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262 veronica franco

     28e, mentre meco ognor v’innaspra e indura,
superate ne Tessermi crudele
le fiere mostruose a la natura.
     31Lasso, ch’io spargo ai venti le querele,
anzi è un percuoter d’onde a duro scoglio,
quanto mai di voi pianga e mi querele.
     34Mosso s’insuperbisce il vostro orgoglio,
sí come’l mar a l’impeto de’ venti,
mentre a ragion con voi di voi mi doglio:
     37ed or, per far piú gravi i miei tormenti,
per levarmi M ristoro, ch’io sentia
nel formarvi propinquo i miei lamenti,
     40n’andaste a volo per diversa via,
quando men sospettava, a dimostrarvi
in tutti i modi a me contraria e ria.
     43Qual neve sotto ’l sol, piangendo sparvi
con quest’orma di vita, e con quest’ombra
vana e insufficiente a seguitarvi;
     46anzi, da’ miei sospir cacciata e sgombra,
col vento, ch’a voi venne, si risolse,
che spirando al bel sen fors’or v’ingombra.
     49Empio destin, ch’altrove vi rivolse
dal mirar lo mio strazio e quella pena,
che infinita al mio cor per voi s’accolse!
     52Troppo era la mia vita alta, serena,
darvi in presenzia de la mia gran fede
col vicin pianger mio certezza piena,
     55e riceverne asprissima mercede
di presenti minacce e di ripulse,
contrario a quel ch’a la pietá si chiede.
     58Ben certo allor benigno il ciel m’indulse:
e troppo chiara ancor nel sommo sdegno
la luce de’ vostr’occhi a me rifulse.
     61Di gustar quel piacer non era degno,
ch’io sentia, nel vedervi, aspro e mortale
far piú sempre ’l mio duol, con ogni ingegno: