Rime (Andreini)/Epitalamio I

Epitalamio I

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Sonetto LXV Sonetto LXVI

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Epitalamio I.


M
Eraviglie ecco i’ discerno.

Le sue nevi, e i ghiacci algenti
     Cangia in rose, e ’n gigli il Verno;
     Ne la Scithia fuga i venti,
     C’hanno asperso il mento, e ’l crine
     Di canute horride brine.
Fugge ancor Noto piovoso;
     Onde nube il Ciel non copre:
     Anzi pur dal seno ondoso
     D’Anfitrite à noi si scopre
     Trarne il Sol di raggi ornato
     Chiaro il dì più de l’usato.
Al cui lume si riveste
     Di smeraldo il prato intorno.
     Queta il Mar l’atre tempeste,
     L’amaranto il seno adorno

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     Di bell’ostro à noi fiammeggia;
     E la rosa porporeggia.
Dimmi Clìo come gli honori
     Toglie ardito al vago Aprile
     Rìo Decembre de’ suoi fiori,
     Scopri tù Musa gentile
     Onde nasce il novo bene,
     Ch’à beàr il Mondo viene.
Bella Clìo tu mi rispondi,
     C’hoggi sono al buon Farnese
     Terra, e Mare, e Ciel secondi.
     Però volge à lui cortese
     Lume pio Vergine vaga,
     Che soàue il sen li piaga.
Piaga il seno, e col bel raggio
     Dolce scrive Margherita
     Entr’al cor virile, e saggio.
     Del crin poi rete gradita
     Và tessendo al caro Duce,
     E d’Amor prigion l’adduce.
Ma s’ei langue dolcemente
     L’alma ancor de la Donzella
     Prova quanto è Amor possente.
     Degno stral, degna facella
     Di Ranuccio il gran valore
     Fatt’è già del nobil core.
Bella coppia pellegrina,
     Ch’ardi in casto, e santo zelo
     Chi dirà qual ti destina
     Regia prole amico il Cielo?
     Qual da’ tuoi sacri Himenei
     Veggio uscir palme, e trofei?

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Sol’ à Febo homai dir lice
     Di que’ frutti, che promette
     Questa Pianta alma, e felice.
     Frutti, ond’anco alte vendette
     Senta il Mondo contra gli empi,
     Che di lui fer tanti scempi.
Di quai gemme splenderanno
     Ricche Mitre à novi figli?
     Qual hauran perpetuo danno
     Del rìo Trace i fieri artigli?
     L’empie sette à Dio rubelle
     Fien per lor di Christo ancelle
D’ Alessandro i fregi sparsi,
     D’ Alessandro honor di Marte
     Scorgo in questi rinovarsi;
     Onde Pindo in mille carte
     Di sì degne, e ben nat’alme
     Scriverà l’egregie palme.
Ecco il Tebro disacerba
     Doglie antiche, e Roma altera
     Già d’Heroi madre superba
     Qual favor, qual gioia spera?
     Ben sarà, ch’ella al fin torni
     A l’honor de’ primi giorni.
Stelle ardenti, Gigli illustri
     Man Celeste insieme stringe;
     Per cui fia, che un dì s’illustri
     Quanto ’l Mar d’intorno cinge;
     Per cui fia, che l’aurea etate
     Faccia ancor l’alme beàte.
Ne la mente ciò mi scrisse,
     Ciò mi disse l’alta Musa,
     Che mentir giamai non usa