben altro mai l’anima tanto.
     76E, perch’errando ’l mio stil piú non vaghe,
io parti’ per disciòrti dal mio amore,
con le mie piante a fuggir pronte e vaglie.
     79So che la lontananza il suo furore
mitiga; e quando tu, del viver sazio,
pur vogli amando uscir di vita fuore,
     82te, con quest’occhi, e me insieme non strazio