Quando il dormente si sveglierà/III. Il risveglio
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Traduzione dall'inglese di Anonimo (1907)
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Capitolo III.
Il risveglio.
Ma Warming s’ingannava: Graham si svegliò.
Che cosa veramente complessa è mai quell’unità che par così semplice; il nostro essere! Chi potrebbe un giorno dopo l’altro, ogni mattina, scuoprire il segreto della sua reintegrazione al nostro destarsi: questo continuo avvicendarsi di cose, questo insieme di fattori innumerevoli che si intrecciano, che si conciliano gli uni cogli altri? Chi potrebbe sorprendere i primi movimenti confusi dell’anima nostra, l’incremento e la sintesi dall’incosciente al sub-cosciente, dal sub-cosciente a’ primi bagliori del cosciente, fino a che infine ci riconosciamo noi stessi? E ciò che è per noi dopo aver dormito una notte, fu per Graham al termine del suo lungo sonno. Gli parve che un insieme equivoco di sensazioni lo avvolgessero come una nebbia, che una tristezza indefinita e cupa si fosse impossessata dell’anima sua.... e sentì vagamente di trovarsi in qualche posto, disteso, debole, ma in vita.
Sembrava che il pellegrinaggio verso il suo essere personale attraversasse vasti abissi, occupasse epoche intere: sogni giganteschi, terribili, che un tempo
erano stati realtà gli lasciavano ricordi indefiniti e dolorosi: intravedeva strani paesaggi come se fosse in un altro pianeta. Provava pure l’impressione distinta di una conversazione importante, ’ di un nome, — senza poter dire qual fosse questo nome che doveva ricordare in seguito, — e di qualche sensazione dimenticata per tanto tempo, insolita e barocca; sensàzione che covava in tutte le sue membra, nelle sue vene e n«suoi muscoli; di un grande sforzo senza speranza.... Io sforzo di un uomo pronto a scomparire fra le tenebre. Poi, un panorama di scene abbaglianti confuse le une colle altre....
Graham si rese conto che i suoi occhi erano aperti e che i suoi sguardi percepivano un oggetto che non era loro familiare.
Era qualche cosa di bianco, il limite di qualche cosa, una cornice di legno.... Leggermente agitò la testa per seguire il contorno di quella forma che si stendeva più lontana, più di quello che sopportava la sua vista.... cercò d’indovinare il luogo nel quale si trovava.... Ma del resto che cosa gl’importava? Si sentiva così affranto ! Se i suoi pensieri avessero potuto assumere un colore, sarebbero stati del nero più cupo...; provava quella specie di storditezza indefinita di una persona che si sveglia appena spunta l’aurora: e vagamente — molto vagamente — udì un rumore soffocato di passi che, leggieri, si allontanavano in fretta. Il movimento che tentò di fare per volgere la testa gli provò che era in uno stato di estrema debolezza fisica: pensò di essersi ammalato nell’albergo della piccola spiaggia, ma non aveva nessun ricordo di quella striscia bianca.... Doveva aver dormito. Infatti si ricordava di aver voluto dormire. Si ricordava anche della roccia e lo scorrere delle onde nei circuiti disuguali.... poi si ricordò, confusamente, di una conversazione avuta con un viandante....
Quanto tempo aveva dormito? Che cos’era quel rumore?
Quello scalpicciare ammortito? quel rumore che cresceva e diminuiva simile al mormorio dèl mare sugli scogli della spiaggia? Stese la sua debole mano per prender l’orologio di sulla sedia dove era solito metterlo, e urtò in una superficie liscia e resistente come il vetro; a tal contatto così inatteso provò un colpo tremendo. Si rivoltò improvvisamente, sbarrò gli occhi e fece uno sforzo per mettersi a sedere, ma un tal movimento fu più difficile di quello che non credesse e ne restò stordito, estenuato, stupefatto.
Si stropicciò gli occhi: il mistero da cui era circondato era molto confuso, ma il suo spirito conservava tutta la sua lucidità; evidentemente il sonno gli era stato salutare. Non si trovava proprio in un letto, nel vero senso della parola, ma si vide, seminudo, adagiato sopra una materassa soffice e morbida, in una capanna di vetro appena trasparente. Osservò, eoa una strana sensazione d’incertezza, che la materassa era in parte trasparente e che sopra ad essa era posto uno specchio che lo rifletteva indistintamente.
Attorno al braccio, — e non senza un’improvvisa angoscia, notò che la sua pelle era stranamente arida e ingiallita, — stava uno strano apparecchio, fatto con una specie di guttaperca e talmente aderente alla pelle tanto sopra che sotto, da confonderla coll’epidermide stessa. Una capanna di vetro di un colore verdastro, così almeno gh parve, ricuopriva questo letto singolare su cui egli riposava, e ì suoi occhi si fermarono sulla bianca armatura che sosteneva la vetrata. In un angolo di quella casa di vetro, si ergeva una mensola fornita di lucidi strumenti e delicatamente costruiti, di cui egli non comprèndeva a qual uso fossero destìnati per quanto gli fosse poi possibile di riconoscere fra quelli un termometro a minima....
La tenue tinta verdastra di quella sostanza simile al vetro che Io circondava da ogni parte, oscurava ciò che si trovava al di là, ma nonostante potè distinguere un vasto appartamento di maravigliosa apparenza con in faccia una specie d’arco, di un passaggio immenso a guisa di vòlta, semplice però e bianco.
