Rime (Rinuccini)/Al lettore

Al lettore

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Venuto sono or uom di duro sasso


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AL LETTORE

Dopo le tante e svariate publicazioni di scritture volgari del trecento, specialmente di poesie, che sonosi fatte nel secolo passato e più nel presente, potrà forse alcuno non credere che tuttora rimanga alcuna cosa di inedito, che abbia non diremo del buono ma solo del ragionevole. Nulladimeno le poesie di Cino di Francesco Rinuccini, che oggi mettiamo per la prima volta alla luce, parrebbero a noi da dirsi non pur ragionevoli ma degne di lode; e come tali aveale già sentenziate il buon Crescimbeni, quando un secolo e mezzo fa, le giudicava «assai culte e leggiadre e tali che dichiarano l’autore uno dei migliori che in que’ tempi si sforzassero d’imitare il Petrarca»; tanto che fino d’allora gli pareva da [p. vi modifica]maravigliarsi «che fuori d’ogni ragione non si vedessero impresse.»1

Ed in vero, benchè nel Rinuccini apparisca evidente e continua la imitazione, pure nel suo imitare fu assai felice, ed alcune di queste sue poesie ci sono sembrate vaghe e gentili, quanto esser possono quelle del Montemagno e del Conti, e di altri che hanno luogo bello ed onorato nel nostro Parnaso.

Per questa ragione ci proponemmo di publicarle, del tutto affidandoci al Codice XXXVIII Gaddiano, ora Laurenziano, di cui si ha qui nella Publica Libreria di Lucca una [p. vii modifica]fedelissima trascrizione nel sesto dei mms. del Möucke. Appariscono nel codice queste poesie messe assieme come un piccolo canzoniere compiuto, col suo titolo e col sonetto di chiusa, e per questo non ci curammo d’investigare altrove per crescere, se possibile fosse stato, il numero loro.2 Così nulla volemmo cambiato dell’antica scrittura; salvo che acconciarvi la punteggiatura, in questo e negli altri mss. antichi, trascuratissima, ma per l’odierno lettore necessaria alla intelligenza degli scrittori.

Chi voglia avere precisa notizia di questo Cino nato di Francesco che fu di un altro Cino, ricorra alla Storia genealogica della nobilissima famiglia Rinuccini, tanto feconda d’uomini illustri [p. viii modifica] per lettere, e per degnità, la quale il sig. G. Aiazzi premise ai Ricordi storici di Filippo figliuolo appunto del nostro poeta3. A noi basterà di ricordare che nacque attorno al 1350 e cessò di vivere nella morìa del 1417; onde noi a ragione dicemmo appartenere i suoi versi al secolo decimoquarto, perchè non è a credersi ch’egli attendesse gli ultimi anni della vita per cantare d’amore, e porre in rima le bellezze della sua donna. Ebbe costei nome Elena, ma a qual famiglia appartenesse non ci è neppur dato congetturare.

Come documento di gentile poesia, e di lingua di quel tempo felice, i cultori delle lettere vorranno accogliere di buon grado questo piccolo ma geniale libretto. E dappoichè fu da noi publicato in occasione di un matrimonio, portiamo fiducia che altri di questa città vorrà imitarci; stampando in simili domestici avvenimenti, in cambio dei soliti epitalami e di que’ sonetti che vivono un giorno, alcuna scrittura che per la lingua, per il pregio della antichità, per essere monumento di storia, possa riuscire agli studiosi e grata ed utile insieme.

Lucca, Aprile 1858.


Note

  1. Fuori del sonetto che comincia
    «Chi è costei, Amor, che quando appare»
    che publicò per saggio lo stesso Crescimbeni, e della breve ballata
    «Che giova a innamorar degli occhi vaghi»
    publicata dal Trucchi nella sua raccolta II, 143, non conosciamo altro di stampato col nome del Rinuccini. Anche il sonetto
    «In coppa d’or, zaffir, balasci e perle»
    trovasi impresso, ma sotto il nome di Nicolò Tinucci, e probabilmente a torto. Alcuna altra composizione sarà forse stampata o come sua, o attribuita ad altri; ma troppo sarebbe difficile in questa materia affermare alcuna cosa di certo.
  2. Trovasi un sonetto che comincia
    «Pippo, se fossi buon mastro in gramatica»
    il quale fu dal Ciampi publicato come cosa di Cino da Pistoja nelle rime di questo (Son. 157 ediz. del 1826) assieme colla proposta sulle stesse rime fatta da un tal Pippo da Firenze. Il vero è che il sonetto è di Cino Rinuccini, ed il corrispondente di Filippo Sacchetti, come da codici autorevoli apparisce. Noi però credemmo di lasciarli addietro, perchè allusivi a qualche fatto particolare e scritti come direbbesi in bisticcio, tantochè poco o niun senso se ne ricaverebbe.
  3. Stampati in Firenze, Piatti 1840 in 4.° Vedi a pag. 126