Ricordi delle Alpi/Parte Seconda/XII

XII. Igiene

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XII.

Igiene.

Le avventure di Enrico mi avevano rannuvolato gli spiriti, ma anche la miseria e lo squallore di questi contadini contribuirono a mettermi non poco in rugginosa melanconia. Era cosa da fare pietà. Si vedevano visi deformi di scrofola e di gavaccioli, e cretini senza parsimonia: gente sucida e spunta, faccie patite e allampanate da stringere il cuore. Chi si penserebbe mai di trovare in quest’aria si pura tanta miseria!

Ma che gli stenti e le angustie d’ogni sorta [p. 129 modifica] logorino anzi tempo questi poveri terrazzani, è cosa facile a comprendersi; quello che si capisce con ritrosia è, che potendo essi approfittare dell’aria ossigenata e dell’acqua in abbondanza, non se ne dieno per intesi, e non curino punto la nettezza del corpo, la quale aiuta tanto la salute, rinforzando la fibra, serenando la mente e persino ingentilendo il cuore. I cibi sono, è vero, il primo ed essenziale elemento; ma anche il sapone ha la sua influenza, e poichè d’acqua non ci è affatto penuria, i contadini dovrebbero amarne di più l’uso, e sapere, che il nostro corpo, nobile dimora dell’anima, deve essere sempre mondo e tenuto con cura.

La nettezza del corpo è fra le migliori prescrizioni dell’igiene, e fa proprio pietà vedere in qual poco conto sia tenuta nelle nostre campagne: l’essere puliti è anche un dovere di società. Lasciate pure che i lombrichi si voltolino nel loto; chi si alimenta d’aria, di luce e di pensieri, e non vive esclusivamente pel ventre, dee sentirsi uomo: la nettezza è come la preghiera; questa solleva lo spirito, quella il corpo. La miseria può far perdonare molto, è vero, ma non obbliare che si è uomini; tuttavia per essere puliti bisogna cominciare da fanciulli: la nettezza corporale deve venir prima dalla famiglia. [p. 130 modifica]

Alcuni popoli delle coste dalmatiche, specialmente dell’interno, usano immergere, appena nati, i loro figli in conche o piscine d’acqua fredda: non so quanto riescirebbe a bene tra noi quest'uso; ma la consuetudine ha gran forza dappertutto, e certi usi ci possono parere strani e impossibili solo perchè non furono mai adottati da noi. — In quasi tutti i riti religiosi sono prescritte alcune abluzioni, che naturalmente esprimono un simbolo: è giusto; chè la religione per essere medicina dello spirito, deve pure avere di mira il corpo: Mens sana in corpore sano.

La pulitezza dev’essere un abito primitivo: la madre la insegni al figlio; un fanciullo ben tenuto e nitido, è un vero fiore, e direste che diffonda d’ogni intorno fragrante innocenza. I bimbi voglion pane da prima, ma col pane nettezza, aria, moto e libertà: bisogna rinforzarne la fibra e preservarli dalla eccessiva linfa; — il fanciullo sano tripudia; sano e pulito, tripudia e fa tripudiare. Quel suo corpicciuolo ha bisogno di coltura, ma la prima, la essenziale coltura è la nettezza.

Le buone pratiche prese dalla puerizia, mantengonsi nell’adolescenza e continuano in gioventù: alla legge della natura quella dell’abitudine, ch’è da ultimo la più potente.

I pastori del villaggio, cioè i parrochi, [p. 131 modifica] dovrebbero prendersi cura di divulgare queste savie idee: nessuno più di essi è in istato di farle entrare nel popolo, e di conserva avrebbero a procedere i maestri di scuola. Dalla scuola e dal pergamo possono partire le idee più sane e feconde; ma ci vuole senno pratico della vita e giusta temperanza.

La vista dei poveri terrazzani di Cajolo mi ha suggerito, come elemento d’igiene, queste idee sulla pulitezza, le quali possono essere benissimo applicate a molti altri paesi della Valtellina, e, se si vuole, di tutta la penisola. Conchiudiamo: se la miseria ha diritto a compassione, non lo ha la sporcizia, e, più mali che non si pensi, ci arrivano dalla incuria del corpo; — doppio bisogno, pane e sapone.