Rime (Veronica Franco)/Terze rime/IX

Anonimo

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IX

D’incerto autore

Altro lamento d’un amante di Veronica, durante un’assenza di lei.

     Donna, la vostra lontananza è stata
a me, vostro fedel servo ed amante,
morte tanto crudel quanto insperata.
     4Nel gentil vostro angelico sembiante
abitar l’alma e ’l mio cor vago suole,
e ne le luci si leggiadre e sante:
     7queste fúr risplendente unico sole
sovra i miei di. senza lor tristi e negri,
e di quel pieni, ond’uom via piú si duole,
     10come sono a me adesso orbati ed egri,
in questa sepoltura de la vita,
che non fia, senza voi, che si reintegri.
     13Con voi l’anima mia s’è dipartita,
anzi ’l mio spirto e l’anima.voi sète,
e tutta la virtú vitale unita:
     16e, s’uom morto parlar vien che si viete,
non io, ma di me parla in cambio quella,
che ne le vostre man mia vita avete.
     19Questa non pur vi scrive e vi favella,
per miraeoi d’Amor, in cotal guisa,
che, ne Tesser io morto, in voi vive ella;
     22ma, stando dal cor vostro non divisa,
vi susurra a Torecchie di segreto,
e ’l mio misero stato vi divisa.
     25Né perciò del mio male altro ben mieto,
se non ch’agli occhi vostri ei si figura
con spettacolo a voi gioioso e lieto;

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     28e, mentre meco ognor v’innaspra e indura,
superate ne Tessermi crudele
le fiere mostruose a la natura.
     31Lasso, ch’io spargo ai venti le querele,
anzi è un percuoter d’onde a duro scoglio,
quanto mai di voi pianga e mi querele.
     34Mosso s’insuperbisce il vostro orgoglio,
sí come’l mar a l’impeto de’ venti,
mentre a ragion con voi di voi mi doglio:
     37ed or, per far piú gravi i miei tormenti,
per levarmi M ristoro, ch’io sentia
nel formarvi propinquo i miei lamenti,
     40n’andaste a volo per diversa via,
quando men sospettava, a dimostrarvi
in tutti i modi a me contraria e ria.
     43Qual neve sotto ’l sol, piangendo sparvi
con quest’orma di vita, e con quest’ombra
vana e insufficiente a seguitarvi;
     46anzi, da’ miei sospir cacciata e sgombra,
col vento, ch’a voi venne, si risolse,
che spirando al bel sen fors’or v’ingombra.
     49Empio destin, ch’altrove vi rivolse
dal mirar lo mio strazio e quella pena,
che infinita al mio cor per voi s’accolse!
     52Troppo era la mia vita alta, serena,
darvi in presenzia de la mia gran fede
col vicin pianger mio certezza piena,
     55e riceverne asprissima mercede
di presenti minacce e di ripulse,
contrario a quel ch’a la pietá si chiede.
     58Ben certo allor benigno il ciel m’indulse:
e troppo chiara ancor nel sommo sdegno
la luce de’ vostr’occhi a me rifulse.
     61Di gustar quel piacer non era degno,
ch’io sentia, nel vedervi, aspro e mortale
far piú sempre ’l mio duol, con ogni ingegno:

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     64or lasso piango il mio passato male,
quando a le mie d’amor gravi percosse
non fu in dolcezza alcun diletto eguale.
     67Amor d’acerbo colpo mi percosse,
di quel che di piacer è in tutto privo,
quando da me, madonna, vi rimosse.
     70Dianzi fu ’l viver mio lieto e giulivo,
ed or, a prova del mio mal cotanto,
sento ’l mio ben, mentre di lui mi privo.
     73Dch tornate a veder il mio gran pianto;
venite a rinovar l’aspre mie piaghe,
senza lasciarmi respirar alquanto:
     76di ciò contente fian mie voglie e paghe,
che ’l mio duol, da voi fatto ancor maggiore,
mirin da presso l’alme luci vaghe.
     79A me fia d’alta gioia ogni dolore;
e in gran pietá riceverá lo strazio,
e in dolce aita ogni aspra offesa il core,
     82pur ch’a noi ritorniate in breve spazio.