Contro questa capanna di vetro, erano appoggiati dei mobili: una tavola ricoperta con un tappeto color argento, che luccicava come il corpo scaglioso di un pesce; due sedie di forma graziosa, e, sulla tavola, un gran numero di piatti con diverse pietanze accatastate le une sulle altre, una bottiglia e due bicchieri.
Fu assalito da un appetito indescrivibile.
In mezzo a tutto ciò egli non distingueva nessun essere umano e, dopo aver esitato un momento, agitò i piedi e le mani per togliersi da quel materasso trasparente,e tentò di rizzarsi in piedi sul suolo pulito e bianco, ma aveva calcolato male le sue forze, poiché venne meno, traballò e dovette appoggiarsi alla parete di vetro per riprendere l’equilibrio. Per un momento, la fragile parete, pur piegandosi come se fosse stata di gomma, resistette alla pressione della sua mano, poi si spezzò con una leggera detonazione, con un colpo simile ad una bolla che scoppia. Il dormente, completamente stordito, saltò fuori, nel gran salone che aveva intraveduto e per non stramazzare a terra si attaccò alla tavola facendo cadere uno dei bicchieri che rimbombò senza spezzarsi: finalmente riuscì a sedersi su una poltrona.
Quando si fu un po’ rimesso, prese la bottiglia, riempì il secondo bicchiere e bevve: non era acqua però, sibbene un liquido incolore dal profumo leggero e da un grato sapore che lo ristorò immediatamente: quindi posò il bicchiere e si guardò intorno.
L’appartamento non perdeva affatto nè in dimensione nè in magnificenza per non esser più veduto a traverso la trasparenza verdastra della parete. La volta che egli aveva notata, conduceva a uno scalone che menava, senza esser chiuso da nessuna porta, ad un immenso corridoio trasversale. Tal passaggio era fiancheggiato da terse colonne formate di una sostanza azzurro-cupa, venate di bianco, da cui saliva il tumulto di un’agitazione umana; un rumore di voci confuse, mormorio continuo ed uniforme.
Ora che si sentiva proprio sveglio, rimaneva seduto, in ascolto, dimenticando le vivande che gli stavano davanti.
Ma tutto ad un tratto si ricordò di esser semi-nudo, e cercando qualche cosa per coprirsi, scorse una gran veste nera gettata sopra una sedia; se l’aggiustò attorno al corpo, e tornò a sedersi tutto tremante.
Sempre più sentiva una gran confusione nella sua mente: era evidente che aveva dormito, e durante il suo sonno l’avevano trasportato.... Ma dove?.... E chi era quella gente, quella folla lontana dietro quelle colonne di un azzurro cupo? Boscastle?
Di nuovo si versò un bicchiere del liquido incolore e ne bevve alcuni sorsi.
Qual era quel luogo che i suoi sensi percepivano come una decorazione animata, a traverso un fremito sottile? Attorno a sè egli esaminava quella bella e semplice armonia del salone non guastata da nessun ornamento, e vide che in un certo punto il soffitto presentava un’apertura circolare da cui la luce entrava a gran fasci e mentre che egli stava guardando, una specie d’ombra ondeggiava regolarmente, passando e nascondendo l’apertura, per scomparire e riapparir di nuovo facendo ogni volta un rumore che si confondeva col sordo tumulto dell’atmosfera.
Avrebbe voluto chiamare, ma dalla sua gola non uscì che un debole suono: allora si alzò e col passo incerto dell’ubriaco si diresse verso il corridoio arcuato: discese, titubante, gli scalini, inciampando nei lembi della veste nera, nella quale era avvolto; poi dovette aggrapparsi ad una delle colonne azzurre, per non cadere.
Il corridoio si allungava, offrendo una deliziosa prospettiva di azzurro e di rosso, terminando in lontananza con uno spazio chiuso da una specie di balcone splendidamente illuminato, una balaustra che si proiettava in una estensione nebbiosa che aveva l’aria di essere l’interno di qualche costruzione gigantesca. In lontananza si ergevano vaste costruzioni architettoniche. Ora il suono delle voci si innalzava alto e chiaro, e sul balcone, volgendo le spalle a Graham, stavano tre personaggi dai ricchi abiti ampli e ondeggianti, di una tinta cangiante, che, gesticolando fra loro, parevano assorti in una conversazione animata. Il frastuono di una gran moltitudine saliva potente e in quel momento parve a Graham di veder passare l’estremità di una bandiera, poi un oggetto colorato, un’acconciatura o un abito di un azzurro pallido che brillò un momento lanciato in aria al di sopra della balaustrata e poi ricadde. Gli parve anche di distinguere in mezzo a quel mormorio una parola che fu ripetuta più volte.... «Si sveglierà». Udì un grido acuto, indistinto, e tutto ad un tratto, i tre individui si misero a ridere.
— Ah! Ah! Ah! — sogghignava uno di essi, un uomo dai capelli rossi, dal corto vestito color porpora....— Quando chi dorme si sveglierà?... Quando?
E, con aria beffarda, guardò dalla parte della galleria mentre la sua faccia e tutto il suo corpo dalla testa ai piedi, subì un improvviso cambiamento e le sue membra diventarono irrigidite....
A tale esclamazione gli altri due compagni si voltarono vivamente e rimasero immobili. Quelle tre facce presero allora un’espressione di costernazione che gradatamente si trasformò in un grande spavento....
Ad un tratto Graham sentì piegarsi le ginocchia: il suo braccio che teneva la colonna ricadde a poco a poco.... Volle camminare, traballò, e cadde colla faccia contro terra.