Ricordi delle Alpi/Parte Seconda/X
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Parte Seconda - IX | Parte Seconda - XI | ► |
X.
Scene campestri.
In questa ci levammo da sedere.
Il sole volgendo all’occaso mandava i suoi raggi a traverso la valle. L’aere spirava or quieto, ora scherzoso, scuotendo appena i capi delle erbette e le corolle dei fiori, — preludio d’una di quelle alpine sere d’autunno, per cui il pennello mal saprebbe trovare adatti colori, il poeta le vive figure del canto, e il romanziere la briosa, aggraziata armonia delle immagini. Di tali scene è ministra ed efficace maestra la fantasia, e nessuno più di lei può rilevarne i delicati e geniali contorni. In quei momenti tutto è bello, dai raggi del sole, che salutano le vette con colore di arancio, all’ultimo lembo di cielo che sembra infoscarsi ai preludi della sera: dal solenne spettacolo delle acque fluviali, che muovonsi tortuose e lente riflettendo fiammelle d’ignea e fosforescente luce; dai salti precipiti e argentini del ruscelletto; dal precipizio spaventevole della grigia rupe, all’aperto e ridente levar di cielo, che ti sta innanzi, ai manipoli di casuccie ne’ vari seni della valle, al volteggiare famelico del corvo sulla palude.
E ora è il muggito del bue, spinto dal paziente vecchierello, che ti giunge all’orecchio; ora un canto argentino di voci femminili, la cui eco lascia nelle vibrazioni dell’aria un’armonia di cielo. — Vicino a quel muricciuolo il villanello dice parole d’amore alla sua bella, che sta lì fra ’l contegno e il desìo; altrove un vecchio stanco e canuto spinge il bestiame ad abbeverarsi alla fontana.
Muove laggiù una brigatella di giovani tra il sale di reciproci frizzi, la sazietà di risa smaccate, la libertà di vecchi o nuovi discorsi, l’arieggiare delle note canzoni. E sotto un gruppo di giovanette a passi solleciti dà risalto con femminile astuzia alla propria natural ritrosia; le quali, sentendosi ormai su’ piedi lo stuolo romoroso de’ loro innamorati, frenate di tratto le lingue, s’apprestano agli schietti e vivaci loro saluti.
Per quel la viuzza, che s’inerpica al monte, là ove qualche casupola si perde nell’ombra de’ castani, procede passo passo un buon prete recitando il suo uffizio, amico sospirato di qualche vecchio confitto in letto, o di una povera madre macerata da incurabile morbo, o più dal dolore di abbandonare la tenera prole.
A sinistra, in quell’angolo remoto dove si scorge fra quattro mura l’umile camposanto del paesello, s’avvia un’orfana derelitta; se la segui col guardo, la vedrai buttarsi ginocchioni a piè di quell’ampia croce nel mezzo. E osserva eziandio sullo spiazzo comunale i capannelli dei vecchioni, che barattano i soliti discorsi su’ campestri raccolti, su’ capricci delle stagioni, sulle malattie del bestiame, sulle tradizioni del paesello, sui casi di qualche prosperevole famiglia.
E le vecchie, al solito, e le beghine sole o a due escono ultime di chiesa, o ultime vi si recano alla perdonanza: esse pure, affrettandosi, sull’imbrunire, a casa, dicono le loro inutilità, i loro pettegolezzi, le pitocche o maligne lor ciarle.
Tuttavia, quasi dovunque, simili quadri che con poca varietà si veggono in tutti i paeselli rusticani, le borgate e i villaggi, sollevano l’animo a ineffabile conforto e diletto: — e bello è vedervi quiete concordia e affetti — queste sacre fonti della umana felicità — regnare a giusto compenso delle ricchezze, del lusso, de’ romori e di mille altre fastose e bugiarde manifestazioni della vita cittadina:
Amore e bellezza di cielo;
Amore e bellezza di natura;
Amore e felicità nelle famiglie:
Così alla montagna!
Discendendo a lenti passi da quell’altura, la mente, raccolta di nuovo in sè stessa, ritornò al fato d’Enrico e alle penose impressioni di quella perdita; e la mia compagna avendone qui rinfrescato il discorso e chiesto i casi della sua famiglia, io così brevemente glieli riassumeva.