Riccio (monologo)
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XII
RICCIO
MONOLOGO
Io mi sveglio ogni mattino,
scenda il verno o nasca april,
sotto questo biancospino,
dove ascoso è il mio covil.
5Vanno acuti i miei pungigli
crepitando intorno a me,
e in custodia a tai famigli
son sicuro al par d’un re.
Come i zingani non giro;
10star soletto è mio piacer,
e soletto il muschio spiro
nelle nari al passegger.
L’uccellin, com’io, romito
vieti a far la sua canzon
15sul comignolo fiorito
della verde mia magion.
Non invidio dal mio nido
l’Escu riale od il Kremlin,
parmi albergo assai piú fido
20il mio dolce biancospin.
E ringrazio la natura,
perché riccio mi formò.
Qui son nato, e nell’oscura
mia casipola miorrò.
25Dice il mondo che chi dorme
nella polve è vivo ancor,
che ogni cosa in mille forme
si tramuta e mai non rauor.
Una veste assai piú bella
30dunque anch’io potrei trovar;
potrei farmi eterea stella,
fiore al campo o perla al mar.
Delle ninfe erranti in ballo
sotto il gorgo cilestrin,
35fresco ramo di corallo,
potrei splendere sul crin.
D’òr le briglie e il morso d’oro,
potrei farmi un bel destrier,
con in groppa Otello il moro,
40o Baiardo il cavalier.
Grigio falco, il cielo aperto
potrei correre un bel di,
o re biondo del deserto
sciór le bende a qualche Ali.
45E, assai meglio, io potrei farmi
aura, palpito, sospir,
luce, amor, rugiada e carmi
per dar vita e non morir.
Ma, al mattin rosato e blando,
50s’io di qua saluto il ciel,
che mi giova andar sognando
altri giorni ed altro vel?
Spargo effluvi al sol che tepe,
la mia parte ho anch’io quaggiú,
55e i pungigli e la mia siepe
chiedo al cielo e non di piú.