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Forse io sarò di qualche Sol l’Aurora,
Che scoprirà quanta sia ’n te raccolta
Diva bontà; così di man fia tolta
Tua gloria à lui, che ’l tutto empio divora.
Se accenna il tuo valor mio carme humile,
Molti si vedran poi spirti famosi
Portar tue lodi al Ciel con chiaro stile.
Solo snoda così canti amorosi
Il Rosignuol, poi l’armonìa gentile
Mille al canto ne trahe frà i rami ascosi.
Nelle nozze de’ Sereniss. Principi
RANUCCIO FARNESE,
e D. Margherita Aldobrandini.
Epitalamio I.
Le sue nevi, e i ghiacci algenti
Cangia in rose, e ’n gigli il Verno;
Ne la Scithia fuga i venti,
C’hanno asperso il mento, e ’l crine
Di canute horride brine.
Fugge ancor Noto piovoso;
Onde nube il Ciel non copre:
Anzi pur dal seno ondoso
D’Anfitrite à noi si scopre
Trarne il Sol di raggi ornato
Chiaro il dì più de l’usato.
Al cui lume si riveste
Di smeraldo il prato intorno.
Queta il Mar l’atre tempeste,
L’amaranto il seno adorno
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