Quanto Anfitrite gira

Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Canzoni Letteratura Quanto Anfitrite gira Intestazione 25 aprile 2023 75% Da definire

Non perchè umile in solitario lido Muse, che palme ed immortali allori
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


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XIII


Quanto Anfitrite gira
     Sul carro ondisonante.
     Quanto quaggiù rimira
     L’occhio del Cielo errante;
     Mentr’ei va fiammeggiante
     L'orrida notte saettando intorno;
     Non ha regno sì vile,
     Che di cosa gentile
     Alla sentenza altrui non sembri adorno;
     Ma per pregio sublime
     Aman le glorie prime.
Alma messe d’odori,
     Avorj preziosi,
     Oriental colori
     Fan gli Arabi famosi,
     Gl’Indi novelli ascosi,
     Già da Nettun caliginoso ed otro,
     I cui campi profondi,
     Con zefiri fecondi.
     Solcò primiero il Savonese aratro,
     Hanno d'oro i lor fonti,
     E d’oro hanno i lor monti.
Ben al pensiero alato
     Andrian le note appresso
     Ma non senza peccato
     È lungo dir concesso;
     Ma qui dal bel Permesso
     Mandan le Muse violate il crine?
     Perchè sul vario canto
     Tessa d’Italia il vanto;
     La qual se d'ogni onor varca il confine,
     È sol, che i frutti suoi
     Sono immortali Eroi.
Non ha Castalia nostra
     Oggi Muse sì mute,
     Che senza biasmo in giostri
     Escon oro e virtute:
     Or tu saette acute,
     Anima, chiedi al biondo arcier di Delo:
     E s’ei le dà pungenti,
     Sian segno i lumi ardenti.
     Onde s’instella di Toscana il Ciclo,
     Gli altri Italici egregi
     Avran poscia lor fregi.
Qual dall’eccelsa fera,
     Che i Frigj boschi ordiro,

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     In memorabil schiera
     Già mille Duci uscirò:
     Cotal Arno rimiro
     De' gran Medici tuoi numero invitto;
     Ma mia cetra e mia mente
     Argo non è possente
     A far con tanti Eroi sommo tragitto.
     Io con Giovanni solo
     Farò de' remi un volo.
Umile di lui speme
     Fiero Aquilon disperga,
     E già tra l’onde estreme
     L'involva e la sommerga:
     Alla co’ Regi alberga
     Virlute, che del ciel guarda le porte:
     E se fede mortale
     In questo corso è frale,
     I gemelli Ledei rendanla forte.
     E 'l nipote sovrano
     D’Eaco e d’Oceano.
Qual non colse corona
     D’eterna altera gloria
     La destra onde risuona
     Più fresca ognor memoria?
     Lume d’ogni altra istoria
     Al sol d’Achille disparisce e cedo.
     E cesse armata in guerra
     Già la Meonia terra.
     Là ’ve ci condisse procelloso il piede,
     E delle turbe oppresse
     Fe' sanguinosa messe.
Vaga Vergine orrenda,
     Sul Xanto allor sen venno,
     Ivi vibrò tremenda
     Termodontea bipenne;
     Ma poco al fin sostenne,
     Benchè si forte la Tessalic’asta,
     Che trafitta il bel seno,
     In sull'ampio terreno
     La guancia impresse scolorita e guasta
     E gio per Paria ombrosa
     L'anima disdegnosa.
Posso l’acerbo ed aspro
     Fato narrar il Cigno,
     Ma petto di diaspro,
     La lingua di macigno
     Chiede il cauto sanguigno
     Dell’iraconda insuperabil destra
     Steso Troilo, stese
     Ettore, e lo scoscese,
     Quasi infocalo tuon, pianta sllvestra:
     Stese Mennone ancora
     Lagrime dell’Aurora.
Or su, non solo infonde
     Apollo arte di cetra,
     Ma d’Aganippe all'onde
     Presagio anco s’impetra.
     Lo stral di mia faretra
     Trarrò, che solo in verità s'acqueti.
     Qual per cotanti illustri
     Tra gli Escidi illustri
     È il figlio altier della cerulea Teti.
     Tal fia quinci a mille anni.
     Tra i Medici Giovanni.

Note

  1. Giovanni, figlio naturale del granduce Cosimo I, fu molto adoperato in pace e in guerra dal fratello Ferdinando I e dal nipote Cosimo II. Militò con gloria sotto A. Farnese nelle Fiandre; fu Generale della Repubblica di Venezia. Dovette la sua grande reputazione a’ suoi talenti per a fortificazione e per l’artiglieria; nella quali arti di guerra in quel secolo avevano gli Italiani in preferenza su tutti. Morì nel 1621.